Chi deciderà sul futuro di San Cristoforo

Ho letto con attenzione la riflessione che il direttore del Cittadino ha dedicato al futuro del San Cristoforo e alla sua possibile destinazione museale. Lo ringrazio per avere sollevato un problema del quale forse ancora troppo pochi si sono accorti e per amor di patria (come si diceva un tempo), provo anch’io a consegnare qualche pensiero in libertà al suo giornale. Premesso che non sono mai stato un partigiano della istituzione della Provincia di Lodi (tanto più nella forma minuscola coincidente alla diocesi), che semmai qualche ragione in più avrebbe potuto avere nel riesumare la provincia asburgica di Lodi-Crema, credo giusto concedere all’ormai languente e svuotato istituto il merito di avere salvato il San Cristoforo dal plurisecolare abbandono in cui versava. Quel “restauro” non fu né ben fatto né tanto meno esemplare, per intenderci, ma almeno ha salvato il monumento dal crollo. Ora, in tempi mutati e con senso di Realpolitik, si impone una riflessione sul da farsi in un futuro prossimo, con in più l’aggravante che il complesso olivetano è stato saldato con l’altro “buco nero” del San Domenico, anche questo in parte “recuperato”, ma raddoppiando il problema.Dunque, comunque vada l’iter della riforma degli enti locali, è chiaro a tutti che la Provincia di Lodi, o quel che ne resterà -mutati nomi e finalità-, non avrà più bisogno di tutto lo spazio oggi disponibile nel San Cristoforo; e quindi l’interrogativo lanciato dal direttore è quanto mai utile e meritevole di risposte. Già, ma da parte di chi? Perché questo è il nodo centrale della questione. Pallavera denuncia che da quindici anni (in realtà sono quasi venti) la città è senza museo: ma chi doveva dare risposte se non la politica? A chi dobbiamo lo stallo del progetto di spostamento del museo nella progettata sede della cavallerizza? (pur a prescindere dall’effettiva rispondenza di quel progetto alle necessità delle collezioni civiche laudensi come in molti rimarcammo in sede pubblica). Nel vuoto totale di competenze che è proprio di questi tempi, per la soluzione del problema museo si optò qualche tempo fa per il coniglio da estrarre dal cilindro, cio è per i più gettonati anchorman televisivi, come se la progettazione di un museo e la riorganizzazione della storia di una città e di un territorio non meritassero qualcosa di più serio. Ecco il primo nodo gordiano: chi oggi a Lodi è in grado di prendere una decisione di questo tipo con sufficiente cognizione di causa, magari sapendo cosa è un museo e –se non chiediamo troppo- avendone esperienza? Oltretutto, caro direttore, se lei ha pienamente ragione a rilanciare l’argomento San Cristoforo, adesso chi spiega ai cittadini lodigiani che forse il progetto cavallerizza non era quello giusto? E comunque, nella ragionevole speranza di poter in qualche modo recuperare la cavallerizza a finalità espositive e nello stesso tempo evitare che il San Cristoforo vada incontro a degrado, abbandono, o peggio ad usi impropri, … da chi dobbiamo aspettarci tanta lungimiranza tutta insieme, visto che per quasi vent’anni –e non senza solleciti anche da parte di chi scrive- nessuno ha mai battuto ciglio? Ripartendo dal suo intervento riprendo qualche idea, a cominciare dal modello Santa Giulia. Premesso che Santa Giulia è un museo bellissimo, vorrei sgomberare il campo da ogni illusione: non esiste nessuna istituzione museale pubblica italiana –almeno potenzialmente paragonabile alla nostra- che abbia il bilancio in attivo. Quindi non facciamoci illusioni di questo tipo. Non si fanno affari col museo, e tuttavia il museo serve ad attrarre turisti che possono lasciare risorse sul territorio. Il museo serve se vogliamo accreditarci come una città d’arte. Inutile continuare a vantare che siamo a trenta minuti da Milano (e chi