Adesso basta con la scuola delle levatacce

«Non multa sed multum» ci ricorda Plinio il Giovane per ricordarci che nella vita non occorre affannarsi per fare molte cose, ma impegnarsi per far bene quelle cose che già si sanno fare. Non c’è locuzione che non possa esprimere meglio di qualsiasi altra ciò che ben si adatta a descrivere il pensiero di Yvan Touitou, accademico di Francia, riguardo a una problematica scolastica molto sentita da genitori e insegnanti: il tempo scuola. E’ un problema che per certi versi tiene sulle spine soprattutto gli insegnanti chiamati ad aggrapparsi ad un’infinita pazienza per restituire equilibrio alla vivacità dei ragazzi prima di cominciare una lezione. Direttamente correlato a questo problema c’è anche l’altro che non consente ai ragazzi di riposare nei tempi giusti per ritrovare energia adatta a sostenere gli sforzi e le attenzioni nella mattinata scolastica. In sintesi, qualche giorno fa, il professor Touitou ha affermato che è praticamente inutile, se non addirittura dannoso, pretendere le levatacce dai ragazzi pur di raggiungere la scuola in orario mattutino quando per mattutino intendiamo le ore otto. Per l’accademico francese i ragazzi hanno bisogno di riposare molto di più di quanto non lo facciano già e allora le lezioni dovrebbero cominciare molto più tardi. E’ come dire che non è la quantità delle ore destinate alle lezioni a garantire un rendimento scolastico, quanto l’attenzione che i ragazzi prestano alle lezioni e questa è più alta se sono più riposati. Il ritmo biologico, quindi, si presta meglio di qualunque altra soluzione ad adattare il calendario delle lezioni. In molti paesi europei si è andati oltre il tradizionale orario scolastico di stile ottocentesco come il nostro. In Francia, Inghilterra, Germania, Finlandia tanto per citarne alcuni, l’orario delle lezioni ha subìto una vera e propria rivoluzione organizzativa. Le lezioni iniziano più tardi e si prolungano con attività laboratoriali nel pomeriggio. Le vacanze sono meglio distribuite in più giorni per più periodi e non concentrate in un unico periodo come da noi (tre mesi estivi). Molto spazio viene dato alle arti, alla tecnologia e allo sport. Da noi ad ogni tentativo di simili cambiamenti si alzano le barricate. Rivedere orari e articolazioni delle lezioni diventa un’operazione difficile se non impossibile. In Francia. ad esempio, le materie cosiddette «pesanti» si svolgono al mattino, quelle ritenute più «leggere» vengono collocate al pomeriggio. Da noi già il solo fatto di distinguere le materie tra «pesanti» e «leggere», viene ritenuto un tentativo discriminatorio di dividere gli insegnanti tra «importanti» e «meno importanti» a seconda che la lezione si svolga al mattino o al pomeriggio. Eppure la realtà oggi si presenta con continui cambiamenti esponenziali a tal punto che continuare a concepire una scuola, come la nostra, strutturata su un modello sostanzialmente ottocentesco, non è più possibile. Con la «Buona Scuola» si comincia a parlare, finalmente, di scuola aperta al pomeriggio fino a sera. Bisognava avere più coraggio e si doveva riconoscere più autonomia fino a condizionare le scuole a nuovi orari strutturali, a nuove impostazioni del tempo scuola, a finanziare nuove proposte sperimentali che passino da un diversa concezione dell’organizzazione scolastica onde eliminare quei lacci e lacciuoli che ancora oggi condizionano pesantemente il tempo scuola. Paul Kelley, collega di un college inglese, sicuro che una diverso ritmo di vita avrebbe consentito un miglior rendimento nello studio, già dal 2010 ha rivoluzionato l’orario delle lezioni della sua scuola. In buona sostanza ai suoi studenti è consentito entrare più tardi nelle classi, con ritmi organizzativi differenti tra mattina e pomeriggio e con uscita ritardata, lasciando spazio nel pomeriggio a materie più «leggere», ad esercitazioni di laboratorio e ad attività ludiche. I risultati gli hanno dato ragione. Nel suo istituto si è registrato, negli ultimi anni, un netto miglioramento in quanto a rendimento scolastico oltre a un accresciuto livello di interesse tra i suoi studenti. Ora non dico di prendere ad esempio Anassimene con le sue lezioni notturne sul monte Kebalk nei pressi di Mileto per consentire ai suoi allievi di studiare meglio l’astrologia, io al massimo porterei i miei ragazzi sulle colline di San Colombano per meglio osservare le stelle, ma impegnare gli studenti anche pomeriggio e sera non sarebbe poi una stranezza. Oggi i ragazzi, per fortuna, vivono in una realtà ricca di stimoli che possono, se sapientemente valorizzati, offrire un notevole contributo per la scoperta di valori e conoscenze. La scuola contemporanea è una scuola digitale che può trovare una serena famigliarità con la tecnologia, un motivo in più per dare non contenuti, ma conoscenze e un insegnante non come figura autoritaria, ma come soggetto depositario di valori morali e competenze didattiche. I cambiamenti in atto, se non siamo attenti, rischiano di portarci verso una scuola distratta o disattenta dove il reale e il virtuale si confondono con frequenza. Le nuove tecnologie impongono nuove dinamiche in fatto di apprendimento e queste ultime dovranno necessariamente articolarsi su nuovi ritmi di vita, su nuove fasi di studio e di concentrazione alla base dei diversi cicli dell’esperienza di studio. Il problema non è solo ripensare a un nuovo ritmo scolastico, ma è anche quello di rivedere metodi didattici e approcci relazionali, di utilizzare al meglio la tecnologia a disposizione, di coordinarci con i ritmi biologici e cronobiologici che scandiscono, oggi più di ieri, il ritmo di vita di giovani e adulti. Bisogna gestire diversamente la giornata scolastica che da faticosa e portatrice di sbuffi e sbadigli, potrebbe essere vissuta da tutti nella scoperta delle nuove opportunità relazionali e nuove metodologie innovative. Bisogna rivedere convinzioni e principi consolidati nel tempo, ma che hanno fatto il loro tempo. La scuola è scoperta, è amore per la conoscenza, ma è anche rispetto dei tempi diversi perché così si riesce a gestire con più equilibrio sentimenti ed emozioni, stanchezza e stress, tensione e concentrazione, tutte variabili che condizionano l’attività di apprendimento. Qui più che il tempo c’entra una diversa visione che si ha degli adolescenti. Sentite, a tal proposito cosa dice Albert Einstein: «Non ho mai insegnato nulla ai miei studenti; ho solo cercato di metterli nelle condizioni migliori». E ti pare poco!

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