Gli ingegneri lodigiani tra i terremotati

«Negli occhi delle persone c’era ancora la paura, il panico di altre scosse. Alcuni dormivano nei box. Altri avevano messo il letto vicino alla porta, per poter scappare in fretta». Così gli ingegneri di Lodi hanno raccontato la loro missione tra le popolazioni colpite dal terremoto del Centro Italia. Divisi in squadre, negli scorsi mesi i tecnici hanno controllato la tenuta degli edifici e dato supporto agli abitanti. L’iniziativa, che rientra in un accordo con la protezione civile nazionale, è stata promossa dall’Ordine degli ingegneri di Lodi, di cui Luca Bertoni è presidente e Ivano Ferrari vice. Ordine che ha messo a disposizione anche un’auto a noleggio per gli spostamenti.

Nei mesi scorsi sono partiti sei tecnici lodigiani, che come volontari si sono impegnati in un’attività di censimento degli immobili sui luoghi del disastro. «Il nostro compito era quello di stabilire l’agilità delle strutture, dopo aver fatto sopralluoghi sul posto – spiega Fabrizio Losi, che ha operato nella frazione di Favalanciata nel comune di Acquasanta Terme (Ascoli Piceno) -. Abbiamo visitato circa 50 edifici, di cui 30 non crollati ma danneggiati in modo serio e altri 6 inagibili per rischio esterno. Si trattava in prevalenza di seconde case, ma tra i residenti diverse persone anziane sono andate a vivere con i figli».

Nella squadra di Losi, l’ingegnere Gloria Indica, che ha riferito «del terrore che si avvertiva ancora nei racconti della gente del posto». «Mi è dispiaciuto vedere residenti che, a causa di case danneggiate, dovranno abbandonare il loro paese, come la signora Renata – sottolinea – ma in questi casi la sicurezza è vitale. Anzi bisogna velocizzare le pratiche di controllo per affrontare l’emergenza». Una situazione che resta molto precaria per tante famiglie, sconvolte da un trauma che non riescono a cancellare dalla mente dopo le scosse del 24 agosto e di fine ottobre 2016. «Sono stato mandato a San Severo Marche (Macerata) e mi ha stupito molto vedere tanti giovani che dallo spavento preferivano dormire fuori casa o nei box per il timore che la terra tremasse ancora», riferisce Santo Reale che è stato anche a Rieti dove ha eseguito dei test su alcuni palazzi storici. Missione davvero complicata anche per Cesare Rocca che è stato mandato ad Arquata del Tronto (Ascoli Piceno) e ad Amatrice (Rieti): «Ho visto abitazioni completamente collassate. Molti degli edifici più datati erano davvero molto fragili – spiega l’esperto di Montanaso – le case costruite in pietra e sabbia si sono trasformate in un cumulo di macerie, mentre le strutture in cemento armato hanno subito lesioni ma in molti casi hanno permesso alle persone di salvarsi la vita. Dopo quello che è successo e per riflettere sull’organizzazione della fase di emergenza - aggiunge -, ritengo che debba crescere una cultura della sicurezza e della coscienza della resistenza degli immobili al sisma».

Tecnici sono stati impegnati anche nelle centrali operative, tra cui una a Rieti, per inserire le schede compilate sul campo, un lavoro certosino che è stato svolto dagli ingegneri lodigiani Eugenio Ferrari e Paolo Asti. Solo in questo modo sarà possibile mappare tutto il territorio “ferito” dalle scosse e pensare di dare un futuro alle popolazioni del Centro Italia, con interventi di ricostruzione.

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