Cambiare il decreto sull’energia

Molti sanno che l’Unione Europea ha adottato misure tese a contrastare i cambiamenti climatici e le emissioni di gas ad effetto serra, promuovendo fortemente l’uso delle energie rinnovabili. Tali obbiettivi sono definiti in “20-20-20” ovvero una riduzione del 20% delle emissioni (sul 1990), un risparmio energetico del 20%, una crescita del 20% dell’energia prodotta da fonti rinnovabili. Nel periodo 2006-2008 anche per queste ragioni, come Governo Prodi, incentivammo fortemente fortemente tali politiche energetiche: fotovoltaico e conto energia, agroenergie, idroelettrico, risparmio energetico (55% per la casa, motori, elettrodomestici, abolizione dei sacchetti di plastica-legge finanziaria 007, poi prorogato a gennaio 2001). Ricordo di aver fatto un seminario con il vice-ministro tedesco promosso dalla Camera di commercio di Roma: le distanze erano abissali, ma almeno il nostro Paese aveva scelto: si iniziava a “fare una politica”, seppur in enorme ritardo. Le forti incentivazioni sono state utili a far decollare il comparto che è andato controcorrente dentro una crisi recessiva: sono nate migliaia di imprese, altre si sono riconvertite, oltre 200 mila sono gli impianti per il fotovoltaico, oltre 50 mila i lavoratori neoassunti della filiera, mentre sono 120mila gli occupati diretti o indiretti del comparto. Questo processo avviene dentro un mutamento epocale: queste nuove tecnologie la cui innovazione è continua, stanno determinando una produzione dell’energia in modo diffuso e molecolare, che è l’opposto della produzione energetica centralizzata che abbiamo storicamente conosciuto ed è per questo che grandi Paesi (Germania, Usa, Cina ecc.) stanno investendo risorse rilevanti. La Germania, nel comparto, ha superato i 350 mila occupati e si pone l’obbiettivo di una produzione energetica al 100% con le rinnovabili nel 2050. Governo e Parlamento hanno recepito la direttiva europea 2009/28/CE attraverso il PAN, il Piano di Azione Nazionale per le energie rinnovabili per conseguire entro il 2020 la quota del 17% prodotta da energie rinnovabili (l’obbiettivo attribuito all’Italia) che dovrà essere ripartito fra le Regioni in un’azione coordinata e sistemica che superi l’attuale frammentazione dove ognuno agisce con un “fai da te” abbastanza confuso. Il decreto legislativo che attua tale direttiva è stato emanato il 3 Marzo 2011 e, nonostante indirizzi unitari espressi dalle commissioni parlamentari, esprime contenuti sbagliati e inaccettabili che, se non corretti, affosseranno il settore. Nel Decreto sono inserite assurdamente norme retroattive, incertezze sulle future strategie, l’anticipazione al 31 maggio 2011 della scadenza, inizialmente prevista al 31 dicembre 2013, del secondo Conto energia sul fotovoltaico; in tal senso è annunciato un nuovo Decreto da emanarsi entro il 30 aprile che, di fatto, blocca gli investimenti del settore e la sospensione dei finanziamenti del sistema bancario, norme confuse nel settore agricolo che pure deve essere disciplinato. Benché si debbano correggere le incentivazioni per impedire speculazioni, bisogna consolidare capacità di mercato offrendo certezze strategiche e normative alle imprese, fuori da “tetti produttivi” che inizialmente si volevano imporre. Tutto questo dopo uno scontro fra il Ministro delle attività produttive Romani e il Ministro dell’Ambiente Prestigiacomo, le proteste di tutte le Associazioni del settore, demonizzando le presunte “rendite” del comparto. La cifra realmente sostenuta nel 2010 per incentivare le rinnovabili è stata di 2,7 miliardi di euro, mentre alle fonti fossili dal 1992 al 2010 sono stati attribuiti fra i 40 e 50 miliardi di euro, compresi i finanziamenti del CIP6 (inceneritori assimilati alle rinnovabili), risorse bloccate dal Governo Prodi dopo la presa di posizione dell’Unione europea. Come non vedere la pressione di altri interessi, di settori che hanno sempre dominato le politiche energetiche? Anche nel Lodigiano vi sono stati in questi anni investimenti rilevanti, anche qui si sono mosse imprese ed artigiani, Agricoltori, Comuni, cittadini e famiglie ed è appena stato insediato un Distretto per le Agroenergie. Per queste ragioni è necessaria una adeguata pressione affinchè il Decreto sia cambiato. Il tema, ognuno lo comprende, va ben al di là di un pessimo Decreto. L’immane tragedia giapponese ripropone criticamente il rapporto con la scienza, il superamento di atteggiamenti “scientisti”,presunzioni irresponsabili, quanto di atteggiamenti anti-tecnologici. La comunità internazionale discuterà con serietà della tecnologia nucleare(che a me pare obsoleta) e lo farà anzitutto coi giapponesi impegnati, con grande dignità, in una grande prova di coraggio. Per ora è utile affermare che le tecnologie verdi e la green-economy sono il futuro, devono essere gestite bene, con intelligenza e responsabilità.

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