Abbandoni, la scuola non deve fallire

Con l’avvio di un nuovo anno scolastico puntualmente si ripresentano, come un rituale collaudato, i soliti problemi: girandola di supplenti, studenti pronti a scendere in piazza, docenti che fanno la voce grossa, sindacati che preannunciano scioperi, presidi arrabbiati. Sembra di leggere un copione vecchio dove tutti sono contro tutti. Eppure in questi giorni un problema piuttosto serio, che non rientra nel rituale annunciato, è passato sotto silenzio anche se a farlo presente è stata “Save the Children”, un’organizzazione internazionale molto nota per il compito che si è assunto, ovvero quello di difendere i diritti dei bambini. Nell’ambito del programma «povertà educativa», infatti, “Save the Children” ha sottolineato ancora una volta come preoccupante sia da noi il fenomeno dell’abbandono scolastico. I dati raccolti da questa Organizzazione sono alquanto inquietanti. E’ appena il caso di ricordare che in Italia il fenomeno dell’abbandono è ancora molto diffuso giacché dai dati riferiti al 2013 emerge che 110 mila alunni non sono andati oltre la terza media, evitando qualsiasi proposta formativa del biennio delle superiori. E’ come dire che quasi il 20% dell’intero corpo studentesco, non completa il percorso dell’obbligo scolastico, facendo perdere ogni traccia. Cosa che lascia dell’amaro in bocca al sol pensiero di ricordare le ingenti risorse e le svariate strategie che il Ministero già da anni mette in campo per contrastare questo triste fenomeno. Scendendo nel particolare il dato percentuale più critico arriva dalla Campania dove si segnala una dispersione scolastica locale che supera di poco il 22%. Una situazione imbarazzante che mette in allarme non solo le organizzazioni non governative, ma anche e soprattutto le nostre istituzioni che vedono così vanificare tutti gli sforzi protesi a circoscrivere e ridimensionare un triste fenomeno sociale che ci vede, nostro malgrado, ancora ai primi posti nelle classifiche europee. C’è da chiedersi perché mai al sud e soprattutto in Campania il fenomeno della dispersione persiste ancora senza che una qualche soluzione possa essere in grado di cambiare ogni negativa tendenza. L’analisi sembra essere piuttosto complessa e legata alla condizione di degrado ambientale di intere sacche geografiche dove le condizioni sociali non riescono a trovare un’alternativa di vita a quella già presente o dove i minori sono considerati delle vere e proprie risorse lavorative vieppiù domestiche necessarie alla sussistenza del nucleo famigliare. Territori dove la legalità è solo una mezza parola senza un particolare significato; territori dove ad assumere un ruolo di privilegio è la criminalità organizzata, la sola in grado di porsi con attenzione nei rapporti relazionali, di offrire una certa serenità economica frutto di traffici illeciti gestiti da oscure organizzazioni malavitose eppure ritenute più credibili delle istituzioni statali, tra cui la scuola, viste o sentite lontane da ogni speranza di riscossa sociale. Che tristezza! In questo nauseabondo sottobosco culturale nasce e prolifica l’abbandono scolastico visto come non un ostacolo alla realizzazione dei progetti di tanti ragazzi, ma al contrario come un’opportunità alternativa disgraziata, ma tollerata in nome della comprensione del degrado sociale in cui versano intere famiglie. Molti sono i fattori di rischio che finiscono con l’incidere significativamente sul percorso scolastico di moltissimi minori. La strada viene preferita alla scuola perché più vicina alle aspettative di tanti ragazzi alla ricerca di certezze di vita che la scuola non riesce o non è in grado di dare. Quella strada dove l’alleanza con gruppi ambigui e pericolosi si sostituisce all’amicizia con compagni di classe con cui condividere particolari esperienze progettuali; quella strada dove patti scellerati e violenti sono ritenuti primari e perciò preferiti ai “patti educativi e formativi”. Tutto questo è preoccupante perché trova riscontro nell’opportunità offerta ai ragazzi di trovare l’opportunità di realizzare la propria occasione di vita regolata da regole non scritte, ma accettate in quanto espressione e patrimonio di un ambito che fa della microcriminalità, vera piaga sociale, il trampolino di lancio per allontanare il gruppo dalla povertà sociale diretta emanazione della disoccupazione. E qui il discorso si complica e si allarga a dismisura. La scuola ha la sua responsabilità in questo triste panorama che non descrive solo un quadro di degrado sociale. La scuola, aperta all’attenzione delle tante situazioni di degrado educativo, sociale, ambientale e famigliare, si mostra incredibilmente in difficoltà nel dare adeguate riposte in ambito formativo che per sua natura è chiamata, invece, ad offrire. Ma, in questo, spesso la scuola fallisce forse perché fa fatica a vedere la verità o semplicemente perché gli insegnanti preferiscono evitare di cercarla. Ciò, infatti, impegna molto sul piano personale e professionale e allora è meglio volgere l’attenzione dall’altra parte dove lo scenario è meno complesso, meno impegnativo, più semplice da gestire. Scelte come questa mettono la scuola nella condizione di continuare a fallire là dove, invece, dovrebbe riuscire a dare risposte adeguate ed efficaci. Lo scenario che si presenta è molto articolato dal momento che bocciature o abbandoni in itinere, ripetenze, interruzioni, irregolarità di frequenza delle lezioni, disadattamento scolastico, ritardi cognitivi non sono altro che i diversi modi di fallire. Come scrive Aristotele «è possibile fallire in molti modi, mentre riuscire è possibile in un modo soltanto». La scuola questo lo sa. Ciò che non sa o che non vuol sapere è ignorare l’importanza di cercare all’interno del sistema didattico quella necessaria progettualità didattica da contrapporre agli aspetti critici forieri di insuccesso formativo. In sostanza si tratta di utilizzare al meglio risorse professionali per affrontare con sicurezza ciò che realmente si presenta agli occhi del docente. Se è vero che i docenti sono gli unici responsabili dell’insuccesso scolastico di un allievo, è altrettanto vero che la scuola ha il dovere di ripensare su come fare a rimuovere quelle criticità o debolezze che si frappongono al raggiungimento del successo formativo di ciascun allievo. Per questo se si vuole affrontare con determinazione il triste fenomeno della dispersione, occorrono risorse e investimenti non solo annunciati, ma anche concretizzati con atti amministrativi e finanziari reali e coerenti con la complessità del nostro sistema scolastico.

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