E’ la geografia, spesso, a fare la storia. Quantomeno la cronaca. E la cronaca degli abbordaggi alla Fortezza Europa – in realtà traversate sull’inquieto filo di mare che separa la speranza dalla morte – vede schierati su un fronte ambivalente (accoglienza? respingimento?) tutti i paesi mediterranei. Ognuno con la sua icona, il suo epicentro di sbarchi e di drammi. Per l’Italia è Lampedusa, isola-avamposto, scoglio ormai noto all’Europa intera. Per la Spagna, uno scenario caro alla mitologia degli antichi: lo Stretto di Gibilterra. Quasi tutti i giorni, persone provenienti dall’Africa subsahariana arrivano in Spagna attraverso il Marocco, sfidando l’impossibile. Accade dal 1991: in quell’anno Madrid firmò gli accordi di Schengen, aderendo all’Europa che concede libertà di spostamento a persone e merci secondo uno schema intra, ma non intercontinentale. Gli africani diretti verso la dirimpettaia Spagna, per turismo o lavoro, devono disporre di visto. Non sempre facile da ottenere. Quindi, si cerca l’alternativa. Oggi, vent’anni dopo, l’immigrazione continua a essere uno dei principali argomenti nelle relazioni bilaterali fra Spagna e Marocco. L’andamento degli arrivi non è funzione solo dei controlli militari: «Ogni volta che Madrid si riunisce con Rabat, diminuiscono gli sbarchi», commenta con discrezione un alto responsabile delle operazioni di monitoraggio nella zona dello Stretto. E i dati confermano che la diminuzione delle partenze dal Marocco sono proporzionali agli accordi o ai finanziamenti che la Spagna offre al paese del Maghreb.Mali, Senegal, Ghana, Ciad, Camerun, Ghinea, Niger, Costa d’Avorio, Algeria, Nigeria. Sono i principali paesi di provenienza. I marocchini sono un’eccezione: il regno di Mohammed VI, rispettando gli accordi con il vicino settentrionale, non permette che i suoi cittadini arrivino in Spagna senza visto. Per molti africani subsahariani, inogni caso, la prima meta è proprio il Marocco. Attraversare il Sahara non è facile: i viaggi possono durare mesi. E paradossalmente giungere alla costa sud dello Stretto di Gibilterra, risalendo il Marocco, non è garanzia di mettere piede in Andalusia. Bisogna potersi permettere la breve traversata. La permanenza in Marocco può durare anni. In Marocco prima c’erano vere e proprie organizzazioni che lucravano sulla gestione delle traversate in gommone. Oggi il sistema delle partenze è meno strutturato, per niente simile allo scenario delle migrazioni verso l’Italia. Alla nave o al grande gommone, si sostituisce spesso una barca gonfiabile da spiaggia. Più economica, ma molto più insicura e pericolosa. «Un pomeriggio, lungo la costa di Tangeri, si presenta un tizio che è in possesso di una barca gonfiabile. Avverte un altro dell’idea di attraversare lo Stretto, caricando ulteriori passeggeri. Costo del viaggio, 3-400 euro a persona. L’invito diventa un passaparola, una catena – riassume Iván Lima, capo logistico della Croce Rossa spagnola di Tarifa, il punto più a sud della penisola iberica, quello più vicino all’Africa –. Tutto può avvenire nel giro di una notte».È facile, dal Marocco, vedere la costa della Spagna. Sono solo 14 i chilometri che separano due continenti. «“Tranquillo, ci metteremo solo un paio d’ore ad attraversare questo fiume”: così chi progetta la traversata incita gli altri ad attraversare lo Stretto», racconta Juan Carlos D., marinaio della Guardia Costiera iberica. Ma quello che gli antichi definivano Colonne d’Ercole è un luogo geografico a cavallo fra mar Mediterraneo e oceano Atlantico: venti e correnti marittime vi si intensificano. Anche se 14 chilometri sembrano pochi, il pericolo di perdere la vita, cadendo in acqua da una barchetta