Concorsone ma dagli esiti molto incerti

C’è un episodio che per come viene raccontato merita di essere ripreso e portato a conoscenza dei lettori non fosse altro che per meglio capire come anticamente i filosofi reclutavano i maestri per le loro scuole. Quello che faceva Socrate, lo facevano più o meno tutti i filosofi di quell’epoca. L’episodio preso in esame riguarda il reclutamento di Senofonte. I due si incrociarono casualmente in un vicolo stretto di Atene e questa occasione consentì a Socrate di guardarlo ben fisso negli occhi. Al nostro caro filosofo bastò una semplice occhiata per bloccare Senofonte con il suo bastone e chiedergli a bruciapelo: «Sai dove si vende il pesce?» «Sì al mercato» rispose l’imbarazzato Senofonte. «E sai dove gli uomini diventano virtuosi?» «No». «Allora seguimi», e così Senofonte si ritrovò reclutato come tirocinante prima ancora che come maestro. Un reclutamento veloce senza che nessuno potesse fare ricorso, o che nessuno mettesse in dubbio il significato delle domande che venivano rivolte. Niente contenziosi, dunque, niente prove preselettive, niente prove scritte né prove orali, niente giudici amministrativi né graduatorie, ma soprattutto tempi certi e assunzioni veloci. Roba d’altri tempi. Questo per avere un’idea su come andavano le procedure di assunzione dei docenti a quei tempi e su quali domande si basava un colloquio. Non si facevano concorsi o concorsoni, tutto avveniva alla luce del sole, mediante una semplice occhiata, a naso o per intuizione, al riparo da dubbi sulla correttezza delle procedure e da iniziative di annullamento delle fasi espletate. Oggi, invece, le fasi concorsuali sono affidate alla tecnologia mediante prove preselettive su cui si cimentano migliaia di aspiranti insegnanti destinati ad essere decimati da una serie di strani quesiti vissuti come un primo duro ostacolo da superare prima di accedere alle fasi decisive del concorso. Ma se Senofonte dopo appena qualche minuto si ritrovò selezionato e quindi ritenuto idoneo per sostenere una sorta di tirocinio a fianco al suo maestro, non così è per i nostri aspiranti docenti destinati a aggrovigliarsi nelle strette maglie dei vari passaggi così articolati tanto da rendere biblici e incerti i tempi di espletamento dei concorsi. Non mancano diversi esempi. Il concorso dei dirigenti scolastici indetto in Sicilia nel lontano 2004, ad esempio, oggi incagliato nelle sabbie mobili di ricorsi e controricorsi, prima annullato e poi restituito alle aspettative dei vincitori dai parlamentari impegnati a portarlo a termine. Ancora oggi la vicenda non è conclusa. E sono passati otto anni! Un altro brutto esempio è il concorso dei Dirigenti Tecnici del Ministero dell’Istruzione, bandito nel 2008, partito con le prove preselettive nel 2009, tra alterne vicende, forse si avvia alle fasi finali con le prove orali. Intanto sono già passati quattro anni. Per non parlare dei Tirocini Formativi Attivi curati dalle Università i cui esiti, in molti casi, sono ancora da conoscere lasciando nell’incertezza migliaia di giovani aspiranti docenti. Sono pochi ma chiari esempi di come un giovane che aspira a diventare insegnante, o amministrativi legittimati a fare carriera come Ispettori Tecnici, o docenti come Dirigenti, rischiano di impantanarsi in situazioni ingarbugliate e rese defatiganti dai tempi che non lasciano spazio alla speranza e alla certezza di dare una svolta alla vita professionale. Eppure i tempi sono profondamente cambiati. E’ mio personale parere che il concorso così com’è impostato oggi, rischia di diventare una prova superata che richiede un’alternativa di selezione diversa dove il merito, la competenza, la provata esperienza scolastica o lavorativa, siano le risposte da cercare per impostare un cammino professionale di un certo livello. Un cammino da percorrere nella convinzione di scoprire le proprie naturali attitudini lungo un fase soggetta ad una significativa e preventiva attività di tirocinio svolta sul campo. Dunque al merito acquisito sul campo, tanto bistrattato negli ultimi decenni, bisogna rivolgere la massima attenzione. Che senso ha creare un fiume di aspiranti docenti in ansiosa attesa che qualche concorso venga indetto dal Ministro di turno mosso forse più da una spiccata sensibilità al tema occupazionale che da una effettiva necessità di coprire con nuovo personale le falle aperte nel sistema scuola. A riprova di ciò è proprio quest’ultimo concorso docenti che ha preso il via con le prove preselettive, bandito dopo tredici anni dall’ultimo concorso, sottoponendo molti docenti ad una umiliante esperienza di ritornare nelle proprie scuole, dopo essere stati affossati dalle nuove tendenze tecnologiche. Mi spiace, ma la vita professionale non è un quiz. Mi chiedo con quale logica razionale si preferisce lasciare a dei quesiti, sia pure interessanti, determinare la fondatezza professionale di un docente. Eppure oltre le macchine esistono gli uomini con le loro virtù, le loro capacità critiche, la loro onestà professionale grazie alle quali è possibile la ricerca di una rinnovata modalità di assunzione. Perché non lasciare ai presidi quella sensibilità relazionale esclusivo patrimonio della personalità umana? Forse che la tecnologia sia in grado di essere più obiettiva di un colloquio o di un’esperienza tirocinante condotta sul campo? Forse che una chiamata diretta da parte dei presidi, organizzata all’occorrenza, sia meno garantista di una prova preselettiva inserita in un contesto concorsuale organizzato ogni dieci o più anni? Tutto ciò merita una seria riflessione, pur parafrasando Giovenale con il suo «quis custodiet ipsos custodes?»,(chi sorveglierà gli stessi sorveglianti?). Sono d’accordo. Si curi bene il sistema delle garanzie, ma è tempo di guardare avanti con più onestà intellettuale. Non dico che tutto dovrebbe svolgersi nei tempi concessi da Socrate a Senofonte, con un’occhiata e con una domanda a bruciapelo, ma ritengo che l’individuazione di passaggi ben definiti possano superare certe riserve che ancora oggi resistono poiché legate ai timori di approcci discrezionali e poco trasparenti. Se questi sono i timori allora sarebbe opportuno cercare variabili che impediscano la discrezionalità e annullino la mancanza di trasparenza. Ma non si può continuare ad andare avanti in questo modo. Il mondo è cambiato radicalmente e con esso è cambiata la scuola. Ora tocca a noi cambiare la scuola.

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