Si sa che durante gli ultimi giorni di scuola i ragazzi tendono ad esagerare «in parole, opere ed omissioni», dicono ciò che non devono dire, fanno ciò che non devono fare, omettono di studiare. E siamo al dunque. Ciò che ha fatto uno studente di quindici anni dell’ITIS «Caramuel» di Vigevano fa discutere non poco. Succede che un ragazzo, preso da chissà quale idea malsana, durante la momentanea assenza dell’insegnante, prende il crocifisso appeso alla parete dell’aula e lo appende fuori dalla finestra, aiutandosi con mezzi e strumenti artigianali improvvisati. Lo stravagante gesto gli costa caro. Il Consiglio d’Istituto, infatti, esaminata la relazione del Consiglio di Classe delibera per una sospensione superiore a quindici giorni, mentre il Consiglio di Classe, per quanto di sua competenza, probabilmente lo boccerà con il cinque in condotta. Una ragazzata, per il preside, molto di più di una semplice ragazzata per i docenti. L’intemperanza giovanile unita a un pizzico di incoscienza forse non gli ha consentito di riflettere sul gesto compiuto. Dal punto di vista educativo resta comunque la necessità di un intervento deciso e necessario. E’ un episodio che segue di solo pochi giorni quanto accaduto a Terni dove un ragazza di dodici anni all’uscita da scuola, viene aggredita da un compagno di classe perché indossa una collanina con il crocifisso pendente al collo. Il tempestivo intervento della mamma riesce a scongiurare il peggio. Rimane poco chiara la motivazione del gesto. Di altro tenore quanto accaduto la scorsa settimana all’Istituto Tecnico «Fratelli Rosselli» di Castiglione del Lago in provincia di Perugia dove un’intera scolaresca ha ricevuto un richiamo disciplinare dal preside per aver disegnato un crocifisso sulla parete. Un gesto giustificato dal fatto che in quella classe nessuno si era mai preoccupato di appendere un crocifisso alla parete. E questo nonostante più volte richiesto dagli stessi ragazzi. Ma a fronte di una richiesta inevasa, loro il crocifisso hanno pensato bene di farselo in casa. A pochi giorni dalla fine dell’anno scolastico hanno disegnato sulla parete e non per ripicca di quanto non concesso, ma semplicemente perchè «volevamo solo il crocifisso in classe» come hanno tenuto a precisare. Una motivazione semplice quanto disarmante. Per il capo d’istituto il richiamo è un atto dovuto. C’è di mezzo una parete «imbrattata» da ritinteggiare e mancano i soldi per farlo. Intanto il crocifisso disegnato è ancora là e probabilmente per il prossimo anno scolastico starà ancora là. Fossi il preside di questo istituto valorizzerei l’opera disegnata sul muro alla pari di un’opera estemporanea frutto della vena artistica del gruppo classe. Bravi i ragazzi! Fossero questi i problemi di una scuola. Evidentemente non così per gli Agnostici che continuano a manifestare la loro contrarietà sulla presenza del crocifisso nelle classi. Un dibattito che non finirà mai almeno fino a quando non smetteranno mai di farsi sentire il solito docente infastidito da quella «ingombrante» presenza o il solito ragazzo dedito a quelle definite dal mio collega «ragazzate» o ancora il solito genitore che non perderà mai la speranza di vedersi riconosciuto, da qualche giudice, il «diritto laico» di rappresentanza religiosa nelle scuole. Per qualcuno alle pareti accanto al crocifisso andrebbero appesi i simboli di altre religioni. Come si vede non passa anno scolastico che non ci si imbatte nell’annoso problema del crocifisso nelle classi.Che sia un genitore o un insegnante o un ragazzo rimane il fatto che il crocifisso nelle scuole suscita da sempre perplessità, risentimenti, atteggiamenti oltraggiosi, iniziative legali, rivendicazioni. Per dirla in parole povere il crocifisso è sinonimo di tensioni e contenziosi. Quando frequentavo le elementari ricordo che la mattinata, prima dell’avvio delle lezioni, cominciava con il segno della croce e le preghiere. L’Ave Maria e il Padre Nostro erano una consolidata consuetudine. A Pasqua, poi, c’era la messa di precetto riservata agli alunni. Sono anni troppo lontani dai nostri. Allora non avevo compagni di classe con il nome di Mohamed o di Aisha, di Abdul-Salaam o di Kaishu. Oggi è diverso. Le nostre classi sono un fermento di presenze asiatiche, arabe, orientali, africane. Il mondo è entrato nelle classi e con esso sono entrati usi e costumi, credenze religiose e tradizioni, culture e saperi. E’ proprio vero. La diversità è l’odierna ricchezza culturale. Le credenze religiose meritano il massimo rispetto. Tuttavia nelle nostre scuole le preghiere non si recitano più, i presepi mettono a disagio anche chi tollera con pazienza, la messa di precetto a Pasqua per gli studenti non è più legittima, i crocifissi creano problemi, i canti delle tradizioni cristiane suscitano rivendicazioni altrui. C’è addirittura chi arriva a mettere la questione nelle mani dei giudici, sperando di trovare nelle interpretazioni delle norme ragioni contrastanti mai assopite. Ma Lui è lì, paziente e benigno, appeso o disegnato alla parete che cerca di trasmettere il significato della sua presenza. Messo lì forse per caso o per arredo, sopportato o desiderato, difeso o combattuto, strapazzato o lodato. Una posizione, la sua, estremamente felice. Da lì ne vede di tutti i colori e ne sente di tutti i generi. Probabilmente aspetta solo che si diano tutti una calmata e ragionino sul significato della Croce. Intanto però è bene riflettere sulle stupidate che si compiono. E’ questione di educazione e di rispetto delle altrui idee siano esse laiche o confessionali. Il rispetto delle persone e delle idee è uno dei valori non negoziabili su cui la scuola deve farsi attenta educatrice. Dunque bene fa il consiglio di classe dell’ITIS «Caramuel» di Vigevano a considerare un’eventuale bocciatura dell’alunno con il cinque in condotta. La stupida iniziativa presa dal ragazzo non può essere considerata una ragazzata, semplicemente perchè tale non è. Una ragazzata è tale solo se compiuta con troppa faciloneria. E se qualcuno a quindici anni compie gesti senza riflettere, è bene allora che venga educato alla riflessione. «C’è nel mondo troppa faciloneria» - ci ricorda Bertrand Russel - «perché si agisce spesso senza adeguata riflessione». E allora educhiamo questi ragazzi ad essere responsabili delle proprie azioni. Costi quel che costi.
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