Corsa alla prima dose di vaccino per potere lavorare

Negli hub del territorio lunedì registrate 1256 prenotazioni

Corsa a fare la prima dose per salvare il posto di lavoro. Lunedì, le prenotazioni per la vaccinazione sono state, negli hub vaccinali, 1256, mentre ultimamente si aggiravano sulle 700. Il nostro viaggio, oggi, è nel polo vaccinale, in fiera, a San Grato. Un giovane straniero sta correndo verso l’auto. Il parcheggio è pieno. «Faccio l’autista - dice il ragazzo che accelera il passo -, sono venuto a fare la prima dose, solo per salvaguardare il posto di lavoro». Una ragazza vestita di bianco sta per salire in macchina, insieme alla mamma. Si chiama Matilde, studia al Pacioli di Crema, abita a Paullo ed è venuta per la seconda dose. «Ho 15 anni - dice -, sono contenta di essermi vaccinata». Anche Antonella Ghizzo, di Sant’Angelo, è favorevole alla vaccinazione. «Sono qua per la seconda dose - spiega -, sono venuta perché ho un’anziana in casa e, anche se è vaccinata, è meglio proteggersi». Così la donna ha vinto la paura e per amore della sua parente si è vaccinata. Mahmoud di Lodi, invece, è stato convinto alla vaccinazione dall’obbligo del green pass per lavorare. «Ho una famiglia - dice -, se non ci fosse stato l’obbligo per il lavoro che scatta il 15 ottobre, non sarei venuto. Credo che sia tutto un grande business». Anche Fabio Quartucci, 44 anni, di Comazzo, è stato costretto dalla norma sull’obbligo della certificazione verde Covid. «Hanno parlato in tanti - dice -, ma mai in modo corretto, non c’è mai stata una spiegazione condivisa a livello mondiale sulla vaccinazione. Ne hanno parlato, ma in modo politico, non scientifico. Questo ha creato scetticismo. Io sono artigiano, frigorista, e osservo sempre le regole del distanziamento sociale». Non solo sul lavoro, ma anche «in casa. «Non bacio più i miei figli - dice - e anche adesso che mi vaccino osserverò le regole di prima. Il vaccino, in fondo, è sperimentale, secondo me. Non so se sia efficace. Io penso di essere stato usato come un test». Giuseppe Bignamini, 42 anni e Melissa Cazzaro di 30 sono venuti insieme a fare la prima dose: «D’accordo sì o no - dicono - dobbiamo farlo per avere il green pass. Se no come si fa a lavorare?». Anche Giuseppe Callegari, imprenditore di Villanterio, è venuto per il lavoro: «Siamo obbligati», dice. Una donna tiene sotto il braccio “L’arpa di Davita” di Chaim Potok. «Faccio la bibliotecaria, sono venuta per lavorare - dice -, io mi sono anche ammalata di Covid, quindi ho fatto una dose sola, ma ho vissuto questa vicenda come un ricatto». Una persona di San Martino è venuta perché allergica, quindi si vuole «proteggere dall’infezione». Michele Pavesi, 43 anni, residente a Lodi, zona”muraglia”, è stato spinto fin qui da un mix di ragioni, «una patologia, che mi è stata riscontrata di recente, l’obbligatorietà del green pass per il lavoro e il desiderio di essere in regola. Se domani devo andare a mangiare una pizza al chiuso - dice -, almeno sono a posto». Un ragazzo, metalmeccanico di Sant’Angelo è in coda:«Avevo paura - ammette -, l’avrei ritardato volentieri, ma il lavoro è il pane». Della sua stessa idea il dipendente di un’azienda vinicola di Settala: «Non mi fido - dice - di un vaccino fatto dall’oggi al domani, sono qui solo perché devo lavorare». Un operaio 31enne di Mairano è sicuro: «Senza obbligo non lo avrei fatto - ammette -, stavo bene così». Federica Fabbro, 41 anni, invece, è all’hub per la sua seconda dose: «In casa con me ci sono i genitori - dice -, mi sarei vaccinata comunque».

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