Assente per ora è la politica

In attesa delle elezioni in Grecia, previste per il 17 giugno, il primo turno delle legislative in Francia ha confermato l’esito delle presidenziali, indicando una prospettiva di stabilità. Per un (importante) Paese che sembra avere raggiunto un equilibrio politico per i prossimi anni, dobbiamo ricordare che i due maggiori dell’area euro-atlantica, gli Stati Uniti e la Germania, per non parlare dell’Italia, sono entrati ormai nella prospettiva delle elezioni, per cui le mosse dei vertici non potranno non tenere conto di questo dato fondamentale.Eppure la partita della stabilità, cioè la possibilità di metabolizzare la grande crisi in corso passa proprio anche per la stabilità degli assetti, con la connessa capacità di assumere decisioni di lungo respiro.E proprio questa – stabilità - sembra la parola chiave, per un’Europa ansiosa ed affannata, stressata dai dati sempre negativi di un’economia che sembra muoversi al ritmo quotidiano delle news, producendo ulteriore stress.Sono ormai mesi che le riunioni del Consiglio europeo – cioè del periodico vertice dei capi di stato e di governo - sono presentate come risolutive e cruciali. Con la conseguente delusione per i risultati, che non possono che essere parziali. In realtà, più che la decisione risolutiva di una riforma istituzionale, servirebbe anche qui la prospettiva di un percorso per arrivare a quel più di Unione e di Unione democratica, che serve con grande urgenza.L’apparato istituzionale e il processo decisionale europeo è stato fin da sempre caratterizzato da un complesso sistema di bilanciamenti, teso a salvaguardare tutti gli attori statali e tutti i livelli di tecnostruttura e di rappresentanza di interessi.Oggi, di fronte alla svolta della globalizzazione, con l’emergere delle grandi aree macro-regionali, che aveva portato alla creazione della moneta unica come grande riferimento mondiale, è tempo di prendere le decisioni conseguenti. Certo si sconta con tutta evidenza l’assenza di un dibattito politico europeo, di forze politiche europee, in grado di dare corpo a istanze sovra-nazionali. L’Unione resta una “società di stati”, con buona pace delle generose spinte federaliste. Ma come tale ha l’obbligo di funzionare al meglio. Bisognerà aspettare che la crisi tocchi non solo i “meridionali”, ma anche i Paesi dell’Europa centrale e settentrionale?Basta guardare ciascuno nel proprio portamonete per scoprire pezzi che provengono da tutta Europa. L’euro è un fatto culturalmente ormai non reversibile. Conseguentemente sono proprio i cittadini a dovere reclamare, concordemente, al di là dei confini degli Stati, che da questo punto di vista sono stati aboliti, che sia gestito adeguatamente, al meglio.E’ questa la grande questione politica oggi, per l’Europa. Ed è ancora e sempre una questione di democrazia. Che in fin dei conti è il vero, grande tema, che sta sotto alla crisi. E ai suoi esiti, che forse proprio per questo ci appaiono ancora incerti.

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