Codogno, città in lacrime
per l’ultimo saluto a Croce

Una folla per i funerali dell’ex amministratore, stimato da tutti e scomparso all’età di 82 anni

Le rose purpuree e panna sul feretro, un copricapo “panama”, un papillon. Una bellezza commovente aleggiava ieri ai funerali dell’ex sindaco di Codogno Adriano Croce celebrati dal parroco Monsignor Iginio Passerini nella chiesa parrocchiale di San Biagio dove la salma è giunta dall’abitazione in via Cavallotti, accompagnata dal corteo funebre. Ad attenderlo sul sagrato c’erano il sindaco Francesco Passerini, la protezione civile e la polizia locale col gonfalone, amministratori passati, colleghi, amici.

La borghesia lodigiana di oggi e di ieri, avvocati architetti ingegneri rappresentanti delle “professioni”, distinguibili per un dettaglio, un vezzo: la coppia di mezza età, lui in jipijapa di tela chiara e lei in completo nero, l’uomo in giacca e farfallino, le signore col giro di pelle. E la politica locale di tutto l’arco costituzionale: l’ex sindaco Emanuele Dossena e Mauro Bonfanti della giunta Croce, il consigliere Pierattilio Tronconi all’epoca all’opposizione, gli allora segretari comunali Falcone e Filippini. La consigliera regionale Patrizia Baffi, l’attuale sindaco di Meleti Mario Rocca e l’ex Pierangelo Foletti, l’ex sindaco di Maleo Giuseppe Maggi.

«Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio e anche l’anima di questo giusto che ha amministrato con responsabilità la giustizia è nelle sue mani – ha detto Monsignor Passerini citando un passo del libro della Sapienza e legandolo alla parola dei talenti del Vangelo -. Tutti riconosciamo al signor Adriano di aver messo a frutto i suoi talenti come sposo e padre in famiglia, come professionista esemplare nell’esercizio della giustizia e nel servizio alla sua categoria professionale, come amministratore del bene pubblico della città nei due mandati come primo cittadino di Codogno». Ma anche, ha proseguito il parroco, «come tessitore di relazioni di amicizia e collaborazione, con gesti di vicinanza e prossimità che rendono ancora più significative le altre relazioni e responsabilità». Una testimonianza “civile” da cui il parroco ha invitato a trarre insegnamento: «I talenti non vanno sprecati, e ciò è possibile se si vive la vita come missione. Da questo punto di vista la sua è stata una vita “piena”», ha detto Monsignor Passerini evidenziando poi il “culto della parola”, la capacità di decidere, l’«orizzonte della fede che ha accompagnato fin dall’infanzia il nostro fratello». Un dialogo col sacro coltivato nell’intimo e attraverso le figure di sacerdoti amici che ieri hanno preso parte alla celebrazione delle esequie. Un’etica civica e “cristiana” in cui confluivano «la determinazione, l’onestà, l’incapacità di accettare compromessi» richiamati nella lettera scritta dalla moglie Laura Putti e affidata alla lettura della cugina Giovanna, al termine della liturgia, sull’altare.

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