Dal dolore alla speranza il passo è lungo

Tornare alla normalità è il pensiero dominante che segue il dolore e le lacrime della popolazione colpita dal tremendo terremoto. Si invoca normalità anche per l’apertura del nuovo anno scolastico che è poi ciò che assicura il Ministro Stefania Giannini. In una recente intervista, infatti, il Ministro oltre ad annunciare adeguate risorse economiche messe a disposizione dal Ministereo dell’Istruzione, informa di aver disposto l’attivazione presso il MIUR di una apposita Task Force per seguire da vicino e con particolare attenzione l’evolversi della situazione e assicurare tutto il necessario aiuto per un normale avvio di anno scolastico, anche se è difficile parlare di normalità nei comuni come Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto, e le tante frazioni colpite dal sisma. Paesi dove la ripresa si presenta difficoltosa, ma non impossibile; dove la paura accompagna i tanti volontari accorsi da ogni parte; dove i sogni di bambini, giovani e adulti devono fare i conti con la dura realtà che ha provveduto a fiaccarne lo spirito, a distruggerli dentro assieme alle loro case. Sentite cosa scrive Alessandro D’Avenia, insegnante e scrittore, nel suo libro capolavoro “Bianca come il latte, rossa come il sangue”: «Quella dei sogni è una balla colossale. Lo sapevo. L’ho sempre saputo. Perché poi arriva il dolore e niente ha più senso. Perché tu costruisci, costruisci, costruisci e poi all’improvviso qualcuno o qualcosa spazza via tutto. Allora a che serve?». Già. E’ una domanda provocatoria. A che serve sognare? A che serve costruire giorno dopo giorno il cammino della tua vita, a che serve fare progetti quando poi l’imprevisto, violento e inatteso, in un attimo ti piega, ti strozza, ti toglie tutto; i tuoi cari, i tuoi affetti, la voglia di vivere, la voglia di rialzarti e continuare o, peggio ancora, ti annulla e ti cancella per sempre. E’ vero. La vita, a volte, riserva delle sorprese tristi e dolorose e in men che non si dica tutto finisce senza darti tregua, senza lasciarti uno spiraglio, senza una via d’uscita. Eppure questo non deve togliere la voglia di sognare, la voglia di continuare a sperare. Per tanti ragazzi, ma anche per tanti adulti, sognare, almeno per una volta, alimenta la speranza di superare la tristezza, di affrontare la sofferenza che porta alla stanchezza, quella stanchezza che porta a dire “Basta! Non ne posso più”. Si dice che talvolta la sofferenza rafforza lo spirito, rende migliori. Io non so se questo è vero, so però che tristezza e sofferenza sono ora compagne di vita di tanti bambini di questi paesi colpiti dal sisma, di tanti adulti privati dei loro cari, di tanto disastro che i mass-media con le loro immagini hanno portato in ogni casa e hanno colpito e commosso tutti. Negli ultimi tempi l’umanità sembra non avere più tregua. Persino la natura fa sentire il suo ruggito. Lenire il dolore è molto difficile, ma superare certi momenti, questo è possibile. E allora che ben venga la Task Force annunciata dal Ministro Giannini per superare la fase critica e distruttiva e offrire ai ragazzi la voglia di continuare a sognare il proprio futuro, a costruire il proprio cammino, a ritrovare tra i compagni la voglia di sorridere, di pensare oltre l’esistenza delle rovine che lambiscono i cigli delle strade, di ritrovare nelle attenzioni e nelle sensibilità degli insegnanti quel giusto riconoscimento dei forti disagi sociali e relazionali che da particolari e dure esperienze scaturiscono. Una dimensione ampia e complessa attende gli insegnanti che apriranno l’anno scolastico nei paesi colpiti dal sisma dove l’ascolto, più della parola, dovrà trovare rilievo e importanza didattica e pedagogica. In questi paesi, più che altrove, gli insegnanti saranno probabilmente caricati di compiti difficili che superano il confine professionale; saranno probabilmente chiamati ad andare oltre i semplici contenuti culturali per addentrarsi nella gestione del dato emotivo; dovranno restituire a bambini e adolescenti quel particolare attaccamento alla scuola dove l’analisi delle esperienze relazionali, anche se tristi e sofferte, deve trovare più spazio delle preoccupazioni dello svolgimento del programma. Non va dimenticato che molte tra le vittime sono bambini, sono compagni di scuola se non compagni di banco dei sopravissuti, sono bambini che non hanno più genitori o che hanno perso uno dei due genitori. Tutto questo impone la capacità da parte dell’insegnante di gestire correttamente la vita emotiva degli allievi. E’ appena il caso di ricordare che se la felicità corre con la vita che scorre, la sofferenza, il dolore possono trasformarsi a guisa di un chiodo fisso nel pensiero a tal punto da condizionare la crescita e la maturità della persona. Se dunque come dice il premier, «questo è il momento delle lacrime e del dolore», bisogna quanto prima pensare al dopo, un dopo che porta alla ricostruzione di una cittadina per poi passare al recupero delle tradizioni, delle consuetudini, dei valori che fanno dei piccoli centri la fucina di amabili relazioni. Ma bisogna anche aiutare i ragazzi a rialzarsi e a riprendere il cammino da dove si é interrotto, bisogna che gli adulti facciano la loro parte per segnare la traccia di un nuovo sentiero che restituisca fiducia e speranza nel futuro perché come dice Victor Hugo, scrittore francese dell’ottocento, «la speranza è la parola che Dio ha scritto sulla fronte di ogni uomo». Dunque a parlare deve essere il nostro viso, la nostra fronte, la nostra empatia che sarà colta dai ragazzi come occasione di rivalsa verso una natura che ha tradito la fiducia e questo perché la speranza della rinascita di un paese passa necessariamente dalla rinascita dello spirito, dalla rinascita della voglia di ricominciare. Sappiamo che la voglia di ricominciare spesso viene trasmessa da chi ti sta vicino, ecco perché i ragazzi dovranno avere a fianco docenti positivi, con la voglia di riprendere con loro un cammino violentemente interrotto, ma non compromesso, con la voglia di incoraggiare, di ascoltare i desideri dei propri allievi, dimostrando una professionalità versatile, elastica, pronta a farsi interprete in un contesto diverso. Jean Paul Sartre, filosofo francese, così sintetizza: «être en soi, et l’être pour autrui» ovvero «essere in sé e essere per gli altri».

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