Allegri, gli scienziati sbagliano

La teoria di Albert Einstein è salva e possono dormire sonni tranquilli tutti gli scienziati che finora hanno dato credito a lui e ai suoi calcoli. Compresi coloro che lavorano al Cern di Ginevra e che cinque mesi fa avevano annunciato una scoperta sensazionale: i neutrini viaggerebbero a una velocità superiore a quella della luce, finora ritenuta insuperabile. Dopo l’inevitabile clamore suscitato dall’annuncio, le reazioni del mondo scientifico si sono correttamente concentrate intorno alla verifica di tutti i parametri dell’esperimento dall’esito rivoluzionario. E proprio i test di controllo hanno permesso di rilevare un problema tecnico che ha falsato sensibilmente i dati, inducendo gli esperti – pur in buona fede – a una conclusione errata. La scienza procede per prove ed errori, quindi non può stupire il fatto che su una scoperta di questo genere si sia dovuta fare marcia indietro.

Mediaticamente parlando, la rettifica da parte degli stessi ricercatori che hanno effettuato l’esperimento in oggetto ha ottenuto visibilità per un giorno, in rari casi è finita in prima pagina e ha suscitato reazioni limitate sui giornali, in tv e perfino online. È evidente la grande sproporzione rispetto alla copertura che testate informative e spazi di approfondimento avevano dedicato qualche mese fa al clamoroso annuncio.

In quell’occasione tutti i principali quotidiani avevano dedicato all’argomento un ampio spazio in prima pagina e in quelle centrali, proponendo dei veri e propri dossier e cercando, non sempre con efficacia, d’illustrare alla platea mondiale i contenuti dell’esperimento. Delle numerose voci di scienziati, esperti, filosofi, fisici, sociologi e commentatori vari che si erano sprecate allora, stavolta non è stata registrata alcuna traccia.

L’argomento era ed è caratterizzato da un’innegabile notiziabilità e altrettanta – per il sacro principio dell’equivalenza informativa – avrebbe dovuto averne l’ammissione dell’errore nella direzione di un ripristino della verità dei fatti. Ma la vocazione spettacolare da parte dei media in generale e (paradossalmente) delle testate informative in particolare detta legge più di qualunque altra regola. È netta l’impressione che il basso profilo di questi ultimi giorni sull’argomento sia determinato dalla volontà di non deludere l’affezionato pubblico prima ancora che la comunità scientifica.

Fra i media e la scienza c’è un’attrazione reciproca che spesso è più potente della forza di gravità. Il mondo scientifico è un serbatoio inesauribile di notizie, siano esse generate da dati comprovati, da nuove sperimentazioni, da semplici ipotesi o da inverosimili utopie. Anzi, più cresce la distanza fra la realtà dei fatti e le possibili deviazioni dalla norma, più aumenta in parallelo la possibilità di solleticare la curiosità popolare (con conseguenti benefici in termini di diffusione o di ascolti).

Dal canto loro, gli scienziati non vivono soltanto rinchiusi all’interno dei propri laboratori, ma sono anch’essi abitanti a pieno titolo del villaggio globale che i mezzi di comunicazione hanno costruito e rendono ogni giorno più avvolgente. Dato che uno degli annosi problemi della scienza moderna è il reperimento di fondi per finanziare la ricerca – gli esperimenti richiedono ingenti investimenti – un po’ di clamore mediatico può essere un veicolo pubblicitario per sollecitare non (sol)tanto i governi quanto qualche ricco mecenate a stanziamenti economici in tal senso.

Anche per questo, a differenza di quanto accadeva nel periodo d’oro della scienza classica, quando prima di annunciare una scoperta passava un lungo tempo dedicato a prove e controprove (e i mezzi di comunicazione non avevano l’odierna immediatezza nel rilanciare le news), oggi gli scienziati non disdegnano di solleticare l’attenzione popolare attraverso i media anche quando hanno in mano semplici ipotesi, ancora tutte da dimostrare.

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