Arriverà un segnale ai mercati?

Dall’incontro a tre a Strasburgo fra la cancelliera tedesca Merkel, il presidente francese Sarkozy e il premier italiano Monti nessuno poteva attendersi risultati risolutivi per la crisi economica e finanziaria nella quale l’Europa naviga da troppo tempo. Ma di certo l’allargamento del “direttorio Ue” al terzo paese – per grandezza e importanza – della zona euro può lanciare un segnale rilevante ai mercati: la politica torna in campo. Non che siano finora mancati tentativi di politica economica in sede comunitaria per arginare la recessione, ridare stabilità ai conti pubblici e influire sull’economia reale; ma ora che sotto l’attacco degli stessi mercati rischiano di trovarsi i due giganti continentali, ossia Germania e Francia, il tempo delle mediazioni, dei negoziati e dei tentennamenti è proprio finito. E la presenza dell’economista ed europeista Mario Monti a Strasburgo va nella giusta direzione.

In queste ore rimane invenduta una bella fetta di titoli di Stato della Germania, mentre il loro rendimento è andato oltre il 2%. Nel frattempo i titoli francesi rendono il 3,6%, quelli spagnoli lievitano al 6,5 e addirittura quelli italiani marciano verso il 7%. L’Europa tutta appare in affanno, anche perché crescono i rendimenti dei titoli di paesi più solidi sul piano dei conti pubblici, come Paesi Bassi, Regno Unito o Svezia. L’euro nel frattempo resta debole. Sono segnali inequivocabili.

È altrettanto vero che, pur in frangenti drammatici come questi, non bisogna perdere di vista i dati che riguardano l’economia reale (a cominciare dal Pil, che però non è incoraggiante), e occorre continuare a credere nella possibilità di risposta congiunta rappresentata dalla governance europea, della quale si è fatto paladino il presidente della Commissione, Barroso, spalleggiato dall’Europarlamento. Il pacchetto di misure indicato il 23 novembre dall’Esecutivo procede in tale direzione: coordinamento delle politiche economiche e - magari – fiscali, road map per il rigore dei bilanci statali e per la crescita (ovvero investimenti), varo degli eurobond, rafforzamento del fondo salva-Stati (Efsf), attenzione doverosa alla dimensione sociale della crisi e all’occupazione.

L’incontro di Strasburgo, dunque, rappresenta un messaggio politico e al contempo deve inserirsi nell’iter per dar corpo alla governance in sede Ue. Un nuovo vertice Eurozona è infatti fissato per la prossima settimana e un Consiglio dei capi di Stato e di governo dei 27 è atteso per il 9 dicembre.

Pur tra passi avanti, ripensamenti (soprattutto tedeschi e dei paesi del nord Europa) e nuovi slanci, si sta finalmente facendo largo l’idea che l’interdipendenza delle economie Ue e le pressioni esercitate sul vecchio continente da economia e finanza globalizzate, richiedono risposte congiunte. Altre strade non ce ne sono e oggi lo ammettono anche voci rimaste finora tiepide se non su posizioni opposte. Servono risposte anzitutto economiche e finanziarie, che prefigurano peraltro un rinnovato e più convinto processo di integrazione politica, che le Chiese europee hanno richiamato varie volte nelle ultime settimane. Una Europa unita, capace di tenere insieme e valorizzare le differenze, rispettando le specificità culturali e sociali nazionali, è una meta che, oggi più che mai, si configura come necessaria.

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