Arrivò un fulmine a ciel sereno

Il 20 febbraio, in edicola, lo speciale a un anno dalla diagnosi del paziente 1

,È passato quasi un anno da quel terribile 20 febbraio 2020. Quando a Codogno venne diagnosticato il primo caso di Coronavirus del mondo occidentale e il paziente 38enne Mattia Maestri, ricoverato, in gravi condizioni, dalla medicina alla rianimazione, divenne per tutto il mondo il paziente 1.

Il 20 febbraio di un anno dopo il «Cittadino» sarà in edicola con uno speciale, nel quale cercherà di affrontare una riflessione su come la vita della popolazione in questo periodo sia stata ribaltata. Ad essere stato ribaltato però, è anche il nostro sistema sanitario.

La pandemia, infatti, ha messo in evidenza la capacità degli operatori della sanità di scendere in campo oltre il dovuto, tanto da guadagnarsi da parte dell’opinione pubblica quella definizione, alla maggior parte di loro tanto invisa, di “eroi”, ma ha messo in luce anche la debolezza di un sistema sanitario fatto a pezzi da anni di tagli e riduzioni. È vero che si è trattato di un evento eccezionale, ma i dubbi restano.

Le numerose vittime della pandemia, più di 900 ad oggi (morte con Covid), nel nostro territorio, stando solo ai numeri ufficiali, sono solo la conseguenza di un virus aggressivo e sconosciuto che ci ha travolti per primi, in modo inaspettato? Oppure avremmo dovuto essere pronti, come dice David Quammen nel suo libro?

Un rapporto di Wwf Italia ha effettuato uno studio nel quale ha concluso che molte delle malattie emergenti, come il Coronavirus, sono conseguenza di comportamenti umani sbagliati tra cui la deforestazione, l’inquinamento, il commercio incontrollato di specie selvatiche e l’impatto dell’uomo sugli ecosistemi.

A parte questo, gli ospedali si sono scoperti sguarniti di posti letto in rianimazione, senza ventilatori di scorta, senza ossigeno e soprattutto senza personale. Sono arrivati gli operatori sanitari dagli altri paesi, sono arrivati da Cuba e dall’Albania, sono stati inviati i medici senza frontiere, i militari dell’esercito. A furia di chiudere le iscrizioni all’università e far mancare i fondi per le scuole di specialità ci siamo trovati senza dottori.

I medici di medicina generale, una categoria altrettanto in sofferenza, sono stati lasciati allo sbaraglio. Per giorni il presidente dell’ordine dei medici di Lodi Massimo Vajani ha lanciato appelli perché lui e i suoi colleghi erano senza dispositivi di protezione individuale. In altre regioni, come in Emilia Romagna, i medici di medicina generale erano attrezzati con gli ecografi per fare diagnosi di polmonite interstiziale al domicilio delle persone. Limitando così gli accessi in ospedale dove i contagi erano elevati. Molte persone avrebbero potuto essere curate a casa, anche da noi, invece, di essere inviate in Pronto soccorso.

La riforma sanitaria in questi giorni in discussione in Regione dovrebbe riportare al centro il ruolo dei medici di medicina generale. Il Covid non ha cambiato le cose. L’hanno dimostrato le proteste durante la campagna anti influenzale prima, i pazienti volevano essere vaccinati, ma i vaccini, consegnati ai privati, ai medici di famiglia non arrivavano, e durante la vaccinazione anti Covid, ora. Il Pronto soccorso di Lodi, e ne è una prova la giornata di ieri, continua ad essere preso d’assalto da malati che potrebbero andare a farsi curare dal loro medico di medicina generale. Era così in epoca pre Covid ed è così ancora adesso che il virus sta circolando e circola con tutte le sue varianti, più contagiose e letali.

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