viaggia in treno sa come….), se poi da vent’anni teniamo il museo chiuso. Tornando a Santa Giulia, ricordo che è una Fondazione. Questo significa, come ad esempio anche per i Musei di San Domenico di Forlì, o come per la Carrara a Bergamo, che esiste un finanziatore privato in grado di reggere le enormi spese di gestione della collezione permane te e della organizzazione delle mostre temporanee. Qualcuno intravvede a Lodi qualche possibilità di questo tipo? Se sì ne sarei profondamente felice. D’altro canto se le sorti di un museo civico come quello di Lodi devono rimanere appese alla filiera sindaco-assessore-dirigente…..beh allora non scomodiamo Santa Giulia e non facciamoci troppe illusioni: basta fare un salto a Crema per vedere come “funziona” un museo siffatto, e questo non per discredito o sfiducia preconcetta nelle istituzioni in astratto, ma perché la situazione dell’oggi è quella che è, e che tutti hanno sotto gli occhi. D’altro canto, ed è una nota positiva, basterebbe farsi un giro a Lovere, a Breno, a Montichiari, a Lonato per vedere invece come piccoli musei possono svolgere egregiamente la loro missione, o, per parlare di qualche realtà più strutturata, a Bressanone, a Bassano, a Possagno.Ridotte quindi troppe e inutili aspettative, torno alla sostanza circa i possibili contenuti del museo che a mio parere dovrebbero essere né più né meno quelli che erano del vecchio in corso Umberto: vale a dire la sezione archeologica, la pinacoteca con le raccolte artistiche e la sezione dedicata alla ceramica. Altre realtà, che pure esistono a Lodi, possono tranquillamente restare dove sono. Così per il Museo Paolo Gorini che è parte integrante della storia dell’Ospedale; lì semmai si potrebbe aumentare l’esposizione della quadreria. Così per il cosiddetto “Museo della Stampa”, il cui titolo è forse un tantino sovraesposto per la realtà che è. E per favore lasciamo perdere le decine di raccolte di vecchi strumenti da lavoro inerenti alla civiltà contadina per lo più raffazzonate ed esposte senza criteri scientifici in diverse località. Fin che stanno lì vanno bene così: servono ottimamente agli alunni delle scuole per non perdere la memorie del loro passato, ma per un Museo etnografico serio si vada a vedere quello di San Michele all’Adige; se poi si pensa di avere di meglio da mostrare…. prego. Per quanto riguarda la Raccolta di Lamberti di Codogno o quella del Castello di Sant’Angelo, sono connaturate al luogo dove sono esposte, ed è inutile accanirsi per volerle far conoscere a tutto il Nord Italia. Di queste collezioni c’è pieno il mondo e con internet chiunque le cercasse le potrebbe facilmente trovare.Da ultimo, sarà da far tesoro del memento da lei offerto che tra due anni i “Fondi Emblematici” Cariplo saranno di nuovo disponibili per Lodi. Benissimo… purché a qualcuno non venga in mente di usarli ancora in assurde amenità sul tipo di quelle francigene come ha ben ricordato. Non penso ci fosse bisogno di spendere soldi in inutili cartelli che indicano strade e guadi inesistenti per concludere ad anni di distanza che non servivano (e non serviranno) a niente. L’esercizio del buon senso avrebbe dovuto suggerire fin da allora di evitare l’ennesimo inutile dispendio di denaro pubblico. Comunque, se vogliamo metterci intorno a un tavolo e cominciare a pensare al San Cristoforo e al museo ben venga…. Sarebbe il caso di non perdere altro tempo.P.S.: a proposito di cartelli….ma perché per indicare la nuova installazione di Giuliano Mauri qualcuno ha pensato di associare il nome “cattedrale vegetale”, da lui voluto e rispettosamente da mantenere, all’icona della chiesa che normalmente si usa nella cartellonistica per indicare i luoghi di culto? Già che c’erano non potevano anche mettere gli orari delle messe?

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