Depuratore, «le analisi erano a posto»

L’Autorità d’ambito sorpresa dopo il sequestro

«Le analisi che venivano presentate riguardo al funzionamento del depuratore di Lodi sono sempre risultate conformi»: c’è stupore, all'indomani del sequestro dell’impianto di trattamento fognario del Costino gestito da Sal, negli uffici dell’azienda speciale Ufficio d’ambito di Lodi, l'organismo di proprietà della Provincia di Lodi subentrato dall’1 gennaio all’Autorità d’ambito di Lodi, che era invece un consorzio di Provincia e comuni. Il compito di chi gestisce l’ambito però è restato sempre quello: dettare le regole, per un territorio che corrisponde a quello provinciale, sul funzionamento del ciclo delle acque. E affidare anche la conduzione di impianti e reti, valutando anche tariffe e investimenti, una “partita” che per questi ultimi vale 360 milioni di euro dal 2009 al 2037, pur restando le tariffe lodigiane tra le più basse d’Italia.

Ovviamente l’Ufficio d’ambito è il primo organismo che attende di comprendere a fondo le motivazioni del sequestro preventivo eseguito lunedì mattina dalla Forestale, a seguito di un’ordinanza del gip che blocca l’attività collaterale di essiccazione dei fanghi e che soprattutto affida il depuratore, in custodia, al presidente della Provincia di Lodi, con il mandato di fare il possibile per migliorarne l’efficienza.

Attualmente, dopo il potenziamento da 1,5 milioni di euro attuato da Astem nel 2005, il depuratore di Lodi è dimensionato per 45mila abitanti equivalenti. Ne serve però 49mila: «Questo è uno dei motivi per cui la Commissione europea ha posto Lodi in pre-contenzioso, perché si vuole comprendere come faccia a essere efficiente per un carico maggiore rispetto a quello di progetto - spiega la direttrice dell'Ufficio d’ambito Diomira Cretti -. In realtà i dati a disposizione di chi gestisce l’ambito territoriale dicono che le tabelle di legge sul contenuto di inquinanti dell’acqua che esce dall'impianto sono state rispettate. Inoltre, è previsto un ulteriore investimento di 4,2 milioni di euro per portare la capacità di trattamento a 60mila abitanti equivalenti». Perché la città di Lodi, questo il secondo motivo per cui la situazione è sotto il monitoraggio della Commissione europea, non è completamente collegata alla fognatura: proprio per l'urgenza di evitare la messa in mora e quindi sanzioni comunitarie, governo e Regione Lombardia hanno stanziato contributi per finanziare opere straordinarie, con una compartecipazione del 30 per cento dei costi, che per il resto rimangono a carico degli ambiti, gravando cioè sulla tassa di depurazione. Con questi fondi, in città si è già realizzato un primo lotto del nuovo collettamento fognario, per due milioni di euro, e in dicembre è stato approvato il progetto preliminare da altri 3,8 milioni, per il secondo lotto di estensione delle reti, fino alla strada provinciale 23, a viale Milano e in altri quartieri. E questo comporterà un maggior carico del depuratore, e quindi il previsto ampliamento, per il quale però non sono previsti contributi straordinari.

«Dopo il passaggio di gestione da Astem a Sal risultano inoltre investiti circa 350mila euro per piccoli interventi, nell’arco di due anni - prosegue Cretti - l'impressione è che non si tratti di un impianto “dimenticato”». Eppure le analisi Arpa commissionate da Procura e forestale hanno indicato superamenti, 43mila Ufc contro un limite di 5mila, della presenza di coliformi, e di un 25 per cento in più per il fosforo. «Mi risulta però che nell’inchiesta si parli di escherichia coli, un parametro che nelle tabelle di legge non c’è. Inoltre il valore dei coliformi non è un limite in sé, ma un parametro per il quale il superamento va valutato assieme ad altri indicatori - riflette la direttrice -. Il depuratore, inoltre, è un sistema che dipende da qualità e quantità dei materiali in ingresso, dalla temperatura. Non a caso quando si fanno i prelievi per le analisi si annotano anche le condizioni meteo. Basta, tra l’altro, uno sversamento di benzina in fogna perché il funzionamento si alteri, temporaneamente».

Da chiarire, quindi, se i due valori fuori limite finora rivelati dagli inquirenti siano gli unici o se invece il malfunzionamento del depuratore fosse sistematico. Secondo alcuni testimoni, almeno il ciclo finale del trattamento era insufficiente per i volumi d’acqua in transito. «Le analisi che vengono fornite agli enti di controllo da chi gestisce un depuratore vengono fatte in autotutela e anche per conto di Arpa, con cadenza periodica».

Per ora il presidente di Sal Antonio Redondi e il direttore Carlo Locatelli, indagati, non rilasciano dichiarazioni ufficiali, così come l’avvocato Massimo Pellicciotta, uno dei difensori già nominati, attende di studiare gli atti, prima di pensare di proporre un’eventuale istanza di dissequestro.

Carlo Catena

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