Una multa ai genitori, perché il senso civico deve prevalere

di Corrado Sancilio

Sentirsi parte di una comunità non vuol dire abitare in una certa via senza che più nulla possa avere importanza. Al contrario. Far parte di una comunità vuol dire essenzialmente essere parte integrante di un più vasto gruppo, condividere regole e rapporti, gestire usi e applicazioni, accettare anche conseguenze che da comportamenti incivili possano derivare. Viviamo in una società dove volgarità, maleducazione, impertinenza, violenza, comportamenti incivili la fanno da padroni e questo non solo a scuola, ma anche nel sociale. Vediamo ragazzi che sputano per terra, ma lo fanno anche i calciatori sul campo; che buttano cicche di sigarette in ogni dove, ma lo fanno anche gli adulti; ragazzi che rubano anche a scuola, ma il furto è diventato un fenomeno sociale tollerato.

I ragazzi hanno la percezione di essere nel mirino degli adulti pronti a coglierli sul fatto per punirli, ma anche pronti a nascondere le loro malefatte con un patetico ed errato comportamento tendente ad accaparrarsi il loro consenso dichiarandosi amici, ben sapendo che l’amicizia tende a intrecciarsi tra coetanei e non con gli adulti che finiscono per truccare i propri sentimenti. I ragazzi sono sempre pronti a chiedere una società migliore, ma occorre insegnare che una simile richiesta trova un suo fondamento nello sciogliere certi nodi perbenisti di una certa gioventù maleducata.

La doveva pensare così probabilmente Lucio Pizzi sindaco di Domodossola quando senza tentennare ha comminato una pesante multa ai genitori di una sua giovane concittadina minorenne. Cosa avrà mai combinato? Partiamo dal ricordo di una ridente canzone di Pippo Franco quando alla fine degli anni settanta cantava “Mi scappa la pipì papà……. non ne posso proprio più, io la faccio qui”.

Una canzone che a dispetto della semplicità del testo ebbe un notevole successo soprattutto tra i bambini. Quel non riuscire a trattenerla presupponeva, da parte del bambino evocato nella canzone, un invito al papà a consentirgli di farla all’aperto a rischio di beccarsi una multa per atti contrari alla pubblica decenza. Dal testo della canzone si capisce che tutto andò liscio, senza conseguenze. Non è andata bene, invece, a una ragazzina di Domodossola che ha fatto pipì, alle cinque del mattino, mentre rientrava a casa, nella centralissima Piazza Mercato, incurante delle tante telecamere di videosorveglianza del Comune posizionate in più angoli del centro storico per disposizione del sindaco stufo delle tante deiezioni liquide e solide, umane e canine, disseminate abbondantemente nel centro storico. Il senso civico deve prevalere, tuona il sindaco!

Mosso da questo valore ha fatto arrivare ai genitori della ragazzina minorenne, appena identificata, una multa dalla “modica” cifra di cinquemila euro, pagabili, si fa per dire, in dieci comode rate mensili. A nulla è valso il ricorso presentato dai genitori e sostenuto da ragioni di necessità che hanno costretto la ragazzina a non trattenerla e a farla in un angolo della piazza, nascostamente ma non tanto da essere immortalata da una videocamera. Niente da fare.

Il reato è da codice penale e in quanto tale da sanzionare poiché la maleducazione, la perdita del senso del dovere civico, il mancato rispetto di norme e regolamenti non sono semplici variabili comportamentali, ma tendono a tenere in vita valori, azioni di buona e diffusa correttezza, il venir meno delle quali significa declassare a semplici declamatorie doveri che fanno del cittadino il primo responsabile delle conseguenze che dalle sue azioni derivano. Fanno male i genitori a difendere la ragazza pur sapendo che la logica del “quando scappa, scappa” non può essere presa a modello comportamentale, a valore civico. Certo al pensiero che una simile stupidata viene a costare cinquemila euro, induce chiunque a cercare e a rafforzare l’alibi della necessità di fare “pipì” all’angolo della strada.

È pur vero che quello di fare pipì per strada è “usanza” vecchia come il mondo. Nell’antica Atene, ad esempio, dal momento che non si usava portare indumenti intimi sotto la tunica, esisteva un «Galateo della Pudicizia» in cui si raccomandava ai cittadini di non fare pipì camminando, ma di farla in qualche angolo della strada lontano da occhi indiscreti.

Ma i tempi per fortuna sono cambiati e quello che una volta era un’usanza civilmente tollerata, ora è un comportamento incivile e come tale da sanzionare. Quindi ha fatto bene il sindaco di Domodossola a colpire duro chi incurante di norme e regole, fa della maleducazione uno stile di vita o una sfida alle istituzioni. Ma a Domodossola la caccia è aperta anche a chi non raccoglie le feci canine. Le «offerte» lasciate per strada non sono affatto gradite. Il sindaco vuole arrivare ai legittimi anonimi proprietari mediante prelievi con esami del DNA del cane.

Tempi duri a Domodossola per chi fa fatica a comprendere il significato di educazione al senso civico, a capire il significato di diritti e doveri verso la comunità, a osservare leggi che fanno del rispetto e della solidarietà i cardini sociali e civili dello stare insieme agli altri. In un tempo in cui siamo tutti disabituati a pronunciare parole come rispetto degli altri e dell’ambiente, messaggi forti come quelli che sta lanciando il sindaco di Domodossola, rischiano di passare come semplice cronaca, come anonimi messaggi senza bandiere e senza patria, come azioni che in fin dei conti è roba “sua” e che a noi poco interessa. E invece anche a Lodi sarebbe opportuno…

*preside dell’Istituto “Agostino Bassi” di Lodi

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