Che sarà dell’Europa dopo la crisi

Anche nel nuovo anno dovremo affrontare i rischi e le conseguenze della crisi finanziaria europea dovuta all’indebitamento eccessivo di alcuni Stati membri. Ma abbiamo motivo di sperare che nel corso dei prossimi mesi vi siano segni sempre maggiori di un superamento dei pericoli più immediati. Dopo che anche in Italia, il maggior Paese debitore, che rappresentava fin dall’estate 2011 il rischio più consistente per via della sua importanza per l’economia dell’Eurozona, sono state introdotte le necessarie riforme, troppo a lungo trascurate, e sono state decise misure rigorose di contenimento dei costi, torna pian piano la fiducia nella capacità dei governi di far fronte ai propri impegni derivanti dall’appartenenza all’Unione monetaria. Ciò contribuirà a consolidare l’Euro e conseguentemente a far rivivere l’economia e a creare crescita. Ciò che è stato già deciso a livello europeo in direzione di creare un’unione fiscale per garantire la disciplina di bilancio degli Stati membri e della coesione economica - obiettivo da realizzare in concreto nei prossimi mesi -, deve condurre alla stabilizzazione dell’intero sistema mediante una politica finanziaria più solida degli Stati membri. Per poter essere stabile e capace di agire nel lungo periodo, e non solo in campo economico e finanziario, l’Unione europea ha inoltre bisogno di chiarezza sulle sue finalità. In altre parole, una volta superata la fase acuta della crisi, i governi e i parlamenti dovranno finalmente affrontare con decisione la realizzazione dell’Unione politica. Questo è l’obiettivo che, fin dall’inizio, ha dato al processo di unificazione europea il suo senso più profondo e la sua dimensione storica. Questione di finalità a parte, è ancora valido ciò che il cancelliere Helmut Kohl disse al Bundestag tedesco il 19 novembre 1991: “L’unione politica è il contraltare imprescindibile dell’unione economica e monetaria. La storia recente, non solo della Germania, ci insegna che l’idea di un’unione economica e monetaria possa resistere nel tempo senza unione politica è fuorviante”. La crisi in cui ci dibattiamo da due anni, conferma in modo drammatico queste parole. Ma cosa vuol dire “unione politica”? Nella sua forma attuale, l’Unione europea è già di per sé politica. Le sue istituzioni (Parlamento, Consiglio dei capi di Stato e di governo, Consiglio dei ministri, Commissione) sono politiche: prendono decisioni politiche per raggiungere effetti politici. Pertanto, quando si parla della prospettiva dell’unione politica o dell’evoluzione della struttura attuale in Unione politica, s’intende un progresso a livello qualitativo. Si tratta di superare lo stato attuale, basato su un trattato internazionale, con una costituzione federale. Ovvero, di trasformare i rapporti tra gli Stati membri, ancora sostanzialmente orientati ai metodi diplomatici della cooperazione tra Stati, in relazioni basate su procedure democratiche e quindi con caratteristiche di politica interna sempre più spiccate. In passato, per definire l’obiettivo del processo d’integrazione, si parlava di «Stati Uniti d’Europa» o di «Stato federale europeo». Nel corso dei decenni, questi concetti sono passati di moda, in parte perché si è perso di vista l’obiettivo, in parte perché l’obiettivo stesso è mutato; ma in ultima analisi, anche perché il concetto di «Stati Uniti» fa pensare al modello americano, sempre meno accettato per il processo europeo. E l’idea di «Stato federale», d’altro canto, rimanda ad uno Stato che la futura federazione europea non può diventare, in quanto è incompatibile con le modalità in cui essa è nata e si è sviluppata, traendo origine da Stati nazionali già compiutamente formati, alcuni dei quali con una lunga tradizione.Sia come realtà che come processo, l’Unione europea è un fenomeno unico, senza esempi nella storia. Pertanto, anche come unione politica, essa sarà diversa dalle precedenti comunità di Stati. Il suo sistema di governo dovrà certamente basarsi sull’organizzazione federale e democratica già presente nella sua attuale struttura. In essa, i compiti e le competenze vengono assegnati ai diversi livelli (comunità territoriali, regioni, Stati, Unione) secondo il principio della sussidiarietà. L’aspetto decisivo del suo carattere di Unione politica sarà la responsabilità nei settori politici (in particolare relazioni estere, sicurezza e difesa, economia estera e politica monetaria) che non possono essere gestiti in modo adeguato dai soli Stati membri per via delle dimensioni sovranazionali di questi ambiti: tale responsabilità che verrà attribuita all’amministrazione centrale dell’Unione. La Costituzione europea dovrà fissare le modalità per realizzare il quadro istituzionale dell’Unione politica, determinando le singole procedure del suo funzionamento. Dopo la crisi, si spera che i responsabili a tutti i livelli abbiano compreso maggiormente che non si può prescindere dalla ripresa dei negoziati per concordare la Costituzione. Il fatto che il primo tentativo di dare all’Unione europea una Costituzione di questo tipo sia fallito alcuni anni fa con i referendum di due Stati membri, non può essere motivo per non ritentare e fare ciò che è necessario. In fin dei conti, dopo la crisi, gli Europei avranno fatto un’esperienza in più e saranno diventati più capaci.

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