Adesso metti il tatuaggio nel paniere

Il costo per un tatuaggio è stato inserito dall’Istat nel paniere dei prezzi per le indagini sui consumi. Questo è un segnale della diffusione sociale di una pratica fino a poco tempo fa estremamente circoscritta, che ora s’ipotizza sulla spesa di una famiglia media.Viene da chiedersi il motivo di un coinvolgimento così rapido di molte persone, specialmente a chi vede il tatuaggio come un marchio sulla pelle, a volte stonato.Si calcola che in Italia ci siano oltre 7 milioni di persone tatuate. Non ci sono limiti di età la moda richiama giovani, adulti e anziani. Le incisioni sul corpo, alcune vere e proprie opere d’arte, sono di tutti i tipi dal nome della squadra del cuore sull’avambraccio alla farfallina sulla caviglia, dalla data del primo bacio a quella della nascita del figlio, dal drago sulla spalla al fiorellino sul polso. In una società dove tutto passa veloce e si mischia in un vortice confuso del passato. Sembra quasi che molte persone vogliano imprimersi qualcosa a vita per poter dichiarare l’esistenza di un punto fermo. Il tatuaggio in una società d’identità leggere e senza memoria, che tende a rendere la vita delle persone instabile e fluida, diventa un segno sulla carne per comunicare qualcosa. Almeno così sostengono quelli che si tatuano, quando spiegano che “quel giorno ero proprio felice e volevo ricordarmelo” oppure “quella ragazza mi aveva lasciato, quel delfino mi ricorda che non è possibile tornare indietro” e ancora “questi sono i nomi dei miei figli”. Il corpo diventa una vetrina di immagini per raccontare qualcosa di sé, forse più a se stessi che agli altri.Tatuarsi non è più un gesto anticonvenzionale che esprime una protesta, ma un utilizzo del proprio corpo per indicare con una voce flebile la propria presenza. Questa moda diventa indicatore di una sofferenza nel rapporto con il nostro corpo: incidersi la pelle per decorarsi esprime un modo per descrivere con l’immagine una propria dimensione interiore. Se prima i tatuaggi potevano indicare una voglia di ribellione verso il mondo, oggi diventano una modalità di espressione, che da originale sta diventando omologante.Al proposito scrive su “La Civiltà Cattolica” il gesuita padre Francesco Occhetta che “la sfida è invece quella di trovare un equilibrio che richiede un duplice ethos: vedere la persona nel e al di qua del semplice corpo, l’ethos di chi si offre allo sguardo richiede di presentarsi non come un simulacro – pura apparenza – ma come soggetto. È questa una delle sfide culturali: ritrovare equilibrio tra l’immagine soggettiva del proprio corpo e quella oggettiva che si riflette nello sguardo del proprio mondo relazionale”.

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