Costruire un forno con 25 dollari

Potrebbe essere certamente un titolo accattivante, perché in tempi di crisi, potrebbe aprire nuove prospettive di lavoro, oppure una proposta per cuocere il pane, magari nel proprio quartiere, per evitare l’acquisto quotidiano e far risparmiare qualche euro a famiglie provate dalla crisi ormai su tutti i fronti. In realtà, dietro questo titolo si cela qualcosa di più subdolo e tremendo.Già… si mettono insieme i 252 pezzi del puzzle e compare un immagine. Non quella bella del castello di Neuschwanstein, né quella di un paesaggio montano o quella dei cherubini di Raffaello o dei personaggi della Disney: appare invece la tetra immagine del forno crematorio del campo di sterminio nazista di Dachau. Ebbene sì: su Amazon alla modica cifra di 24,99 dollari (circa 20 euro) potete acquistare questo puzzle per i vostri figli, purché abbiano 8 anni o più, dicendo loro che potranno finalmente divertirsi e costruire un forno dove sono stati bruciati migliaia e migliaia di uomini (a Dachau sono state deportate circa 200.000 persone – non “stücke”, che tradotto in italiano significa “pezzi”, perché tali erano definiti dalla terminologia nazista). Il tutto commercializzato sul sito di Amazon.com. Di questo ne hanno parlato anche alcuni giornali italiani del 30 settembre 2012, quali il Corriere della Sera,la Repubblica e La stampa, di cui si può tranquillamente trovare traccia in Internet.Perfino Gerda Hasselfeldt, rappresentante della Csu (il partito bavarese “fratello” della Cdu di Angela Merkel) ha inviato un’indignata lettera di protesta a Jeff Bezos, proprietario di Amazon e pubblicata sul sito internet del settimanale tedesco “Der Spiegel” , dicendo che “per i sopravvissuti ed i loro familiari è peggio di uno schiaffo”.Credevo fosse ovviamente la “solita bufala” di Internet, ma oggi, 15 ottobre 2012, sono entrato nel sito di Amazon e non vi ho più trovato il crematorio di Dachau, bensì quello di una serie di altri “crematorium puzzle”: il crematorio di Brno (Repubblica Ceca), l’urna cineraria contenente le ceneri di Freud e così via, tutti ricavati da foto di Mary Evans.Abitando nella città di Gorini, che abbandonò l’idea della conservazione dei corpi, non mi impressiona più di tanto pensare alla pratica funeraria della cremazione.Peraltro anche mio padre, per libera scelta, ha deciso di farsi cremare. Ma un conto è la libera scelta ed altro conto è essere stati deportati nei campi di sterminio per essere poi annientati moralmente e fisicamente. Ciò che trovo assurdo è come ormai non vi sia più nessun filtro nell’ operazione di “banalizzazione del male” che ormai da anni sta avvenendo nella nostra società.Sono figlio di in deportato nei campi di sterminio nazisti e sono padre di due bambini di 7 e 9 anni, ma mai e poi mai mi sognerei di acquistare una simile porcheria ( perché non ho altro modo per definirla). Come è possibile pensare che ad un bambino sia permesso di impegnare il proprio tempo per costruire un forno crematorio, ed al termine dell’operazione dirgli “Sei proprio stato bravo. Vedi in questo forno sono stati bruciati molti uomini”.Questa banalizzazione e trivializzazione ( per usare l’espressione di Valentina Pisanty nel bel libro “Abusi di memoria”) “sfrutta l’impatto emotivo della Shoah (ma io dico dell’intera deportazione) per autopromuoversi commercialmente”, ma esprime anche l’ulteriore perdita di etica da parte delle aziende che commerciano. Non è pensabile mettere tra le mani di un bambino un’ immagine simile, pensando che dalla stessa possa ricavarne un’ insegnamento positivo o negativo ,che possa avere un’autonoma assunzione critica comprendendo la “pericolosità di tale immagine”.Vorrei concludere citando proprio quanto scritto nel libro prima citato: “ è triviale (impudico, indecoroso, indecente) servirsi della storia dello sterminio per scopi ricreativi, commerciali o pretestuosamente artistici. In simili casi entrano in gioco i dispositivi del Kitsch, nel senso di cattivo gusto, stimolo programmato ammantato di falsa esteticità, prefabbricazione e imposizione dell’effetto” (Valentina Pisanty - Abusi di memoria; pagina 53).So che non siamo ancora al 27 gennaio, che solitamente queste cose si dicono o si scrivono “solo” in occasione della Giornata della memoria, ma “tacere è impossibile”.Diceva Primo Levi: “È accaduto. Può accadere di nuovo”. Aggiunge il mio povero io: “forse sta già subdolamente accadendo”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA