Mater strangosciàs
In scena l’ultimo dei «Tre lai», i tre monologhi scritti da Giovanni Testori negli ultimi giorni della sua vita, lamenti funebri ispirati ad alcune straordinarie figure femminili: Cleopatra, Erodiade e La Madonna.

«Mater strangosciàs» è una donna del popolo, umile, semplice, pura. La sua terra: la Valassina brianzola. Piange la perdita del figlio. Si rivolge a Lui. Gli chiede perché gli uomini debbano patire così tanta sofferenza. Gli domanda la ragione, il senso di quel “Sì” che lo ha portato al sacrificio più grande di tutti: la perdita della propria vita. Lo fa in dialetto brianzolo, la lingua della terra sua e dello stesso Testori. Una lingua che il poeta ha reinventato mescolandola con il latino, lo spagnolo, il francese. Mater strangosciàs è l’ultima opera di Testori. E’ un addio. Una preghiera. Un testamento. Un lascito di speranza.
«Mater» completa il percorso cominciato con «Cleopatràs», dando una chiave di lettura: «per dura che la sia», vivere la condizione di dolore dell’esistenza umana con il desiderio di lasciare ai posteri non un lamento disperato, bensì un sorriso di speranza. La speranza è un atto di fiducia necessario, una fiducia nell’essere umano che non si identifica necessariamente in una fede religiosa ma che, attraverso il teatro, cerca, come la «Mater», un luogo di catarsi di fronte agli inconsolabili dolori del vivere.
Di Giovanni Testori
Scene Maria Spazzi
Con Arianna Scommegna
Alla fisarmonica Giulia Bertasi
Regia Gigi Dall'Aglio
Luci Pietro Paroletti
Produzione Atir