A lasciare l’Italia siamo noi italiani

Una solida provincia del Nord industriale, dove in certi Comuni l’immigrazione straniera ha superato il 10% degli abitanti residenti. Gli uffici anagrafe che, in questi anni, hanno sempre registrato una continua crescita di residenti. Salvo nel 2011: di stranieri non ne arrivano più (non erano gli italiani a incrementare la popolazione) e, soprattutto, chi già abita qui sta preparando le valigie o è già tornato al Paese d’origine. Altra storia: signora srilankese che vive e lavora in Italia da oltre venticinque anni, sempre in regola anche se part-time. È arrivata l’età della pensione, 65 anni abbondanti. L’assegno Inps non toccherà i 400 euro mensili. Smetterà di lavorare a novembre, sta già preparandosi a tornare nella sua terra. Per forza di cose: con 400 euro al mese in Italia non riesce a campare nemmeno il mago Silvan. Con grande dispiacere: lascerà qui le due figlie – italianissime di fatto – e i nipoti. Anche loro alle prese con la difficoltà di arrivare a fine mese.Effetti di una crisi economica che colpisce appunto gli strati sociali più deboli – è lapalissiano che i ricchi se la caveranno – e, tra i più colpiti, ci sono proprio gli stranieri arrivati qui a cercare fortuna. La Fondazione Ismu, in una freschissima ricerca, “fotografa” il momento: un immigrato su dieci è intenzionato a tornare al proprio Paese entro un anno. Stiamo parlando di circa 150 mila individui, ma lo stillicidio sta silenziosamente andando avanti da mesi. E stiamo parlando di “extracomunitari”, perché bisognerebbe mettere nel conto le decine di migliaia di rumeni – perlopiù impiegati nell’edilizia – che hanno già caricato tutto nei loro furgoni per il viaggio di ritorno. Sono proprio i muratori i più coinvolti dall’operazione reimpatrio. Un lavoro lo sanno fare, e qui l’edilizia è in stallo quasi totale. Poi ci stanno gli “sbarcatori di lunario”, quelli che si arrangiavano con lavoretti vari ora spariti o diventati molto interessanti pure per italiani disoccupati e cassintegrati. Un fenomeno che coinvolge addirittura settori snobbati per molti anni dai lavoratori italiani: l’agricoltura (sempre meglio guadagnare 50 euro al giorno nelle attività di raccolta, che zero a stare a casa) e i servizi alla persona e alla casa. Insomma badanti e colf. Resiste l’industria, la crisi tiene ancora lontani i connazionali da fonderie e lavori pesanti. Ma c’è una cartina tornasole (negativa) che testimonia più di altre la situazione: le false cooperative.Sono un fenomeno esploso negli ultimi tre-quattro anni: nel Nordest si parla di una cooperativa sana e in regola ogni due create solo per sfruttare i lavoratori e aggirare regole e leggi. Fino a pochi mesi fa, “offrivano” 5-6 euro all’ora a chi vi si rivolgeva. Ora sono “ambite” da lavoratori stranieri che, per 4 euro senza contributi, Inail e misure di sicurezza minime, sono disposti a lavorare per gentaglia che lucrerà sulla pelle di queste persone. Un fenomeno, quello del riflusso migratorio, che fa pendant con la ripresa dell’emigrazione italiana. I mass media sono tutti concentrati sulle poche migliaia di giovani che vanno a mettere a frutto le loro lauree in Paesi più interessanti dell’Italia (la cosiddetta “fuga dei cervelli”) e poco parlano delle molte migliaia di calabresi e siciliani che, silenziosamente, hanno fatto la valigia con destinazione le fabbriche tedesche. Sta succedendo pure agli spagnoli (in Sudamerica e soprattutto Argentina), ai portoghesi (in Brasile, Angola e Mozambico) e ai greci (nella temuta Germania): un ritorno agli anni Cinquanta del secolo scorso in piena regola. D’altronde la Spagna in crisi nera s’è rapidamente spopolata di immigrati: maghrebini nei campi, rumeni nei cantieri edili.E i Paesi d’origine, tra l’altro, stanno iniziando a fare ponti d’oro ai loro fuorusciti. Un po’ perché hanno acquisito professionalità preziose e spendibili anche a casa loro, un po’ perché in questi anni hanno accumulato risparmi che ora possono essere reinvestiti in loco.Sta così – imprevedibilmente – risolvendosi uno dei grandi fenomeni sociali che tanto avevano preoccupato le società occidentali in questi ultimi due decenni. Ricordate “l’idraulico polacco” che tanto spaventava l’elettore francese? E l’invasione degli “extracomunitari” che alimenta ancor oggi le paure italiane? Ebbene: alcuni Paesi del Terzo mondo sono in pieno boom economico, mentre la ricca Europa sta retrocedendo e non può più permettersi di snobbare le poche occasioni di lavoro rimaste. Quando vedremo spopolarsi le oscure comunità cinesi trapiantate nelle nostre Chinatown, perché a Guangzhou si guadagna più che a Milano, il ciclo si sarà completato.

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