gonfiabile, è altissimo. La pseudovicinanza inganna molti, fa balenare un futuro che rischia di non diventare mai presente. Eppure, pur non sapendo nuotare, il desiderio di una vita migliore, per sè e per i propri cari, spinge oltre chi non ha alternative.Sul piano legale, lo Stretto di Gibilterra è un canale internazionale, una “autostrada del mare” dove qualsiasi tipodi imbarcazione ha il diritto di transito. Stesse regole che in alto mare. Ma mentre pescherecci, navi da crociera, yacht, navi militari e petroliere navigano sull’asse est-ovest, gli immigranti sperano di farcela remando perpendicolarmente verso nord. Non c’è un profilo sociale univoco del migrante: agricoltori e poliziotti, medici, universitari e analfabeti, ingegneri e commercianti, maestri, professori e studenti, cristiani e islamici: tutti salgono sulle barchette. La fascia d’età più rappresentata è quella tra i 18 e i 45 anni, e non mancano donne e bambini. «Spesso puoi capire la loro formazione dai gesti più semplici. Riconosci un infermiere o un medico, quandovogliono curarsi da soli», commenta un volontario della Croce Rossa. A livello territoriale, lo Stretto di Gibilterra è diviso in due secondo precise regole cartografiche, dato che non è così largo da permettere a Spagna e Marocco di avere 12 miglia di mare territoriale a testa. Ma se dal punto di vista “autostradale” la gestione è condivisa, militarmente ognuno agisce nel suo margine operativo. L’eccezione riguarda le emergenze. Le competenze di soccorso di Rabatsono della Marina Reale, che opera solo in acque marocchine. Nel caso spagnolo, la competenza è assegnata a una società del ministero delle infrastrutture, denominata Salvamento Marítimo, la quale, a differenza dei vicini africani, può agire in tutto lo Stretto.I fluidi rapporti con il governo di Rabat e il fatto che la Guardia Costiera spagnola sia civile, e non militare come in Italia, fanno sì che la Spagna, al sud, si dedichi molto di più alle emergenze umanitarie che alla sicurezza, intesa come protezione delle frontiere. Per questo motivo l’agenzia europea Frontex è, in un certo senso, secondaria. Quelli che partono lo fanno di notte, per arrivare in Spagna prima dell’alba, così da non essere visti. La partenza dalle coste marocchine non è facile. La maggior parte delle barche gonfiabili sono pensate per 4-5 persone e invece non è difficile vedervi stipati, remi in mano, 9-10 migranti. Hanno paura e dopo alcuni minuti capiscono che l’altra sponda è tutt’altro che vicina. Poi subentrano i venti e solo nel migliore dei casi, con il Ponente, provenienteda Ovest, l’arrivo in Andalusia si fa più vicino, dopo 5-6 ore di traversata. Ma pochi hanno conoscenze marittime, e spesso finiscono nella direzione opposta, in rotta verso le Isole Canarie. Per fortuna la ridotta distanza fra le coste permette ai migranti, quando sono dispersi, di chiamare tramite cellulare e segnalare la loro posizione a Salvamento Marítimo. Che entra in azione insieme alla Croce Rossa Spagnola. Le persone che nel 2013 sono riuscite ad attraversare il canale internazionale, sperando una vita migliore,sono state 1.100. Il numero dei decessi, invece, non si saprà mai. La crisi economica spagnola non sta provocando razzismo e demogogia in eccesso, nel paese. Più ci si avvicina alle zone degli sbarchi, più si percepisce tra la popolazione uno spirito di comprensione. Una tolleranza quotidiana verso chi, lasciandosi tutto alle spalle e sfidando l’impossibile, rincorre l’opportunità di un’esistenza migliore. Attraversando una frontiera che divide Nord e Sud del mondo. E che fa della geografia il trampolino di nuove storie di vita.
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