A scuola tornano le sculacciate?

C’è in giro una voglia matta di menar le mani e guarda caso ad essere presi di mira sono sempre loro: i più piccoli. La cosa più preoccupante è che a parlare di queste rinnovate prospettive educative(?) non sono, guarda caso, i genitori nostalgici dell’olio di ricino o delle cinghiate al popò, ma le stesse istituzioni pubbliche. A aprire gli interessi su questo argomento è stata l’Inghilterra con un ritorno di fiamma vittoriano imperniato sul concetto di «punizione ragionevole», come dire che i genitori sono autorizzati legalmente a menar le mani sui figli purché lo si faccia con «ragionevolezza». E qui nasce il problema. Chi stabilisce qual è il giusto livello di «ragionevolezza»? Tanto per essere più precisi, ai genitori di sua maestà è concesso lisciare il sederino dei bambini purché non si colpiscano «la testa, gli occhi e le orecchie». Commovente! Ma che sensibili questi inglesi! Per fortuna lasciano liberi i bambini di spremere le meningi, di vedere e di sentire. Quale afflato regale c’è in questo limite! Come sono umani gli educatori di sua maestà. Ma se ai discendenti dei Beatles sono assicurati gli organi sensitivi, non così per i figli delle Giubbe Rosse canadesi che oltre alle giubbe di rosso avranno anche il culetto. Nell’Ontario, infatti, la Corte d’Appello ha sentenziato che i genitori o gli adulti appartenenti al nucleo famigliare e gli insegnanti possono sculacciare i bambini dal momento che, considerato il ruolo educativo di cui sono investiti, la punizione corporale rientra tra «le opportunità di assolvere alle loro responsabilità». In questo caso non si parla di ragionevolezza, ma di opportunità da cogliere a volo, resa legale e feconda a sostegno di un efficace sistema educativo. Per i canadesi, evidentemente, il freddo delle pianure del nord va affrontato con il caldo sederino procurato dalle sculacciate. Ma la ciliegina sulla torta arriva dagli Stati Uniti. Ha fatto il giro del mondo la notizia di una deputata americana del Kansas, al secolo tale Gail Finney, che di recente ha presentato un disegno di legge in cui le sculacciate vengono ad assumere un necessario mezzo educativo. E fini qui nessuna novità di rilievo. Siamo in linea con gli interventi registrati in alcuni altri Paesi. Ma ciò che lascia profondamente perplessi è la minuziosa descrizione che viene fatta sul tipo di punizione corporale da infliggere ai piccoli ribelli. La punizione, infatti, deve puntare a lasciare tracce sul «sederino che deve essere ben arrossato» (sic!) se si vuole dare credibilità all’intervento punitivo. Stiamo parlando di uno Stato americano dove era già permesso sculacciare, senza che alcuna definizione ne determinasse metodi, stili, limiti o ragioni. Ma ora con questo nuovo intervento legislativo, si dettano nei minimi particolari il livello di punizione e le tracce che la stessa dovrebbe lasciare sul «sederino» se si vuole essere incisivi nell’atto educativo. «Quello che propongo – dice la Finney - è dare una chiara definizione di ciò che è permesso, senza autorizzare pugni, botte o colpi. Questi sono considerati un abuso su minori». Bontà sua. E non è finita. La signora Finney, peraltro madre e nonna, va sempre più nel dettaglio quasi a suggerire, a genitori e maestri, un consiglio operativo tale da rendere efficiente il devastante e temuto impatto tra il culetto del monello e le mani demolitrici di chi è chiamato a colpire. Sentite come entra nei particolari. «Sarebbe cosa proficua al fine di ottenere qualche risultato sculacciare il sederino di un bambino per un massimo di 10 volte di seguito a palme delle mani aperte». Secondo me la signora Finney avrà trovato spunto nella raccomandazione di Ippocrate che a tal proposito, nei casi di freddezza sessuale, raccomandava di colpire le natiche possibilmente con un fascio di ortiche per rendere la punizione più incisiva. Non so se mi spiego. Qui siamo alla follia. Si suggerisce, addirittura, di percuotere un sederino per almeno dieci volte per dare efficacia all’intervento punitivo. Non vorrei essere nei panni dei nipotini della signora. Poveri sederini. A mio avviso stiamo di fronte a un esempio di «perversione manesca». Ma è mai possibile che simili iniziative possano trovare credibilità pedagogica addirittura in ambienti istituzionali come può essere un Parlamento. E non mi si venga a dire che è la solita americanata. Può anche essere così, ma non è possibile offrire spazi di credibilità a un’iniziativa che, sia pur legislativa, non ha nulla di educativo. Posso capire la sculacciata che, in quanto tale, fa parte dell’affermata cultura nazional-popolare del «quando ci vuole, ci vuole». Una prassi che rientra sicuramente nel novero delle iniziative educative lasciate gestire direttamente dai genitori a fronte di singoli e isolati episodi che possano rientrare in un rapporto educativo vissuto come parte integrante delle responsabilità che ogni genitore ha verso i propri figli. Ma che ora dobbiamo anche leggere che le istituzioni di alcuni Paesi siano impegnate a trovare la «ragionevolezza», o a dettare precise regole operative ritenute esemplari per raggiungere un determinato livello di «rossore poporino» educativamente ritenuto giusto ed efficace, mi pare che si stia esagerando. Evidentemente con queste idee il messaggio che si vuol far passare è quello di far capire ai «bambini terribili» che un comportamento sbagliato porta a conseguenze spiacevoli. Ma attenzione. E’ stato dimostrato che un simile criterio, assunto a sistema (colpire per educare), non fa altro che aumentare l’aggressività dei piccoli soprattutto in età preadolescenziale. Certo qualche sculacciata sul sedere a cui tutti i genitori prima o poi ricorrono non ha mai fatto male a nessuno. Anch’io da piccolo, sapendo di meritarle, ne ho prese all’occasione e anche con qualche attrezzo tanto in uso nel secolo scorso, talvolta, sono finito persino «in ginocchio sui ceci», che poi, mangiati con la pasta, ho scoperto essere un ottimo legume, eppure sono cresciuto senza traumi né obnubilazioni mentali. D’accordo, altri tempi quando la pedagogia era scambiata per una pomata dei piedi. Ora però si rischia di esagerare pur conoscendo bene il rapporto tra educazione e punizione.

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