Azione Cattolica, una scelta

L’8 dicembre, come avviene ormai tradizionalmente, l’Azione Cattolica vive la sua festa dell’adesione. È bello sottolineare anzitutto che si tratta proprio di una festa, a significare esplicitamente che la gioia del Vangelo, come afferma papa Francesco, “riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”. E l’Azione Cattolica vuole essere proprio un modo per incontrare e fare incontrare Gesù, in parrocchia e sulle strade delle nostre città, per dire a viva voce e testimoniare concretamente la bellezza di questo incontro che cambia l’esistenza. Lo facciamo con la scelta di associarci. Una scelta oggi profetica in quanto espressione della volontà di mettersi assieme e di crescere assieme. In un’epoca spesso segnata da lacerazioni e divisioni, l’Ac indica, nella sua semplicità, che è possibile unire, avvicinare, costruire assieme. In Azione cattolica camminano, fianco a fianco, collaborando tra loro, persone di tutte le età, con percorsi condivisi di formazione umana e cristiana. Associarsi, infatti, è qualcosa di diverso dal semplice aggregarsi. Associarsi parla di legami, di una rete di persone, di relazione, di dialogo.Lo facciamo con una scelta di libertà. La libertà di donne e uomini, ragazzi, giovani, adulti che liberamente, a partire dal loro sì a Gesù, e dalla loro appartenenza alla Chiesa di Dio, scelgono di impegnarsi insieme per la vita della Chiesa e della società, crescendo nella fede e in umanità. Una scelta di libertà di fronte alla comunità e per la comunità. Una libertà che accoglie i doni ricevuti e li sa mettere a disposizione dei fratelli. Persone che sanno che ogni dono ricevuto non può essere custodito tenendolo nascosto ma, al contrario, custodire un dono vuol dire metterlo in circolo, farlo conoscere, farlo crescere. Così è per il dono dell’AC: cresce se lo facciamo conoscere e apprezzare anche da altri, se la nostra libertà sa interpellare la libertà degli altri. Lo facciamo con una scelta di responsabilità. La responsabilità di persone che, avendo avvertito un appello, una chiamata del Signore, si sforzano di rispondere, si lasciano provocare, non sono indifferenti alle domande che provengono dall’intimo del cuore e a quelle che la vita e i fratelli ogni giorno ci pongono dinanzi. La responsabilità per l’annuncio del Vangelo, la responsabilità di continuare oggi a raccontare, con la vita, la grandezza e la misericordia di Dio. La responsabilità di continuare a offrire alle persone, alla vita della Chiesa, al nostro Paese un luogo di formazione globale che sappia incoraggiare e sostenere testimonianze cristiane autentiche. La responsabilità della vita quotidiana delle nostre comunità parrocchiali, dei nostri paesi e delle nostre città. La responsabilità che ci fa stare, fino in fondo, dentro i luoghi in cui siamo chiamati a vivere ma con lo sguardo e il cuore aperti al mondo intero, solleciti per la vicenda di ogni fratello. La responsabilità per questa nostra associazione, alla quale portiamo la sconfinata gratitudine di chi sa di essere stato accompagnato e sorretto nella sua crescita umana e spirituale e, proprio per questo, sa che non può far mancar a tante altre persone questa stessa grande opportunità di vita. Lo facciamo con una scelta di laicità. Nel solco di una vita di ormai quasi 150 anni, che ci consegna innumerevoli e limpide testimonianze di cristiani “robusti nella fede” e impegnati nella realtà secolare (pensiamo solo ai fondatori, Giovanni Acquaderni e Mario Fani, a Piergiorgio Frassati, Vittorio Bachelet, Armida Barelli, Carlo Carretto, Giuseppe Lazzati…), i soci di Ac vogliono essere cristiani che prendono in mano la propria vita, assumendosi precise responsabilità verso la Chiesa e la polis. L’Ac, cioè, se sceglie la Chiesa locale, inevitabilmente sceglie anche il territorio; pur vivendo la vita della parrocchia, esce dalle sue mura per andare incontro agli altri, intercetta le domande dell’oggi, perché riconosce come dono le situazioni in cui si trova, i luoghi in cui è presente, e soprattutto le persone che incontra.Lo facciamo con una scelta di speranza. La speranza di chi, liberamente, responsabilmente e laicalmente, mettendosi alla sequela del Signore e affidandosi a Lui, esce da se stesso, dalle proprie angustie e dalle proprie chiusure, per vivere esperienze ricche di dedizione agli altri. Questa è la grande scelta di speranza dell’Azione Cattolica: continuare a offrire, sulla scia della nostra antichissima tradizione e nella novità di questo tempo, alla Chiesa e al Paese, persone generose e disinteressate che si mettono a disposizione dei fratelli per far crescere formazione, impegno di carità, cultura, fede, vita buona secondo il Vangelo. Persone che non camminano da sole, ma sanno camminare insieme agli altri e imparano questo associandosi, sperimentando costantemente e tangibilmente il senso vivo dell’essere insieme che una vera esperienza di AC sa trasmettere. La vera speranza non è qualcosa di esclusivamente individuale, ma anzi si distingue perché è speranza per tutti. Possiamo fare nostre, quindi, le parole ancora attualissime di Vittorio Bachelet, che nel novembre 1971 scriveva: «Ciò che vi chiedo è di riflettere quest’anno con un’attenzione particolare all’impegno che l’adesione comporta di servire la Chiesa anzitutto dentro di voi, di servirla con i vostri fratelli più vicini al vostro ambiente di vita, di servirla nella vita parrocchiale nella vostra realtà diocesana, e di servirla nella sua realtà “cattolica”, dove vive a confronto con i grandi problemi dell’umanità intera. (…) Per questo l’Azione Cattolica ha bisogno di una larga partecipazione di giovani che nella autenticità della loro fede le diano la sensibilità delle cose che cambiano e la aprano al futuro; ha bisogno di una larga partecipazione di uomini e donne maturi che della ricchezza della loro esperienza cristiana facciano dono per la comune conversione e la comune assunzione di una seria responsabilità nella Chiesa»; ha bisogno di una larga partecipazione dei ragazzi che, con «la loro dignità di cristiani e la ricchezza del dono che fanno alla comunità, vivono una corresponsabilità attiva».

© RIPRODUZIONE RISERVATA