CRONACA Clochard morto bruciato a Codogno, per i pm è stato un incidente

La vittima non è stata ancora formalmente identificata

Per la procura della Repubblica di Lodi al momento non c’è alcuna ipotesi di reato dietro la morte del senzatetto ritrovato carbonizzato nel tardo pomeriggio di sabato 20 novembre dopo l’incendio di un vecchio capanno per gli attrezzi lungo viale Manzoni a Codogni, nel tratto fra il cimitero e il santuario di Caravaggio che un tempo ospitava un vivaio di fiori. La prima comunicazione arrivata dal medico legale esclude segni di violenza e, anche se per chiudere il caso si attende il responso autoptico finale, per quel poco che si è potuto fare sui resti, viene ritenuta molto attendibile la deposizione di un conoscente della vittima.

Un altro senzatetto, romeno, di 45 anni, che ha raccontato a lungo ai carabinieri quello che sapeva della vita del suo amico: che avrebbe 66 anni e che già tre anni fa in quel di Piacenza si sarebbe salvato per miracolo dall’incendio di un altro rifugio di fortuna, perché aveva l’abitudine di scaldarsi riempiendo di alcol contenitori metallici. L?episodio9 sarebbe quello dell’11 dicembre 2018 alla Farnesiana. Il supertestimone avrebbe anche raccontato di essere stato lui, attorno alle 17, a essere andato a portare all’uomo, poi morto nell’incendio, un paio di flacono di alcol denaturato. Sarebbe stato quindi l’ultimo a vederlo vivo.

Per l’identificazione formale però manca agli inquirenti il riscontro del Dna prelevato dalla parte non carbonizzata della salma, la zona delle spalle e del viso. Secondo gli investigatori si potrebbe trattare di un uomo che aveva tra i 60 e i 62 anni, era anche lui originario della Romania e dato che l'ipotesi di nome concide con quello di una persona che era stata in carcere, si cercherà di lavorare sul dna che da alcuni anni viene preso ai detenuti e su quello repertato durante gli esami sul corpo a Pavia. I resti rimangono in una cella refrigerata della camera mortuaria del Dipartimento di medicina legale. Il nulla osta alla sepoltura non è stato ancora concesso per due motivi: da una parte il rischio che i campioni genetici si rivelino inidonei perché alterati dalla permanenza del corpo sotto il legname in fiamme della baracca, e che quindi i prelievi vadano ripetuti, dall’altra la mancanza dell’identificazione certa, che peraltro potrebbe consentire di cercare i parenti di quest’uomo che viveva da vagabondo. La famiglia proprietaria del vivaio ricorda di aver segnalato una volta ai vigili che c’era qualcuno che bivaccava nella struttura dismessa. Ma poi, dato che gli intrusi accedevano dalla campagna, e l’area era abbandonata e infestata dalle nutrie, nessuno ci aveva più fatto caso. Il sindaco Francesco Passerini si è già detto disponibile ai funerali a carico del Comune.

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