Continuiamo a impegnarci per salvare la marmorata

Carlo Recalcati era ed è un pescatore a tutto tondo, nel senso che spaziava dalla pesca con il galleggiante, a mosca, e come dice lui a cucchiaino. Ma la sua pesca preferita era da sempre la caccia alla Trota Marmorata – sia con il morto sia con il pesce vivo. Oggi che il suo fiume preferito l’Adda non dà più i risultati di un tempo, quando di trote chiamate “mamme” guizzavano nel blu cupo del fiume. Sui raschi, vicino ai famosi piedi di terra — ossia dove l’acqua faceva un salto per opera del ghiaione sconnesso. Oggi di quei magnifici salti ne son rimasti pochissimi e, le trote, le poche che son rimaste, le devi scovare nei pochi fondoni scavati dalle rare piene del fiume. Anni fa, mi fermavo a discutere con lui fino a notte inoltrata, discutevamo di come era a quel tempo il fiume, le famose pescate che si facevano, i salti del pesce che andava in caccia all’imbrunire. Ma soprattutto di come i pescatori di allora pescavano questo pesce stupendo, dalla livrea marmoreggiante, dal testone grosso e resistente agli ami del pescatore. Successivamente vennero gli anni delle scriteriate semine per accontentare i pescatori che si sfidavano in inutili gare; senza mai tenere conto che il fiume andava degradandosi di anno in anno. Scomparvero così molte specie di pesci, e contemporaneamente sparirono le anse e le lanche che il fiume aveva costruito negli anni. Arrivavano gli anni tra il settanta e gli ottanta , nelle riviste di pesca furoreggiavano racconti e report sulla Marmorata dando consigli su come la si doveva catturare, quali luoghi essa privilegiava. Andavano spesso in contraddizione fra loro stessi, alcuni sostenevano che era meglio pescarla sul fondo, altri a mezz’acqua, altri ancora con artificiali pesanti, altri era meglio con il vivo anziché col pesce morto. Finché di tanto in tanto si prendevano in quegli anni ancora pesci stupendi; tutto passava in silenzio da parte dei meno impegnati pescatori sui progetti che stavano prendendo piede nei favolosi anni 80. Passata la buriana attraverso l’eccitazione di un pesce che è sempre stato molto ambito per le sue ottime carni, ma soprattutto per la sua indole sportiva e la difficile cattura, in quanto da sempre pesce raro, ma che ancora non era istinto del tutto come possiamo affermarlo oggi, quanto meno sul fiume Adda. Ma facciamo un passo indietro. Finiti gli anni della ubriacatura sul codesto pesce dove ritornavano in modo pressante le discussioni su come si doveva operare tal cattura. Chi affermava - e siamo attorno agli anni che vanno dal novanta al duemila - esibendo che tal artificiale quasi piatto e pesante era meglio dei famosi pesci finti del brand Rapala, troppo leggeri per scovare i grossi salmonidi. Era evidente che era una moda che stava prendendo piede tra i pescatori amanti di tal pesce, senza peraltro favorire il commercio, in quanto quei minnows erano auto costruiti. Oggi molti li usano ancora costruendoli da sé, soprattutto in quelle regioni dove tale pesce è in crescita, grazie a ripopolamenti strutturati ad hoc. Mi sembra che oggi prevalgono dei pesci finti costruiti in modo industriale, copiando quelle esche pesanti degli anni 80. Esche che devono sfidare correnti imponenti, che l’attrezzo le deve reggere, sia la rod che il pesce di legno. Oggi i santoni di quella pesca si sono dati ad altri tipi di pesce, considerando che la trota padana ha quasi esaurito il suo stato — nonostante si sono fatti immissioni importanti negli anni, con materiale apposito e cresciuto in vasche nelle misure che vanno dai 10 ai 15 cm. Purtroppo anche questa pratica è finita per la contrarietà delle province e della regione. Anche le aziende hanno terminato, o quasi, di dare un contributo nel ricreare l’ambiente per questo pesce, attraverso importanti investimenti. Nonostante gli sforzi combinati da parte dei pescatori con aziende del settore il pesce sul fiume lombardo è praticamente estinto. Prima ancora dell’Adda successe nel basso Ticino ,fino ad arrivare su fino al lago Maggiore alla diga di Pan Perduto. Ma non esito ad essere sconfitto da tali affermazioni; si deve continuare alla ricerca di questo pesce ,fino a che non ci sarà la certezza che non esiste più nella nostra amata Adda.

QUALI INTERVENTIUn compito di non facile soluzione, visto che non vi è al momento nessuna contro parte - ossia la provincia o la regione, quindi il potere politico — e qui nasce spontanea la domanda - possono i pescatori coadiuvati dai venditori e aziende legati al ramo pesca assieme alla scienza costruire quello che nella regione Veneto hanno fatto tramite incubatoi a sviluppare avannotti di Marmorata, portarli a 10cm e poi rimetterli nel fiume sfidando la legge che impone delle regole? Qui mi fermo su questo problema, ma subito se ne presenta un altro relativo all’ambiente in cui il pesce vive e dove si riproduce, è ancora idoneo oppure deve intervenire la mano dell’uomo, tramite la scienza degli ittiologi e biologi? Perché bisogna sapere che i ghiaieti per le freghe sono quasi scomparsi, in quanto non si nota la famosa ghiaia che va dai 2 ai 6 cm nella quale la trota con poderosi colpi di coda forma il nido con la forma a ferro di cavallo. Ho notato che tale ghiaia è sempre più in secca, l’acqua non arriva più a bagnarla , e se dovesse subentrare una piena del fiume questa è automaticamente spostata dalla sua forza. Sempre più sassi enormi formano il letto del fiume e questo può funzionare per creare riparo, ma è inutile per la ovodeposizione. Quindi ricapitolando, le aree utilizzabili per la frega sono quei tratti d’alveo dove si è sedimentata la grossa granulometria che va dai 2 ai 6cm - cioè il substrato adatto per la riproduzione della trota. Questa ghiaia in un fiume, compare a fine buca ,ma queste sono quasi sparite. Un’area può contenere una o più freghe come è possibile anche nessuna, ed è possibile che con l’andare degli anni sia successo questo sull’Adda. Altro problema di primaria importanza è relativo alla scomparsa della minutaglia o pesce foraggio. Cioè quella di cui si ciba principalmente la trota. Sono rimasti pochissimi barbi, cavedani di taglia, i vaironi sono emigrati in altri lidi. Dunque si tratta di apportare dei ripopolamenti d’importanza notevole, per fare ciò si deve per forza chiudere dei tratti per diversi anni - i pescatori accetterebbero questo? Altro problema è il valore biologico dell’acqua , e qui entrano in scena i biologi che attraverso un lavoro congiunto con gli ittiologi devono contribuire a fare delle analisi dell’acqua ogni tre mesi per verificare anche se il fiume produce cibo attraverso diversi insetti di cui si cibano le piccole trote. Da qui lì importanza che tutto il lavoro deve interagire fra tutte le forze in campo. Per fare ciò ecco l’intervento dei commercianti delle aziende più o meno famose per il finanziamento ,che una volta sistemato lo stato dell’arte avranno un ritorno economico. Molto più semplice è per taluni riempire il corso d’acqua di trote pronto pesca ma questo è un altro discorso.

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