Censimento, come cambia l’agricoltura

Sono disponibili i primi dati, a livello regionale e nazionale, del 6° Censimento generale dell’agricoltura e grande è l’attesa di conoscere come è cambiata nell’arco di un decennio l’agricoltura lombarda e italiana. L’Istituto nazionale di statistica (Istat) raffredda gli animi, ricordando che la validazione dei risultati sarà conclusa entro aprile 2012 e questo significa che non è lecito esprimere opinioni o commenti su dati suscettibili di modifica. Mi limito, pertanto, in questa prima parte a fare alcune considerazioni sui processi sociali ed economici che hanno pilotato l’evoluzione dell’azienda lombarda nel periodo 2001-2010, con particolare attenzione ai cambiamenti intervenuti nelle strutture agricole e nell’uso dei suoli.Bisogna anzitutto osservare che i dati confermano la tendenza, evidenziatasi dagli anni Sessanta, alla concentrazione dei terreni agricoli e degli allevamenti: diminuisce il numero delle imprese attive e aumenta la loro dimensione media per ampiezza aziendale o numero di capi allevati. Le aziende lombarde sono in totale 54107, un quarto in meno rispetto al 2001. Esse registrano un aumento spettacolare in ampiezza, toccando in media ettari 25,8 (+22,8%), e questo deciso balzo in avanti consente loro di inserirsi con successo tra le più floride in Europa. E’ opportuno rimarcare che l’agricoltura lombarda rappresenta il 3,3% di quella nazionale quanto al numero di aziende e il 7,6% quanto alla Superficie agricola utilizzata (Sau). Di terra, però, ce n’è sempre meno, secondo una tendenza altrettanto consolidata. La diminuzione è leggera (-5,3%) per la Sau, che sfiora i 985 mila ettari, più forte invece (-9,1%) per la Superficie agricola totale (Sat), che occupa circa un milione 228 mila ettari. La diminuzione di Sau, pari a ettari 54700 nel decennio considerato, pone la nostra Regione in una via di mezzo. Non è sprecona come la Liguria, che fa registrare una perdita secca di un terzo, ma perde superfici in misura superiore alla media nazionale. E’ interessante inoltre segnalare che il Trentino-Alto Adige, che godeva fama di essere la più incontaminata e rurale regione europea, mostra per la prima volta nella sua storia un appariscente cedimento delle superfici agricole e forestali.E’ opportuno rimarcare che la forte diminuzione della Superficie agricola totale si spiega con la contrazione dei boschi, che ne costituiscono l’elemento principale. I motivi per i quali questa perdita si rivela molto più pesante sono appresso indicati. Le aziende meno competitive sui mercati chiudono, cedendo parte della loro terra a quelle più efficienti, che ingrandiscono e fanno maggiori profitti. Tale cessione, tuttavia, riguarda essenzialmente i terreni coltivabili a scopi agricoli e non l’area complessiva dei terreni aziendali, perché questa ultima, in quanto espressione di un’agricoltura povera o di terre marginali, non è appetita dalle imprese che vogliono crescere, e quindi esce definitivamente dalla gestione agricola. Dove vanno a finire i terreni perduti dall’agricoltura e non più rilevati dall’Istat? Sono veramente, come si dice, “consumati” ad uso edilizio? In passato si credeva di sì, ma le immagini satellitari Landsat e le tecnologie di analisi delle emissioni termiche, capaci di “rivelare” la presenza di superfici artificiali, mostrano che l’urbanizzazione ha le sue colpe, ma non è la causa esclusiva di consumo dei suoli agricoli. Ad esempio, dall’indagine coordinata dall’Osservatorio nazionale (Primo Rapporto 2009), che fa riferimento ai dati acquisiti nell’ambito del Programma europeo Corine Land Cover, è lecito stimare che in Lombardia i suoli urbanizzati sono aumentati di ettari 38000 nel decennio considerato (alla velocità di ettari 3800 per anno), a fronte di una contestuale riduzione dei terreni agricoli di ettari 45000. Tenendo per buona la stima Istat sulla perdita di Sau, pari a ettari 54700, mancano all’appello ettari 16700. Le indagini dirette realizzate da Nomisma in collaborazione con la rivista “Vita in campagna” avvalorano l’ipotesi che questi terreni non sono scomparsi, ma hanno semplicemente cambiato proprietario (per compravendita o eredità), trasformandosi in hobby farming, che è una forma di agricoltura amatoriale o fai da te, attuata nel tempo libero da persone qualsiasi, che hanno la passione per la natura e il lavoro dei campi. Non è da escludere che una parte residua di terreni agricoli, soprattutto nei casi di imprese in gravi difficoltà (malattia o vecchiaia del conduttore, mancanza di eredi, emigrazione, ecc.), sia invece uscita dall’universo dei censimenti per totale abbandono, evolvendo verso forme di rimboschimento naturale.Si desume dall’insieme dei dati provvisori che le dinamiche sociali ed economiche tracciano destini diversi per l’agricoltura “professionale”. Sulla cementificazione incontrollata non mi stanco di denunciare che essa è il nemico principale dell’agricoltura, oltre che fattore scatenante delle alluvioni che stanno devastando il Belpaese. Quanto all’agricoltura amatoriale, sono dell’avviso che, nonostante i suoi apparenti vantaggi sociali ed economici, essa è palesemente una forma di destrutturazione e polverizzazione dell’impresa agricola.

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