Il caldo quando è afoso e insistente, diventa opprimente, soffocante, insopportabile. Ci fa diventare scontrosi, insofferenti, sbuffatori, collerici fino a sbattere la porta e cercare altrove quel sollievo che in casa non si riesce a trovare. Una situazione che molti stanno vivendo in questa calda estate impietosa nel mettere a dura prova il grado di sopportazione di chi è costretto ad affrontare le diverse ondate di calore che si sono susseguite una dietro l’altra. Molti hanno imparato a conoscere meglio certi nomi storici e mitologici assegnati dai nostri metereologi a questi fenomeni naturali. Qualcuno, infatti, ha approfondito la storia di Scipione (l’Africano) o di Minosse, di Caronte o di Nerone, di Caligola o di Lucifero meglio identificato per la sua portata come il «padre dei caldi» ovvero il «Colosso dei deserti» quasi a prepararci a finire arrosto sotto temperature roventi prima dell’arrivo del fresco liberatore, compito quest’ultimo affidato a Beatrice (le femminucce sono sempre destinate a salvare i maschietti). Tutti nomi storici assegnati con una certa logica scientifica. Personalmente dico che ci stanno tutti tranne uno: Caligola. Cosa c’entra un imperatore fuori di senno che ha nominato senatore a vita il suo cavallo “Incitatus”, con l’opprimente caldo sub tropicale di questa rovente estate? Forse che l’ondata di caldo ha fatto uscire di senno qualcuno? E se è così allora hanno ragione i pediatri quando dicono che con queste temperature è dannoso pretendere lo studio estivo dai ragazzi. E veniamo al problema di oggi. E’ lecito pretendere dagli alunni, indipendentemente dal grado di scuola frequentato, uno studio estivo tanto per mantenere allenata la mente? Non ci sono forse altre iniziative che possano sostituire degnamente i compiti delle vacanze soprattutto se imposti in un stato di stress generato da un eccessivo caldo? Per i pediatri sì. Per loro non c’è dubbio. L’insopportabile caldo non aiuta la concentrazione che anzi viene vissuta con una sorta di opprimente costrizione fino a generare rifiuto e spiacevoli reazioni come quella accaduta di recente a Ravenna dove una bambina di soli 10 anni tenta il suicidio perché pressata dai genitori a fare i compiti assegnati per le vacanze. Un vissuto quotidiano che vede il sofferto coinvolgimento dei genitori divisi tra la necessità di vivere qualche giorno in pieno relax e il necessario contributo in termini di aiuto da dare ai figli impegnati nello svolgimento dei compiti ricevuti per le vacanze. Ma quale aiuto e soprattutto quali vacanze? Forse quelle passate a seguire i ragazzi sotto l’ombrellone che tra una sbuffata e l’altra cercano di assolvere all’impegno da portare a termine? E allora che fare? E qui viene la ricetta. Ci sono altre attività che i ragazzi, soprattutto i più piccoli, possono fare in sostituzione dei compiti assegnati e comunque da evitare in simili circostanze. I bambini, insistono i pediatri, hanno notevoli capacità di recupero nel campo dell’apprendimento e questo li mette al riparo da convinzioni che vedono nei compiti estivi l’unica strada per non far perdere il ritmo conquistato nel periodo scolastico. Insomma il messaggio che arriva è chiaro. Niente compiti delle vacanze soprattutto quando si ha a che fare con un eccessivo caldo come in questa bollente estate, sempre meglio lasciarsi andare in iniziative alternative soprattutto sportive che si caratterizzano per il coinvolgimento di soggetti diversi. La ricetta, quindi, è semplice. I compiti estivi stressano, mentre le attività ludiche collettive condotte all’aria aperta aiutano a meglio sopportare le infauste temperature. Si può essere d’accordo o non d’accordo. Una rilievo comunque va fatto. Assegnare qualche sporadico esercizio forse non rovina nessuno, ma ostinarsi a impegnare i ragazzi con compiti di diverse materie, assegnati da diversi insegnanti che faticano a lavorare in equipe per concordare un’azione comune, allora forse bisogna dire che i pediatri hanno ragione. Probabilmente si vuole cercare una misura che non porti a determinate esagerazioni.Altra cosa è quando parliamo di ragazzi delle superiori impegnati negli esami di riparazione. Qui si tratta di giovani che hanno fatto delle scelte durante l’anno scolastico. Hanno scelto di studiare certe materie e di tralasciarne delle altre. Allora qui si ha ragione di ritenere che queste scelte non sono razionali e che l’impegno nello studio deve essere distribuito in egual misura su tutte le materie curriculari. Qui non c’è estate rovente che tenga. Piuttosto sono dell’avviso che, considerato l’innegabile mutamento climatico in atto sulle nostre regioni, forse sarebbe cosa opportuna rivedere, nel suo insieme, il calendario scolastico. Che senso ha, a questo punto, insistere ad avviare le lezioni ai primi di settembre? Non sarebbe meglio, ad esempio, tornare ad avviare le attività didattiche al primo ottobre come negli anni sessanta? Si parla sempre più di qualità dello studio e questo vuol dire che la quantità dei giorni di scuola, pur avendo la sua importanza, non dovrebbe essere ritenuta come una «conditio sine qua non» necessaria a dare validità o meno a un anno scolastico. Intere generazioni di studenti si sono formati in un arco di tempo diverso dall’attuale senza per questo far rimpiangere qualcuno in professionalità e preparazione. Certo bisogna cambiare le norme esistenti, fare nuove leggi, rivedere certe ordinanze. Tutto si può fare, basta essere convinti e condividere certe scelte. In caso contrario prepariamoci a vivere con sempre più insistenza un avvio di anno scolastico all’insegna dei vari Caronte o Nerone o Minosse che dir si voglia oppure fare qualcosa forse più razionale e rifarsi per questo ai nostri antichi maestri come il buon Anassimene, allievo del più grande Talete morto allo stadio per il gran caldo (anche lui vittima di qualche Caronte?), che portava i suoi discepoli di notte sulla collina di Kebalak Tebè a ridosso di Mileto, per soddisfare la loro «fame di cose celesti». Non direi. La notte è fatta per dormire più che per studiare. Tuttavia i cambiamenti climatici in atto sono un fatto incontestabile e pertanto vanno pensate nuove soluzioni che mettano tutti, allievi, docenti e genitori nelle condizioni di vivere con più razionalità la vita scolastica. L’invito dei pediatri è chiaro: chiudere i libri, rifiutare di fare compiti assegnati, vivere l’estate pudicamente all’aria aperta, in compagnia e senza alcun tipo di stress. E’ forse chiedere troppo?
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