Agricoltura, che batosta dall’Europa

Caro direttore, ha aperto in questi giorni la 221esima edizione della Fiera di Codogno, kermesse importante per il mondo agricolo, ma anche per la nostra comunità lodigiana. 221 anni, infatti, sono la miglior testimonianza che la Fiera, con i suoi riti e le sue liturgie, è molto di più di un semplice convegno di agricoltori, essa è da due secoli la rappresentazione profana di quel legame con la terra e gli animali su cui si è formata in origine l’identità di questo territorio. Nonostante i cambiamenti, puntuale la Fiera riannoda i fili del mondo rurale, tenendo insieme tradizione, cultura e folklore, uomini e bestie. La scorsa settimana mentre si ultimavano i preparativi della Fiera, a pochi passi da Codogno, a Cremona, si teneva il Primo Forum dell’agricoltura, una sorta di stati generali del settore, a cui ha partecipato anche l’ormai ex ministro Saverio Romano. Durante il Forum sono stati delineate le prospettive dell’agricoltura in vista dei cambiamenti della Politica Agricola Comunitaria (PAC). Il mese scorso, infatti, il Commissario europeo Dacian Ciolos ha avanzato la proposta di riforma della PAC che così come si presenta è per la Lombardia, ed il Lodigiano in particolare, quanto di peggio potevamo attenderci.In uno scenario di minori risorse complessive destinate all’agricoltura europea nel prossimo futuro (-12%), si inserisce la proposta della Commissione che prevede una riduzione significativa dei contributi per gli agricoltori italiani. Dagli attuali 4.024 milioni di euro si passerebbe a regime a 3.842 milioni, una perdita secca per i produttori di quasi 200 milioni di euro. Il nostro Paese che contribuisce per il 13% al valore della produzione agricola europea riceverebbe così soltanto il 9% degli aiuti diretti erogati dall’Unione. Ma quel che è peggio, secondo uno studio dell’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (Ismea), applicando criteri di regionalizzazione, la distribuzione a livello territoriale degli aiuti creerebbe differenze colossali tra una regione e l’altra. La Lombardia rischia una riduzione del 44% degli attuali contributi medi (attualmente a livello nazionale 300 euro/ettaro), a fronte di regioni come la Valle D’Aosta o il Trentino Alto Adige che vedrebbero aumentare il contributo medio ad ettaro rispettivamente del 550% e del 408%! Tra le regioni danneggiate anche il Veneto, (- 44%) e la Puglia (-32 %). Al di là della puntualità del dato è la tendenza, il risultato complessivo, che ci deve far riflettere. Si tratta di una penalizzazione inaccettabile, che colpisce le agricolture intensive e ad alto valore aggiunto come la nostra. Colpisce i produttori “veri”, quelli che contribuiscono a rendere disponibile la gran parte del cibo che consumiamo oggi.Il sistema indicato, poi, valorizza la superficie agricola quale unico parametro, senza dare alcun rilievo alla produzione e al lavoro. A beneficiare di questa proposta sarebbe pertanto la proprietà fondiaria: una misura che favorisce la rendita e non le imprese agricole.Inoltre, l’impianto proposto dalla Commissione per gli aiuti diretti burocratizza notevolmente le procedure e aumenta gli oneri a carico dell’impresa. Sono previste ben sei tipologie di pagamenti diretti e un nuovo regime di vincoli ambientali (“greening”), quest’ultimo impone agli agricoltori di diversificare le colture e di destinare una parte delle superfici ad elementi paesaggistico/ambientali. Una misura che se applicata in modo rigido come previsto oggi rappresenterebbe una perdita di competitività per le aziende, oltre che un costo non indifferente.Già oggi i nostri agricoltori devono affrontare la progressiva erosione della propria quota di valore all’interno della filiera (a tutto vantaggio dell’industria alimentare) e una concorrenza internazionale sempre più aggressiva, a queste problematiche la proposta della Commissione per la PAC non fornisce risposte adeguate a tutela della competitività del settore.L’interesse nazionale, ma anche lombardo e del Lodigiano, è quello di garantire la sostenibilità dell’impresa agricola a stare sul mercato, attraverso un’adeguata integrazione del reddito. Anche sfruttando meglio quelle opportunità che già ci sono, ad esempio le agroenergie, tema discusso e fino ad oggi non governato adeguatamente. Non possiamo permetterci di far chiudere altre aziende: un capitale di professionalità, del saper fare, che una volta disperso non si ricostituisce più. Fortunatamente siamo davanti ad uno scenario ancora aperto, che può modificarsi nel corso del negoziato a Bruxelles, il questo senso il governo Monti dovrà avere la capacità di difendere le esigenze dell’agricoltura italiana (sia al Parlamento che al Consiglio europeo), che sono le stesse di altri grandi paesi, come la Francia. L’appuntamento annuale della Fiera di Codogno costituisce, dunque, ancora una volta, un’occasione importante di dibattito all’interno del mondo agricolo lodigiano sui questi temi essenziali per le aziende. I nostri agricoltori chiedono di poter mantenere la loro tradizionale forza competitiva e la possibilità di avere reddito, di continuare in parole semplici a fare il loro lavoro. E’ una richiesta che riguarda tutti, non solo gli agricoltori. Ci riguarda perché l’agricoltura è anche bene pubblico per la propria comunità, lo è in particolare per la nostra, che ne è storicamente figlia.

L’intervento del consigliere regionale Pd del Lodigiano Fabrizio Santantonio, nei giorni della Fiera agricola di Codogno

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