È tutta un’altra prospettiva guardare il fenomeno immigrazione dalla sponda sud del Mediterraneo, tra le Caritas di tutta Europa, del Nord Africa e del Medio Oriente che per tre giorni si sono confrontate e hanno dibattuto sull’accoglienza, sui problemi, sulle chiusure e gli egoismi dell’Europa. Il Migramed meeting si è tenuto dal 15 al 17 giugno a Tunisi, per iniziativa di Caritas italiana, in collaborazione con Caritas Internationalis e Caritas Europa. L’evento si è chiuso con una visita al museo del Bardo, dove è avvenuto l’attentato terroristico il 18 marzo scorso, una commemorazione nel piazzale per ricordare le vittime e una Messa in cattedrale. Nel frattempo si è dato il via ad una contro-agenda euro-mediterranea in quattro punti che è stata elaborata per essere poi proposta all’Unione europea in vista dell’imminente vertice del 25/26 giugno. A Tunisi l’Europa delle porte chiuse citata da Papa Francesco con la sua richiesta di perdono è presente in ogni discorso, con tutto lo strascico di polemiche politiche che ne conseguono, in Italia e negli altri Paesi europei. Le dure immagini dello sgombero dei profughi a Ventimiglia, la notizia di un muro anti-migranti lungo 175 metri che l’Ungheria vuole costruire al confine con la Serbia, sono rimbalzate come colpi di cannone tra i 130 delegati, arrivati nella terra della “rivoluzione dei gelsomini” in rappresentanza di 16 Caritas nazionali. Colpi mitigati in parte dalla vicinanza del Papa, che ha lodato tutti coloro che aiutano i migranti. Quattro punti che si possono sintetizzare essenzialmente così: no ai campi profughi nei Paesi nordafricani e all’esternalizzazione delle frontiere; la quota di 40mila profughi da ripartire tra i 28 Paesi europei è “insufficiente” se paragonata ad una media europea di circa 400mila richieste d’asilo l’anno, serve quindi una accoglienza più realistica; sì al reinsediamento (il cosiddetto “resettlement”) dei profughi dai campi nei Paesi terzi (ad esempio i campi in Giordania e Libano dove sono accolti i siriani); ma soprattutto, sono necessari canali legali d’ingresso tramite visti e decreti flussi, “l’unico strumento per evitare migliaia di morti in mare e nel deserto”. Oliviero Forti, responsabile dell’area immigrazione di Caritas italiana e di Caritas Europa, evidenzia la preoccupazione per la tragedia umanitaria che sta avvenendo nel Mediterraneo e nell’Africa sub-sahariana, che si scontra con l’atteggiamento di chiusura europeo. “Visto che l’Europa manca di visione e lungimiranza - precisa - proporremo una contro-agenda che tenga conto del contributo dei Paesi di origine e transito dei migranti e della tutela dei diritti umani”. Forti critica ancora una volta tutte le misure di tipo emergenziale prese nei confronti di un fenomeno che non si sa e non si vuole governare: così le quote europee sono “una goccia nel mare”, lo sgombero a Ventimiglia dimostra “il fallimento dell’Europa” e anche il cosiddetto “piano B” del governo italiano è praticamente inapplicabile. “La casa del Papa sono le Caritas, le diocesi, le parrocchie di tutto il mondo che lavorano con i poveri e i migranti, non solo il Vaticano. Il Papa tramite le Chiese locali accoglie le persone e le rispetta”, ricorda monsignor Ilario Antoniazzi, arcivescovo di Tunisi e presidente di Caritas Tunisia, trevigiano ma in missione dal 1962, chiedendo a chi polemizza contro le parole di Papa Francesco di “aprire il cuore e diventare un po’ più sensibile”. “Ci si sente impotenti davanti a posizioni che vengono dai partiti o dai governi - afferma -. I governi dovrebbero essere un punto di riferimento per queste persone disperate, trovando delle soluzioni per accoglierle in modo degno perché sono persone, non numeri, e devono essere rispettati secondo i diritti umani”. Una Europa che, dal 1990 al 2010, ha attratto 28 milioni di immigrati, più dell’8% della popolazione europea. Italia, Spagna, Gran Bretagna, Germania e Spagna da sole hanno il 75% della popolazione straniera residente su 28 Paesi. Ma anche se Italia e Grecia sono le principali porte d’ingresso i migranti si dirigono soprattutto verso Francia, Germania, Svezia, Belgio. In questi giorni a Tunisi le Caritas dei diversi Paesi hanno snocciolato cifre e raccontato le loro esperienze, le più diverse. Tra le tante spicca l’esemplare Svezia, dove tutti i migranti vogliono andare nonostante il freddo. Con 9 milioni di abitanti, ha avuto lo scorso anno ben 100 mila richieste d’asilo, soprattutto da Siria, Somalia, Afghanistan. Qui il fenomeno allarmante - racconta George Joseph, di Caritas Svezia - sono però gli 8.000 minori non accompagnati, ragazzi tra i 12 e i 15 anni, moltissimi sono stati vittime di abusi sessuali durante il viaggio, passando per il Marocco. C’è però un’opinione pubblica favorevole nei confronti delle migrazioni e un governo che mette a disposizione case e servizi ai rifugiati, per una reale integrazione. Gli anziani si mettono perfino a disposizione dei giovani con lezioni di svedese, diventando così i “nonni” dei migranti.
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