Ai tanti termini di fresco conio utilizzati per caratterizzare e descrivere la dilagante crisi in essere, se n’è aggiunto un altro, ora ricorrente, quasi ossessivo, riportato nel titolo! Tutti ne parlano come condizione ineludibile per sottrarsi alla tenaglia del famigerato “spread”, per puntare al risanamento del debito, per riacquistare attendibilità presso gli “investitori”e le agenzie di “rating” (che non sono depositarie di verità evangeliche), per salvare, insomma, il dantesco vascello dal probabile naufragio a causa dell’insipiente imperizia dei “nocchieri”, alternatisi al timone, coadiuvati da un’orda di “bucanieri” con le mani perennemente in cambusa.Riproponendo le medesime fibrillazioni della manovra imposta dalla BCE, appaiono però, con chiara evidenza, confusi i provvedimenti da parte opposta invocati per avviarla, anche se tutti, maggioranza e minoranza, rivendicano la detenzione di ricette risolutive al momento riassumibili, da un lato nei colpi di roncola al già fortemente eroso potere d’acquisto di chi dispone di un reddito fisso, dall’altra ai monotoni e sterili inviti alle dimissioni del governo.Non facciamo parte della folta schiera degli esperti che pontificano dalla vetta della loro competenza non raramente millantata, ma vogliamo lo stesso esprimere un’opinione in merito, per quel che può valere.A nostro modo di intendere risanamento dei conti e crescita sono intimamente correlati ed entrambi devono essere perseguiti attraverso una policromia di interventi per liberare risorse. Può certamente servire una rimodulazione fiscale che riduca la pressione impositiva sull’impresa. Può giovare l’auspicata e mai completamente realizzata liberalizzazione. Può arrecare benefici un’oculata privatizzazione di determinati servizi e la vendita di beni statali, sia pure vincolata a specifiche realizzazioni non speculative. Può sicuramente produrre effetti sensibilmente favorevoli l’innalzamento del livello di lotta all’evasione e alle attività malavitose. Può, fuor da qualsiasi dubbio, dare ossigeno al bilancio statale un pacchetto di misure mirato ad invertire di un angolo piatto la propensione alle cialtronerie ancora, dolentemente, in voga (la metafora fa riferimento al valore assunto dalla funzione trigonometrica denominata “tangente”, che, a 180 gradi, si azzera).L’insieme di tali mutamenti strutturali può produrre risultati convergenti verso l’agognato, duplice obiettivo. Ciò che ci sembra, tuttavia, essenziale, imprescindibile, obbligatorio, è il rilancio delle attività produttive.Essere competitivi, produrre qualità, esibire esperienza, conoscenza, affidabilità, essere, soprattutto, innovativi, conduce dritto alla creazione di nuovi posti di lavoro ed avvia quel processo virtuoso di ricadute benefiche, riassumibili nella citata parolina magica ora sulla bocca di governanti, oppositori, rappresentanti di categoria, industriali, banchieri e sindacalisti: crescita.Per accenderne il motore occorrono idee che, ad un’analisi solo apparentemente riduttiva, appartengono a due tipologie: quella delle vecchie e quella delle nuove.Le vecchie idee non hanno molte possibilità di produrre risultati proprio per la loro vischiosa canizie.“Cantierizzare” una sopraelevata in un grande centro urbano, ad esempio, può tradursi in qualche milione di ore lavorative, ma con effetti transitori. Terminatane la costruzione, avremo probabilmente snellito il traffico in quel distretto cittadino, ma le auto che la percorrono continueranno a saturare l’aria di anidride carbonica, benzene e micropolveri, con un risultato economico globale, negativo.Se sopra quel nastro di asfalto, realizzato, magari, con dispositivi di recupero dell’energia di rotolamento e con moderni materiali per ridurre gli effetti erosivi dell’attrito, cominciassero a transitare, invece, automobili e mezzi di trasporto urbano alimentati elettricamente, il saldo economico virerebbe decisamente al positivo. Non ci appare, infatti, discutibile la convinzione che un futuro teso all’introduzione delle sopraccennate novità, sulle quali la ricerca (se ne fa tantissima... oltr’Alpe) ha da tempo superato la fase “istruttoria”, genererebbe un indotto, variegato ed originale, ridurrebbe la spesa sanitaria in virtù della diminuita incidenza di malattie dell’apparato respiratorio, contribuirebbe ad allontanare l’oscura prospettiva del riscaldamento globale e, tra i tanti altri vantaggi qui per brevità omessi, sottrarrebbe al sindaco la preoccupazione di porre in atto controverse misure per contenere lo smog.Pur con le ali tarpate dalla scarsità cronica di finanziamenti, alcuni brillanti ricercatori (con paghe da sguatteri) del Politecnico di Torino hanno, qualche anno fa, messo a punto uno scooter, alimentato da pile elettrolitiche, di accettabile autonomia, di alto rendimento energetico, di costi di gestione e manutenzione largamente concorrenziali, che abbiamo personalmente visto circolare silenziosamente per le vie del capoluogo piemontese.I soliti benpensanti (?) obietteranno che per ricaricare le batterie bisogna comunque disporre di chilowatt ottenuti bruciando carbone e gasolio e coglieranno l’occasione per lamentare la mancata approvazione del nucleare.A costoro, ignorando i supponenti sorrisi di compatimento, si può replicare che sono già mature tecnologie alternative, per l’elettrogenerazione, che il nostro territorio possiede i requisiti geografici e meteorologici per ospitarle e che gli investimenti in tale direzione hanno favorevole impatto ambientale, creano aperture imprenditoriali ed occupazionali, cospicue ed allettanti. Ecco un approccio propositivo per uscire dalla palude delle affermazioni generiche: formulare proposte concrete per il nuovo, raccordandole armonicamente con il vecchio (tra gli undici, o quattordici, progetti di riconversione per Termini Imerese, di cui parlava qualche tempo fa il ministro per lo sviluppo economico in carica, ce n’era uno che andava in tale direzione?). Ne potrebbe derivare una sinergia di lungo periodo adatta a lubrificare gli arrugginiti ingranaggi del sistema.Non c’è spazio per redigere un elenco di tutte le “chance” che la “Green Economy”, facilmente e velocemente dimenticata, potrebbe offrire al Paese in direzione del tanto auspicato sviluppo. E non v’è spazio per accennare all’altra grande ma negletta, opportunità, la Cultura, della quale ricordiamo solo la scritta su di un cartello ad una recente manifestazione di giovani: “di Cultura si mangia”!Ci pare comunque adeguato concludere con una riflessione scontata, ma pertinente.Le nuove idee (come l’eliotermico a sali fusi che il premio Nobel, Carlo Rubbia, è stato costretto ad esportare in Spagna) hanno bisogno di essere ascoltate da chi non è affetto da ipoacusia grave, congenita o acquisita, patologia piuttosto diffusa tra coloro che hanno ribaltato la “nobiltà della politica”, giusto per citare il pensiero del nostro saggio Presidente.
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