Banda larga all’europea: un diritto?

La scorsa settimana è stata molto intensa per l’Europa della banda larga: prima la rinuncia della Commissione a legiferare per inserire nel servizio universale anche la banda larga e poi la decisione della Corte di Giustizia Ue che mette al bando le tecnologie di monitoraggio e filtraggio delle un diritto? Connessioni. Qual è la “via europea” alla banda larga? Mercoledì scorso la Commissione Europea ha annunciato che non adotterà alcun provvedimento volto ad introdurre il principio del servizio universale per la banda larga. La decisione giunge al termine di una lunga consultazione pubblica, avviata nel marzo scorso, che ha condotto la Ce alla conclusione che la strada non era praticabile “a causa - spiega una nota - delle disparità tra gli stati e dei potenziali costi in gioco”. Il servizio universale è un insieme minimo definito di servizi di determinata qualità disponibile a tutti gli utenti, a prescindere dalla loro ubicazione geografica e, tenuto conto delle condizioni specifiche nazionali, ad un prezzo accessibile.

La definizione dell’insieme minimo dei servizi compresi nel servizio universale è regolato dalle direttive europee e dalle normative nazionali: attualmente il servizio universale di telecomunicazioni comprende il servizio di telefonia vocale ed alcuni servizi accessori (es. la fornitura dell’elenco degli abbonati, i servizi di informazione abbonati, etc.).

La proposta della Commissione, dunque, mirava ad estendere questi servizi anche alle connessioni a banda larga, con l’obiettivo di offrire un accesso alla Rete a tutti i cittadini europei. Ma l’Europa ha dovuto fare un passo indietro, “voglio garantire che le regole del servizio universale portino reali benefici all’economia digitale – ha spiegato Neelie Kroes, commissario per l’Agenda digitale – e allo stesso tempo evitare l’imposizione di un onere sproporzionato per il settore o un’indebita distorsione del mercato”. L’accesso alla Rete è importante, ma non può (ancora) considerarsi un diritto universale.

Il giorno dopo la Corte di Giustizia Ue emette una sentenza che va nella direzione opposta. La Corte ha posto fine all’intricato caso che da sette anni vedeva opposti la Sabam, ovvero il corrispettivo belga di Siae, e l’internet provider Scarlet Extended (ex-Tiscali): oggetto del contendere l’obbligo imposto all’Isp di bloccare l’accesso ai file scambiati illegalmente dai propri utenti. Secondo la sentenza, il sistema di filtraggio previsto dalla Sabam viola la Direttiva Europea sul Commercio Elettronico poiché limita diritti fondamentali come la libertà d’espressione sulle nuove reti di comunicazione. L’accesso alla Rete è importante e deve considerarsi un diritto di rango superiore alla tutela del copyright.

Con la Digital Agenda l’Europa si è data degli obiettivi molto impegnativi: arrivare al 2020 con il 100% di copertura a banda larga con velocità di almeno 30Mega (oggi le Adsl viaggiano a 20Mega) e con il 50% delle famiglie con un abbonamento in fibra ottica ad almeno 100Mega.

Finora siamo molto lontani dalla meta come denunciano i dati della stessa Comunità europea: solo il 5% degli europei ha una connessione ad almeno 30Mega.

La domanda, dunque, è lecita: dove vuole andare (veramente) l’Europa?

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