Andà a goga e magoga con... Marco Polo

Proseguiamo il nostro «andare» con un’espressione curiosa propostaci da Pierluigi Cappelletti su queste stesse pagine: «andà in goghna e magoghna». Bisogna rifarsi a “Gogh e Magogh”, termini che vengono da molto lontano e che hanno trovato accoglienza in numerosissime parlate locali, dove appaiono in diverse forme: goghna, gogla, goghena, oga e migoga e così via. Nel Grande Dizionario della Lingua Italiana troviamo «andare in Goga e Magoga» - attestato fin dal 1600 - nel senso originario di ‘andare in un paese lontanissimo, inospitale’ (più o meno come il nostro «a ca del diaul»); e «a Goga Magoga», ossia ’senza capo né coda’. Ma procediamo con ordine. Secondo il racconto del profeta Ezechiele (Antico Testamento, cap. 38-39) il principe Gogh era il sovrano della terra di Magogh. Nel libro dell’Apocalisse, Gogh e Magogh invece sono due popoli numerosissimi e terribili che, guidati da Satana, sarebbero arrivati dal nord per saccheggiare e distruggere Gerusalemme. In epoche successive, diversi racconti e leggende hanno identificato queste genti spietate negli Sciti, negli Unni, nei Tartari, nei Mongoli, e il paese di provenienza si è trasformato di volta in volta da luogo selvaggio e sterile a terra ricca e fertile. Nel Milione, Marco Polo colloca “Gogo e Magogo” nella regione del “Tenduc”, fra Cina e Mongolia. Nell’immaginario popolare “Gogh e Magogh” hanno finito poi con l’indicare qualcosa di favoloso, eccezionale, fuori dalla norma in tutti i sensi.Ad esempio, in alcune aree del nostro Settentrione - Lodigiano compreso - la parola gogo indica un individuo ‘strano’, ‘goffo’, ‘stupido’, ‘ignorante’ ecc. Fra i significati di “fare” o “andare in goga e magoga” troviamo invece ‘divertirsi, fare baldoria, gozzovigliare’ (Lombardia, Piemonte); ‘gongolare’ (Lombardia, nord dell’Emilia); ‘fare confusione’ (Piemonte orientale). In alcune zone dell’Emilia, gogamagoga sta per ‘abbondanza di cibo’. Questo diffuso senso di “paese della cuccagna” lo troviamo anche in “fà goghetta” registrato nel milanese antico, e nel moderno “a gogo”, ‘in abbondanza’, che ci ricorda il trani della canzone omonima di Giorgio Gaber.L’allegro frastuono dei festeggiamenti dev’essere però arrivato anche all’orecchio dei nostri cugini francesi che quando c’è da divertirsi non si tirano certo indietro. Appena varcato il confine possiamo infatti imbatterci ancora oggi in qualcuno “en goguette”, cioè ‘un po’ su di giri’ per aver alzato troppo il gomito, risalente ad un antico gogue (‘gioia, letizia’), che fra la sua spensierata discendenza annovera goguette (la goghetta del milanese d’antan), goguenard (‘burlone’) e un tipo sempliciotto, ingenuo, detto familiarmente (esattamente come da noi) gogo. A ulteriore conferma di quanto l’allegria sia contagiosa, anche a Parigi “abbonda” l’espressione “à gogo”, con lo stesso nostro significato di ‘a volontà’, in specie di cibo, bevande o altre piacevolezze. E vi troviamo anche, seppur disusata, “Oga Magoga”, definita come “località molto lontana”. Alcuni di questi termini sono apparsi in quella lingua tre secoli prima che da noi, mettendo quindi in dubbio la direzione del “contagio”.Nel Lodigiano, l’espressione «andà in goga e magoga» non esprime il senso di ‘abbondanza, divertimento’ che abbiamo visto nei dialetti vicini, ma quello di ‘andare in malora’, ‘dilapidare’, ‘finir male’, più prossimo al significato originario. Ma, a ben pensarci, è proprio qui che si finisce quando ci si lascia sedurre da chi ci promette un “paese di Bengodi”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA