Covid, la maledizione del Lodigiano

Settimana scorsa la maggiore incidenza di nuovi casi in Lombardia ma gli esperti rassicurano: con i vaccini un autunno più tranquillo

Lodi è stata per la seconda settimana consecutiva l’unica provincia della Lombardia dove i contagi da Covid-19 non stanno scendendo, anzi sono in aumento, con un Rt che è diventato di 1,116 a domenica scorsa, nei calcoli del professor Davide Tosi dell’Università dell’Insubria, contro 1,047 di nove giorni fa. Un valore Rt sopra 1 infatti significa che ogni positivo, in questo tipo di calcolo dopo 7 giorni, ne genera più di uno. La risalita dell’indice di diffusione del contagio del Lodigiano risulta iniziata alla fine di maggio ma si sta comunque ragionando di numeri molto bassi, dove anche solo cinque casi in più possono fare la differenza, e di un raffronto tra una realtà con 226mila abitanti, la provincia meno popolosa di Lombardia, e realtà come quella della provincia di Milano, con tre milioni e 250mila abitanti, dove la medesima variazione quantitativa non avrebbe praticamente influenza sull’indice Rt.

Guardando al numero di nuove diagnosi di contagio della settimana scorsa, il Lodigiano totalizza 52 casi, che significa un nuovo caso ogni 4.346 residenti. Guardando a tale proporzione, che esprime un indice di incidenza, al primo posto tra le province con il maggior numero di contagi rispetto alla popolazione troviamo proprio Lodi, con un nuovo caso ogni 4.346 residenti, contro la seconda classificata, che è invece Cremona, con 40 casi su circa 350mila residenti, pari a un nuovo caso settimana scorsa ogni 8.750 abitanti, seguita da Mantova, con un caso in più in tutta la settimana ogni 11.852 abitanti, e Milano, con un nuovo caso ogni 11.284 abitanti. Bergamo, cui è doveroso dare un’occhiata visto che in questa nuova classifica si ritrovano le province colpite per prime e più duramente dal nuovo coronavirus nel marzo del 2020, è invece a quota un nuovo caso ogni 18.965 residenti e la provincia attualmente messa meglio è quella di Pavia a quota 1 nuovo caso settimana scorsa ogni 35.667 abitanti.

Riguardo al solo indice Rt, Milano è a quota 0,884, stabile, la Lombardia a 0,888, in risalita da metà giugno, Sondrio a 0,446,v in caduta libera, Piacenza a 0,737, in leggera risalita.

E anche i numero giornalieri dicono che la discesa dei contagi si è fermata, e non solo nel Lodigiano. A dirlo, le scorse ore, in un’ampia intervista su «Repubblica» è stato il professore di fisica dell’Università di Trento Roberto Battiston, che da mesi analizza i numeri italiani della pandemia, proprio come sta facendo il matematico lodigiano Alfio Quarteroni. «La discesa dei contagi - ha detto Battiston -, per la prima volta dopo 3 mesi, si è fermata. Per 12 settimane consecutive avevamo assistito a una discesa costante. La settimana che si è conclusa sabato, invece, ha fatto registrare una quantità di nuovi infetti sostanzialmente uguale alla settimana precedente». E così è stato anche nel Lodigiano (il 2 luglio, i contagi erano stati 4, il 30 giugno 8, dal 23 al 28 giugno sempre 6, il 17 giugno 2, il 14 zero, l’ 11 giugno 3, il 10 giugno 5, il 9 giugno, 5, l’8 giugno 3, il 7 giugno ancora zero, il 3 giugno 7, l’1 zero, il 25 maggio 2 casi. Il calo è iniziato i primi di maggio. Il 2 maggio, infatti, erano ancora 36, l’1 maggio 48, il 28 aprile 43, il 23 aprile 40).

La causa dicono gli esperti potrebbe essere la circolazione della variante delta, particolarmente contagiosa. «Più apri - commenta il professor Fabrizio Pregliasco - più c’è la possibilità di incrociare il virus. Potremmo trovarci come in Ingilterra. Per fortuna il vaccino funziona e proprio la presenza delle varianti ci dice che dobbiamo vaccinarci, perché se qualcuno contrae l’infezione, non si aggrava. Avremo un incremento dei casi in autunno, ma non con gravi conseguenze». Stessa opinione anche da parte del professor Massimo Galli. «Con questa nuova variante - dice il professore - emergono nuove infezioni nelle persone non vaccinate o con chi non ha gli anticorpi, anche se non in forma grave; la possibilità che i casi aumentino è reale, ma questo autunno mi aspetto una situazione diversa dall’autunno scorso. Bisognerà avere un sistema di individuazione veloce per la scuola, invece,: siamo di fronte a una variante che si diffonde molto bene nei bimbi e nei ragazzi: anche se non sviluppano una malattia grave, mantengono in vita un virus che potrebbe essere pericoloso per il resto della comunità non vaccinata. La variante ci crea qualche problema. La necessita è tenere alta la guardia, sperando che le persone capiscano e che si aprano le attività nel rispetto delle regole, ai vaccinati o a chi ha determinate caratteristiche». Per quanto riguarda la proposta del vaccino di massa obbligatorio, l’ipotesi non è percorribile adesso. «Gli operatori sanitari che non si vaccinano però - commenta il professore - dovrebbero cambiare mestiere. La variante se ne infischia delle nostre questioni».

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