Al lavoro per salvare l’autonomia

Arrivano segnali importanti sulla necessità di avviare un confronto serio sulle riforme, fuori dalla retorica dell’antipolitica e lontano dagli slogan e dalla facile demagogia che in questi giorni hanno colpito le Province. Sono curioso di vedere se il Parlamento ne saprà approfittare o se invece ci si limiterà a dire che le Province costano. Un argomento, quest’ultimo, che appare assai limitativo: tutte le istituzioni costano, il problema è se servono. Alla Costituente si era pensato che la creazione delle Regioni avrebbe reso superfluo le Province. Ma poi non fu così, anzi l’esperienza successiva ha condotto piuttosto a un progressivo rafforzamento delle funzioni del livello di governo provinciale. Le Regioni sono enti che fanno leggi, le Province sono enti amministrativi, enti intermedi tra Regioni e Comuni, rappresentano la propria comunità, ne curano gli interessi, ne promuovono e ne coordinano lo sviluppo, presidiano vaste aree intercomunali e l’intero territorio di riferimento nei settori della difesa del suolo, della difesa dell’ambiente, dei trasporti, dello smaltimento dei rifiuti, dell’istruzione secondaria di secondo grado, oltre alle attività di programmazione. Se pensassimo di sopprimere le Province chi dovrebbe svolgere queste funzioni? Non credo che possano essere attribuite ai Comuni. No. Le Province come enti intermedi sono indispensabili. Certo, può essere approfondita la forma di governo delle Province, che potrebbe essere riformata con il coinvolgimento diretto di sindaci e consiglieri regionali e con la ridefinizioni degli eventuali confini o l’individuazione di aree territoriali omogenee.Ma dopo la recente proposta che il Governo ha presentato con la nuova manovra economica non credo sia corretto stare in silenzio e non intervenire.In contatto costante con Giuseppe Castiglione – che è insieme presidente dell’Unione Province Italiane e presidente della Provincia di Catania - stiamo lavorando affinché per le riforme delle autonomie locali si parta dalle proposte già presentate in Parlamento e non con l’attuazione dell’ultimo decreto, che peraltro abolisce solo alcune Province italiane.Sia chiaro. Non si tratta di una difesa esclusiva della nostra Provincia, ma di una questione di principio e di buon senso: o si aboliscono tutte le Province e si attua una vera riforma degli enti locali o non si pensi di eliminarne a piacimento solo alcune.Il presidente Castiglione, sollecitato anche dai nostri interventi e da quelli di altri presidenti di Provincia, dopo il provvedimento del Consiglio dei Ministri si è reso disponibile a riunire mercoledì prossimo a Roma i vertici dell’Upi, per stabilire il piano di azione per contrastare gli interventi contro la riduzione delle Province e contro i nuovi tagli delle risorse.Del resto, anche la Costituzione pone delle perplessità sul procedimento proposto dalla nuova manovra: ricordo infatti che l’articolo 133 della Carta stabilisce che i mutamenti delle circoscrizioni provinciali nell’ambito di una Regione siano determinati con leggi della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la stessa Regione. Non si può quindi pensare di cambiare l’assetto istituzionale del Paese con un decreto legge. Tanto più che in questo momento in Parlamento ci sono proposte di legge presentate da maggioranza e opposizione che vanno nella giusta direzione, spostando la competenza delle modifiche delle circoscrizioni provinciali dallo Stato alle Regioni. Noi riteniamo che proprio questa sia la strada da percorrere, con l’attribuzione alle Regioni della facoltà di definire un nuovo assetto del territorio, legando strettamente questo processo alle decisioni dei Comuni.Lo ha confermato manifestando il suo disappunto anche il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, a cui ci uniamo nel sostenere la possibilità concreta di modificare la recente manovra economica.Il ruolo degli enti locali tra cui le Province è anche indispensabile per contrastare oggi più che mai la crisi economica che stiamo affrontando e rilanciare la crescita. Lo stiamo dimostrando anche a Lodi con le attività che in questi anni abbiamo condiviso insieme alla Camera di commercio e alle parti sociali. Le Regioni, le Province e i Comuni da soli mettono insieme oltre il 60% degli investimenti pubblici nel Paese. Nei bilanci degli enti locali ci sono risorse che possono essere subito utilizzate per contrastare la crisi e rilanciare gli investimenti, a cui si devono aggiungere necessariamente le risorse che il sistema privato - le banche e le imprese - possono immettere nel circuito virtuoso dell’economia se si individuano bene le priorità e si cambiano le regole del patto di stabilità. Credo quindi che oggi non si tratti di dover abolire le Province, semmai avviarne un percorso di riforma serio, ad esempio limitando e impedendo che ne nascano sempre di nuove e piccole (come le otto che hanno diviso la Sardegna). La proposta parte da qui, proseguendo poi con l’istituzione delle Aree metropolitane in sostituzione delle Province come nel caso di Milano, con funzioni più ampie rispetto alle attuali (processo previsto ormai da dieci anni e rimasto fermo inspiegabilmente). Per poi concludere con una riflessione su Regioni che oggi hanno meno di 300.000 abitanti, diverse Province a carico e ovviamente con caratteristiche evidenti che interpellano un’azione di riforma.Sono convinto che sia giusto, se poi vogliamo parlare di stipendi degli amministratori provinciali, usare cifre veritiere: 4.000 amministratori costano 113 milioni di euro mentre 900 parlamentari ne costano più del triplo, ovvero 416 milioni di euro. Avrei preferito che nel decreto della nuova manovra economica si fosse dato avvio alla immediata riduzione di 250 deputati e 150 senatori (partendo ovviamente dalle prossime elezioni). Ma questo è destinato a rimanere un sogno, perché mi pare francamente improbabile che il Parlamento faccia leggi che possano penalizzare gli stessi legislatori. Un sogno, certo, cui però sono affidate le reali attese di tutti gli italiani.

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