Donne, sempre più senza lavoro

Uno dei temi più dibattuti di questo periodo è la crescita. Ci si chiede come poter riaccendere i motori per incrementare la crescita economica ed evitare un impoverimento generalizzato degli italiani. Il Cnel (Consiglio nazionale di economia e lavoro) ha dedicato una giornata di studio e confronto su “Il lavoro delle donne in Italia”.Suona evidente come una delle questioni più urgenti è proprio quella della partecipazione al lavoro delle donne. È sufficiente mostrare le statistiche sul mercato del lavoro. Balzano agli occhi immediatamente due aspetti. Il primo riguarda il mercato del lavoro, dove si rileva da una parte il basso tasso di occupate in Italia: nel 2010 lavorava solamente il 46,1% delle donne (in Europa solo a Malta il tasso è minore), dall’altra parte un maggiore tasso di disoccupazione femminile 9,7% rispetto a quello maschile (nel resto d’Europa avviene il contrario).Il secondo aspetto a cui le statistiche rimandano è l’assenza di mercato del lavoro. Infatti in Italia il tasso di inattività (quello di persone che pur essendo in età lavorativa non cercano un’occupazione) tra le donne arriva al 48,9% contro il 35,5% del resto del continente.Sembra semplice essere d’accordo con gli economisti: facilitando la presenza femminile nel mercato del lavoro si potrà aumentare sia il tasso di occupazione femminile sia incentivare la crescita economica, quella calcolata con il famigerato Pil.La soluzione non sembra però così lineare, perché la questione da dirimere è la conciliazione famiglia lavoro. Lo hanno mostrato soprattutto due esperti durante la giornata di studio. Linda Laura Sabbadini, dell’Istat, innanzitutto, quando ha evidenziato la difficoltà delle donne di affrontare la vita lavorativa, essendo anche le principali “care giver” familiari. La demografa ha dimostrato infatti come a causa degli andamenti della popolazione. Il carico dei compiti familiari per le donne è sempre più impegnativo. Infatti a differenza delle loro nonne, che non avevano più genitori anziani da accudire e avendo figlie o nuore in massima parte casalinghe non erano nemmeno fortemente impegnate nell’educazione dei nipoti, l’attuale generazione nonne “ha generalmente uno dei due figli in casa, una madre 80enne nel 50% dei casi e un padre 83enne nel 17%, presta aiuto per la cura dei nipoti e all’età di circa 55 anni è ancora occupata nel 23% dei casi”.Poi Marco Centra, descrivendo una ricerca dell’Isfol, ha mostrato come molto spesso ci sarebbe disponibilità a lavorare tra le donne, ma non c’è un’offerta all’altezza. Non si tratta di rispondere a chissà quali attese. Il problema è molto semplice: “Per le donne che potenzialmente potrebbero entrare nel mercato del lavoro, specie per le meno istruite, il reddito atteso è inferiore o poco superiore ai costi di sostituzione del lavoro domestico”. Insomma, se vado a lavorare per mille euro al mese e baby sitter, mensa e pulmino scolastici, colf per le pulizie casalinghe costano 800, il gioco non vale la candela.Insomma risolvere il tema della conciliazione diventa di capitale importanza se si vorrà risolvere la questione della partecipazione femminile al lavoro remunerato.Per questo, come ha evidenziato Sabbadini, sicuramente servono dei servizi di cura più attenti alla famiglia, ma altrettanto importante sarà la capacità di ridistribuire il carico dei compiti familiari tra i generi all’interno della coppia.

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