Con le tasse non uccidano i consumi

Se il discorso è quello di dare a Cesare quel che gli spetta, già da tempo sappiamo che la massima è poco rispettata in Italia: l’evasione fiscale sembra essere uno sport nazionale. È invece un furto di beni collettivi senza alcun rischio di pena. Un andazzo insostenibile, secondo il governo Monti che ha fortemente incrementato l’azione di recupero di quanto evaso. Ma i vecchi strumenti sono chiaramente insufficienti (si recupera sì e no un decimo di quanto evaso) e certamente poco dissuasivi: l’evasione fiscale è troppo conveniente per troppe persone. Da qui la scelta di creare il Redditest: per farla in breve, un redditometro che compara il tenore di vita di una famiglia (una serie di spese) con i redditi dichiarati. Se la sproporzione è grande, o totale, per il Fisco significa che in quella casa si guadagna ma non si dichiara. E l’Agenzia delle Entrate sa di giocare sul sicuro, perché dalle sue proiezioni una famiglia su 5, in Italia, è “incoerente”; e in un milione di casi il reddito dichiarato si avvicina a quota zero, ma non si capisce come si riesca comunque a mettere insieme pranzo con cena (e doppie auto, e più appartamenti, e palestre, e viaggi all’estero…). Insomma, si incrociano le entrate con le uscite. Le vincite alla lotteria e i soldi trovati per terra sono casi rari, invocabili da pochissimi contribuenti; poi ci sono quegli imprenditori che dovrebbero spiegare come mai la loro azienda dichiara di essere in perdita da diversi anni, ma ancora attiva; quei commercianti che sostengono di guadagnare meno dei loro commessi; quei professionisti che - con quanto denunciato al Fisco - dovrebbero acquistare solo il cofano della loro Bmw; quei lavoratori dipendenti che arrotondano con il nero, magari da affitti non registrati. Non stiamo esponendo opinioni ma numeri: solo un contribuente su 100, in Italia, dichiara di guadagnare più di 100mila euro l’anno; il reddito medio denunciato nel 2011 da gestori di hotel, baristi, gioiellieri e proprietari di autosaloni è stato inferiore - in alcuni casi di molto - a 17mila euro. Lordi. E poi capita che, laddove la fattura e lo scontrino siano difficile da eludere, tali redditi schizzino “incredibilmente” a livelli almeno tripli o quadrupli. Bene, si proceda senza paura. Se questo invito ha tutti sacri crismi dell’eticità e della giustizia, la realtà quotidiana racconta - con una certa dose di cinismo - che il “nero” fa campare un pezzo d’Italia che altrimenti sarebbe a spasso; e che bisogna stare attenti a non darsi la zappa sui piedi. Ci spieghiamo meglio. Quel che lo Stato non incassa da una parte (Irpef, contributi Inps), se lo riprende dall’altra con l’Iva ogniqualvolta i soldi “neri” vengono spesi. Non va alla pari, ma recupera con la sinistra un po’ di quel che non riesce ad afferrare con la destra. Orbene, strumenti come il Redditest hanno un effetto collaterale potente: quello di rendere assai guardinghi coloro contro i quali questo strumento è impostato. In poche parole, staranno attenti a spendere: a come e quanto spendere. Fosse una questione riguardante una dozzina di contribuenti…. Ma siccome qui stiamo parlando di milioni di italiani, il rischio grosso è quello di mandare in tilt i consumi, e quindi un’economia che già oggi soffre del calo degli stessi. Un rischio che il governo Monti ha attentamente soppesato, e ha deciso di correre. Da parte di chi, invece, a Cesare dà tutto quanto gli spetta (e mai come in questi mesi la pressione fiscale è stata così pesante), una preghiera: caro Fisco, colpisci anzitutto i grandi evasori, rendi la vita difficile a loro e non a noi contestando 50 euro di qua, o la data sbagliata sulla dichiarazione di là. Come accade oggi, insomma.

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