Attenti, arriva il preside (im)potente

«C’è poca scelta tra le mele marce» ci ricorda William Shakespeare. Un monito che si addice benissimo al dibattito aperto sul riconoscimento di un maggior potere che Renzi e il ministro Giannini vogliono riconoscere ai presidi. Tra i critici più illustri non può sfuggire lo scrittore siciliano Andrea Camilleri che non esita a sottolineare quanto «sbagliato sia dare tutto questo potere ai presidi perché ce ne sono di bravi e meno bravi». Sono d’accordo a metà. Innanzitutto direi che probabilmente non è esatto parlare di «potere» in mano ai presidi, come pure ritengo esagerato definire il preside un «manager». E vediamo perché. Partiamo dalla situazione attuale. A capo di un istituto c’è dunque una figura professionale, il preside, che risponde per tutti davanti a tutti.Però per prendere certe decisioni ancora oggi è tenuto a consultare i sindacati, a scorrere le graduatorie, ad assegnare le supplenze alla cieca, a non disporre direttamente di risorse economiche per incentivare il personale. Per spostare un bidello da una sede all’altra, ad esempio, se non addirittura da un piano all’altro dell’istituto, il preside deve concordare con i sindacati dei criteri che legittima la sua decisione. Per disporre degli incentivi destinati al personale, che sia docente o non docente, il preside deve passare da una contrattazione d’istituto che talvolta si trascina per mesi, la cui conclusione avviene, talvolta, per sfinimento di una delle due parti. Per assegnare una funzione a qualcuno il preside deve presentarsi sempre con il «cappello in mano» e sperare che la sua pietosa espressione possa colpire la sensibilità di chi ascolta. Per distribuire gli incarichi il preside talvolta, è chiamato a compiti di «giudice di pace», nel senso che deve mettere pace tra i contendenti che si accusano vicendevolmente di godere di speciali favoritismi. Intanto l’anno scolastico scorre tra un tribunale e l’altro davanti al Giudice del lavoro, al TAR per controversie sugli appalti, all’Avvocatura di Stato per definire le azioni a difesa, agli Avvocati che presentano ricorsi per conto di genitori arrabbiati per i voti bassi assegnati o per le sospensioni comminate ai propri pargoli. Ecco. Questo è il quadro, ridotto all’essenziale, del preside di oggi che il ministro Giannini vorrebbe investire con più poteri per i quali molti si sono scatenati. A mio modo di vedere non è questione di essere bravi o meno bravi, del resto non siamo nati tutti bravi o tutti meno bravi, è questione solo di riconoscere a chi è chiamato a rispondere dell’operato collettivo, di dare maggiori capacità organizzative e fra queste ci stanno anche la gestione del personale, delle risorse assegnate, dell’organizzazione del servizio, delle eventuali sperimentazioni didattiche. In fondo è questo il principio ispiratore dell’autonomia da anni riconosciuta, ma mai regolamentata. Pensare di trovarsi di fronte ad un ammasso di mele marce, vuol dire agire in una realtà scolastica classificata solo al ribasso, in una realtà fatta esclusivamente di basso profilo, e così si finisce con l’impedire a chiunque di esprimere un giudizio positivo. Se così fosse come potrebbe essere possibile, allora, puntare al meglio tra quelli che sono tutti scadenti? Perché scandalizzarsi sulla chiamata diretta del personale da parte del preside? Anzi. Personalmente avrei preferito la Giannini ancor più coraggiosa. Del resto questa chiamata diretta tanto diretta poi non è. Il preside, infatti, dovrà attingere da un albo territoriale che di fatto limita di molto la chiamata diretta. Avrei preferito che le cattedre o i posti liberi fossero messi a bando, lasciando tempo a chiunque di presentare domanda per poi selezionare il personale dopo un colloquio gestito da una commissione consultiva presieduta dal preside a cui va riconosciuta comunque l’ultima parola. Eppure questo disegno di legge, che dovrà passare dal Parlamento, sono sicuro che alla fine uscirà probabilmente annacquato. Si è già scatenato un temibile fuoco di sbarramento da parte di alcune forze politiche, alcune categorie professionali non esclusi i sindacati che si vedono esautorati del loro potere contrattuale. Questo sì che è un potere. Nella scuola di oggi i sindacati non dovrebbero avere un ruolo così condizionante. Loro sì che con un forte potere contrattuale limitano anche l’organizzazione scolastica che finisce per avere delle ricadute sia sulla didattica che sull’educazione dei ragazzi. Se per Camilleri è sbagliato dare così tanto potere ai presidi, per Roberto Ciccarelli, giornalista del «Manifesto» questa specie di potere è un «mix di neoliberismo e autoritarismo, un marchionnismo molecolare» che evidentemente rovina la festa. Trattasi della festa dei docenti che sia pur incapaci di insegnare vedono nelle graduatorie e nei punteggi la via tutelare che consente loro di rovinare i ragazzi; della festa che consente al personale ata (amministrativi – tecnici – ausiliari) di trovare nella scuola lo “sfogatoio” dei propri limiti professionali. Nossignore. Così non va. Con tutto il rispetto verso eccellenti personaggi come lo scrittore Andrea Camilleri, mi sento tuttavia di dire, dopo qualche decennio che ricopro il ruolo di preside, che lavoro accanto a docenti, non docenti, ragazzi e famiglie, le cui responsabilità vanno tutelate, la cui professionalità va riconosciuta, la cui gestione va garantita senza per questo essere diretta espressione di un «marchionnismo molecolare». Evidentemente Roberto Ciccarelli non ha mai messo piede in una scuola o non ha mai avuto la sfortuna di vedersi i figli (se ne ha) affidati a dei docenti casinisti e incapaci. «Il potere logora chi non ce l’ha» amava ripetere il grande Andreotti, ma noi presidi in tutti questi anni non siamo stati mai logorati dalle stupidate di certi docenti, dalle malefatte di un certo personale non didattico o dalle cretinate di certi miei colleghi che di tanto in tanto la cronaca consegna alla riflessione dei lettori. Noi presidi siamo una categoria speciale. Lavoriamo 45/50 ore alla settimana, guadagniamo mediamente 55 mila euro lordi all’anno con una detrazione fiscale che arriva al 47% (fonte “Corriere della Sera”), siamo chiamati, talvolta, in servizio anche nei giorni festivi e l’estate mentre gran parte delle persone sono ad abbronzarsi al mare davanti a un fritto misto o in montagna davanti a un piatto di pizzoccheri con patate, verze e formaggio fuso, noi dobbiamo predisporre gli atti per la chiusura di un anno scolastico, organizzare gli esami di riparazione e preparare l’avvio di un nuovo anno scolastico, il tutto condito con le classiche reazioni di genitori arrabbiati per i motivi più disparati, o con la pazienza di recarsi nei tribunali a difendersi da denunce ed esposti. Coraggio Ministro Giannini dia ancor più poteri al preside.

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