Asl e ospedali, cinque interrogativi

Nelle ultime settimane sulla stampa locale ed in altri contesti sono apparsi articoli, prese di posizione e pronunciamenti su alcune importanti scelte che stanno o potrebbero concretizzarsi a breve: completa incorporazione della BPL nel Banco Popolare, abolizione o ridefinizione del ruolo della Provincia (con la conseguente cancellazione di Camera di Commercio, Prefettura, uffici distaccati dello Stato, ecc.), scomparsa del Provveditorato agli Studi ed altro ancora fra cui la recentissima comunicazione che la centrale operativa del 118 di riferimento per il nostro territorio sarà quella di Pavia. Le logiche e le intenzioni che sottendono a tutto ciò, condivisibili o meno, globalmente o in parte, mirano a razionalizzare le risorse, evitare gli sprechi, accrescere la funzionalità. È vero? Non peggioreranno invece le cose? Persone con competenze specifiche e comuni cittadini, nei giorni scorsi hanno espresso pareri, pro e contro, con contributi pubblici che animano il confronto, aiutano a discernere ed a capire meglio.

Non vogliamo in questa occasione entrare nel merito, ma solo trarre spunto per una riflessione sull’assetto sanitario provinciale e lo facciamo con una domanda che è allo stesso tempo una provocazione: sono necessarie, o meglio ha un senso continuare ad avere, nel Lodigiano, un’Azienda Ospedaliera ed un’Azienda Sanitaria Locale separate?

Ci sembra, a fronte di quanto sta avvenendo per gli altri ambiti ed istituzioni sopra citati, che non porsi la domanda sarebbe un colpevole silenzio verso una scelta politica regionale che ha imposto due Aziende per la sanità in una piccola provincia, con una decisione a suo tempo contrastata e mai condivisa da molti, in particolare da tantissimi tecnici del settore, medici ed infermieri.

Come non evidenziare una certa schizofrenia, per altro diffusa nella politica attuale: da una parte si sceglie con una logica, dall’altra si prendono decisioni completamente opposte.

Ancor più grave però, è il voler convincere (e se non si è più che attenti ci si casca) che tutto è voluto per il bene comune, salvo poi scoprire che ciò, al massimo, altro non è che un corollario!

In Lombardia, unica regione in Italia, il modello sanitario contempla le Aziende Ospedaliere, che erogano le prestazioni e le ASL che acquistano le medesime.

Da qua è conseguita la scelta di istituire in ogni realtà regionale, senza alcuna distinzione, due aziende gestite separatamente, con due direzioni, una rigorosa separazione delle sedi, degli uffici, del personale tecnico e sanitario e, per alcuni aspetti, in concorrenza fra loro.

Dopo alcuni anni è lecito chiedersi se ciò ha prodotto buone cose o se invece, soprattutto nelle piccole realtà provinciali come la nostra, prevalgono gli aspetti negativi determinati dalla divisione fra ospedale e territorio.

Solo alcuni punti su cui riflettere:

1. La duplicazione, in particolare dei vertici (Direttore Generale, Amministrativo e Sanitario) e di alcune Unità Operative tecnico-amministrative, rappresenta un costo che non appare giustificato per una popolazione di 200.000 abitanti, con la sottrazione di importanti risorse economiche destinabili alla cura diretta dei pazienti.

2. Garantire un continuum di assistenza al malato, fra ospedale e territorio, è spesso più problematico. La separazione delle Aziende impone ai medici ed agli infermieri un supplemento di motivazione e di fatica nel “prendersi cura” del paziente in ogni momento e situazione della malattia.

3. A livello istituzionale non esistono momenti di incontro e di confronto fra coloro che, sul campo, dentro e fuori l’ospedale, lavorano ogni giorno per l’ammalato che è unico e sempre la medesima persona. Anche le relazioni informali fra sanitari sono diventate più difficili.

4. Esistono fondati dubbi che il modello lombardo, non favorisca l’attiva collaborazione fra le direzioni strategiche dell’ASL e dell’Azienda Ospedaliera. Particolare enfasi è riservata a chi fra i direttori ottiene la migliore valutazione, anche perché ha avuto la meglio nella competizione fra Azienda Ospedaliera e ASL, dimenticando che il problema vero è verificare se sono stati realizzati progetti comuni per migliorare globalmente l’assistenza.

5. Infine, manca qualsiasi possibilità di indirizzo, controllo e verifica di Provincia e Comuni sull’operato dell’Azienda Ospedaliera. Solo per l’Azienda Sanitaria è infatti prevista la Conferenza dei Sindaci che, doverosamente, non dovrebbe mai abdicare ai propri compiti. Per gli ospedali, invece, nulla!

Pur consapevoli dei danni provocati in passato da diverse Amministrazioni comunali, per difendere localismi senza alcuna razionalità, riteniamo inammissibile che un direttore generale non debba minimamente rendere conto del lavoro svolto, a chi governa il territorio in cui gli ospedali sono ubicati e costituiscono, da generazioni, un patrimonio dell’intera comunità.

Come dicevamo, su questi ed altri temi, auspichiamo un dibattito serio ed aperto, da parte di tutte le persone di buona volontà che, a vario titolo, desiderano esprimersi: dirigenti aziendali, medici, infermieri, amministratori comunali e cittadini comuni.

Se su alcune questioni di fondo si verificasse un’ampia convergenza di opinioni, perché non richiedere dal basso, con forza, il cambiamento o la revisione di decisioni e scelte regionali, con l’unico scopo di offrire servizi sanitari migliori alla popolazione?

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