Come salvare il pianeta ormai malato

Qualche anno fa un personaggio pubblico di primissimo piano, ospite in un talk-show di successo, ebbe modo di esprimere il suo pensiero, più volte e in seguito da altri ripreso, sulla situazione in cui era precipitata l’Italia, aggredita dalla crisi economico-finanziaria mondiale. Disse che la classe dirigente post-bellica, con tutte le sue componenti (imprenditoriale, sindacale, amministrativa, bancaria etc.), approfittando dei sugosi incrementi del Pil, non solo aveva, con i propri miopi e voraci comportamenti, portato il Paese sull’orlo del “default” , ma anche ed inesorabilmente, compromesso l’avvenire delle nuove generazioni, lasciando loro una fosca eredità stracolma di debiti e di policrome, acutissime incertezze. Il concetto è più che mai attuale. Riformulato e caricato, tuttavia, di tutte le spinose aggravanti nel frattempo emerse, può essere estrapolato per connotare la ben più vasta e inquietante emergenza che, travalicando i confini nazionali, sta drammaticamente investendo il futuro prossimo dell’intero pianeta e di chi dovrà abitarlo. La gente di New York, capeggiata dal segretario generale dell’ONU, ma anche quella di, Parigi, Roma, Berlino, Melbourne, Londra, Montreal, Il Cairo, Rio de Janeiro, ha percepito la colossale minaccia che incombe su tutta l’umanità e si è messa in marcia, all’insegna dello slogan “save the Planet”, per le strade cittadine, protestando e chiedendo ai governanti un maggiore e più pressante impegno nel contrastare i cambiamenti climatici. Secondo stime di provata attendibilità, i fenomeni meteorologici di abnorme violenza, ascrivibili all’innalzamento globale della temperatura, hanno coinvolto, negli ultimi quattro anni, 650 milioni di persone, uccidendone oltre 100 mila e provocando danni per 500 miliardi di dollari. Se questi sono i consuntivi, le previsioni a breve termine, documentate e puntualmente presentate nei rapporti delle apposite commissioni scientifiche, moltiplicano per un fattore esponenziale le cifre denunciate, descrivendo, entro la fine del secolo, scenari catastrofici difficilmente immaginabili. E’ più che pertinente, perciò, estendere la constatazione dell’illustre personaggio prima citato, al problema planetario oggetto della protesta. Le mutazioni del clima che stanno mettendo in serissima discussione l’avvenire dei giovani di tutto il mondo, hanno una genesi assimilabile a quella del disastro italiano. I poteri forti, affiancati dal malaffare dilagante, insieme ben capaci di influenzare, con il ”profumo dei soldi” e con altre pratiche di dubbia liceità, le scelte politiche locali, nazionali e sovranazionali, hanno ossessivamente continuato a pompare fiumi di petrolio e strappare montagne di carbone dal cuore della Terra, avendo in testa, quale unico dio della loro singolare, diabolica “religione”, il profitto. Alla fame, la sete, l’indigenza e l’ignoranza, alle morti precoci di milioni di bambini, vittime dei malanni e delle pallottole, ai rigurgiti razzisti, alle feroci persecuzioni giustificate da motivi confessionali, alla disperazione dei flussi migratori, ai crimini ambientali già abbondantemente consumati, quali l’inquinamento idrico, il saccheggio del territorio, la disseminazione entropica di rifiuti assassini e lo scempio delle foreste pluviali, si sommano ora, con ritmi tumultuosamente ravvicinati, gli uragani, le inondazioni, le tempeste di vento e sabbia, la fusione delle calotte polari, l’innalzamento dei livelli marini, la desertificazione, l’erosione del suolo, la riduzione della biodiversità, tutti fenomeni riconducibili all’effetto serra, conseguenza certa delle combustioni negli impianti di elettrogenerazione, nelle centrali termiche degli stabilimenti industriali, negli alti forni siderurgici, nei bruciatori per il riscaldamento degli edifici, nei motori degli autotreni, auto e moto, nelle caldaie delle navi da trasporto, da guerra e da crociera, nei reattori degli aerei civili e militari. La soglia delle 400 ppm di biossido di carbonio scaricato in atmosfera, indicata come limite prossimo al punto di non ritorno, è stata ormai superata e gli allarmi sulle conseguenze del pericolosissimo abbrivo intrapreso, rimbalzano da un continente all’altro. Eppure c’è chi si ostina a ignorare questa realtà sempre più chiara nei suoi lugubri contorni, mantenendo le proprie volute cerebrali invariabilmente occupate da cifre a dodici ordini di grandezza, bilanci, incrementi patrimoniali, pacchetti azionari, tassi di interesse, utili operativi. Che le marce a salvaguardia di questa tartassata Terra, in procinto di collassare a causa dell’egoismo e l’avidità di alcuni suoi figli di non brillante dotazione intellettiva, poiché incapaci di percepire l’effetto “boomerang”delle loro distruttive azioni, si intensifichino, si potenzino e si trasformino, dunque, in movimenti ed opinioni di massa, trasformando lo sterile dibattito tra “negazionisti”in mala fede e “catastrofisti”sempre più preoccupati, in atti concreti da imporre, democraticamente, ma con estrema decisione, ai destinatari della delega, deputati, senatori, presidenti e amministratori alle mafie, ai finanzieri, alle multinazionali. Al Summit sul Clima, in programma in questi giorni a New York, Ban Ki-moon, leader alle Nazioni Unite, ribadirà la condivisibile affermazione che il tempo residuo a disposizione è veramente poco e che non rimangono opzioni a quella di una rapida, incisiva e decisiva svolta nelle politiche energetiche mondiali, virando verso le fonti alternative dolci e meno invasive, cui perfino gli eredi di Rockfeller, che sull’oro nero hanno costruito le proprie fortune, pare si stiano convertendo. Purtroppo la conferenza appare in bilico ancor prima di cominciare. All’importantissimo consesso mondiale si è registrata la già preannunciata assenza di India e Cina che insieme surclassano, in tema di inquinamento atmosferico, i quasi trenta Paesi dell’ Unione Europea. E’ davvero paradossale, in proposito, che le due città più inquinate al mondo siano Ludhiana e Lauzhon indiana e cinese rispettivamente. Ciò che però inquieta ed indigna più di qualsiasi altro, pur esecrabile misfatto, è la becera reiterazione di certe malevole pratiche che, ahimè hanno un sapore tutto italiano. Visitando dopo diversi anni la mia terra d’origine, ho avuto modo di notare una vera e propria fioritura di impianti eolici e fotovoltaici, tutti dislocati su preziosi terreni di provata fertilità, da secoli utilizzati per coltivare cereali, viti, ulivi. I fianchi brulli delle mille alture isolane mostravano invece, incontaminate, le loro grige pietre inutilmente roventi. Ci saranno di mezzo le solite manovre e i soliti contributi da spillare? Eh, ma allora...!

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