Una risorsa da gestire: lo dice la storia

Il fenomeno migratorio è spesso alla ribalta sulle prime pagine dei giornali ed è oggetto di accesi dibattiti. La dice lunga la recente querelle sui sospetti di una possibile connivenza di alcune ong con i trafficanti di esseri umani della sponda africana. Un certo tipo d’informazione è deleteria; ammesso pure che, un giorno, a seguito di indagini della magistratura, venissero fuori riscontri accusatori, occorrerà in ogni caso evitare di gettare il bambino con l’acqua sporca, nella consapevolezza che gli operatori umanitari rappresentano un valore aggiunto della società civile. Piuttosto, chi opera nel mondo della comunicazione dovrebbe aiutare l’opinione pubblica a riflettere sulla mobilità umana, facendo ricorso alla storia, magistra vitae. Potrebbe mostrarsi utile, per esempio, leggere il resoconto di Ammiano Marcellino, riguardante l’arrivo dei barbari (in latino barbarus, espressione onomatopeica con cui gli antichi greci indicavano gli stranieri: letteralmente i “balbuzienti”, cioè coloro che non parlavano greco, e quindi non erano di cultura greca). Storico tardoimperiale di origine ellenica, Ammiano, nel suo Rerum Gestarum Libri, ci racconta di un passato che però, confrontato con il presente, rivela interessanti analogie.Verso la fine del IV secolo d.C. l’impero romano fu costretto a misurarsi con una crisi umanitaria senza precedenti, quella dei profughi goti: era l’anno 376. In condizioni di estrema emergenza, questo popolo, in fuga dagli Unni, venne fatto entrare nell’impero. Purtroppo una serie di eventi mandò in blocco il sistema di accoglienza. L’operazione umanitaria venne gestita in modo corrotto dai generali romani, che intravidero la possibilità di intascare grossi profitti in nero, costringendo i goti a pagare le razioni che avrebbero dovuto essere distribuite gratuitamente e per cui il governo di Roma aveva peraltro stanziato fondi. A ciò si aggiunse un mix di incompetenza e mancata percezione dell’inizio di un nuovo fenomeno migratorio di massa e ciò avviò, inesorabilmente, la civiltà romana al suo tramonto.E dire che i goti vivevano in simbiosi con Roma da parecchio tempo. Molti di loro erano ben integrati e avevano acquisito la cittadinanza romana. Addirittura alcuni erano diventati legionari e venivano mandati in giro per l’impero a difenderne i sacri confini, soprattutto dalla minaccia persiana. I barbari (forza lavoro a basso costo, contribuenti zelanti e soldati affidabili) erano insomma una risorsa, alla quale i romani non volevano e non potevano rinunciare. Improvvisamente, però, la disastrosa gestione dell’ingresso dei goti (noi diremmo oggi, dei “nuovi immigrati”) provenienti da oriente segnò l’inizio della fine. Dopo essere entrati in gran numero nell’impero e aver subito abusi eccessivi da parte delle autorità, i goti si ribellarono. La conseguenza fu la sanguinosa battaglia di Adrianopoli (378 d.C.), nella quale sconfissero l’imperatore Valente.Il pensiero corre quasi istintivamente alle terribili inefficienze del nostro sistema, all’interno del quale si è permesso a losche cooperative di intascare grosse somme, troncando sul nascere qualsiasi seria politica di integrazione. Mafia capitale docet ! Per chi volesse saperne di più, raccomando un saggio del professor Alessandro Barbero, storico e divulgatore di fama, autore di “Barbari. Immigrati, profughi, deportati nell’Impero romano” (Laterza). «L’immigrazione – secondo Barbero – è una risorsa indispensabile quando è gestita bene, con regole chiare e diritti e doveri chiaramente stabiliti; mentre una società può collassare sotto il suo peso se manca una salda direzione politica. È anche molto importante che la piena assimilazione sia percepita dagli immigrati come possibile e concretamente molto vantaggiosa: i barbari sono stati una risorsa per Roma finché non hanno desiderato altro che diventare romani, il disastro è cominciato quando i goti hanno sentito che era più vantaggioso rimanere goti anziché diventare romani». Saggia conclusione, perché nessuna civiltà è eterna.

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