Lodi, Fanfullino 2013 a Marco Ceresa

Lo hanno definito, sorridendo, il “Marco Polo” di Lodi. Hanno scritto di lui che vive a cavallo tra due mondi, affacciato sulla laguna di Venezia e con il pensiero rivolto alla Cina che gli ha rubato il cuore. Hanno detto che è un “avventuriero” che parla cinese e che fin da giovane ha scoperto la passione per la storia, l’arte e la letteratura del gigante asiatico.

È Marco Ceresa, nato a Lodi nel 1959, che la Familia Ludesana presieduta dal regiù Emiliano Cigala ha scelto in queste ultime ore come il personaggio che verrà insignito del Fanfullino della riconoscenza. L’attestato di benemerenza, contrassegnato da una statuetta di bronzo raffigurante Fanfulla da Lodi, dal 1968 premia i personaggi di Lodi che hanno dimostrato di tenere alto il nome il nome della città in Italia o all’estero. Marco Ceresa sarà il 46° “fanfullino” della serie. La statuetta di Fanfulla gli sarà consegnata nel pomeriggio di sabato 19 gennaio 2013, festa di San Bassiano, patrono di Lodi e del Lodigiano.

Ceresa è nato a Lodi. Figlio unico. Il padre Enrico, tuttora vivente, per oltre sessant’anni ha svolto la professione di geometra in città e nei centri abitati vicini, per un quarto di secolo è stato tecnico comunale a Cavenago d’Adda. Il futuro fanfullino, cresciuto nel quartiere di San Bernardo, frequentò il liceo classico Pietro Verri, dove si diplomò nel 1978. A quel punto decise di frequentare il corso di lingue orientali a Venezia, una scelta per quei tempi bizzarra. Il suo interesse cadde sulla lingua cinese. «C’erano 30 persone in tutto - raccontava Ceresa alla giornalista del “Cittadino” Greta Boni qualche anno fa, ricordando i suoi primi passi in laguna - che studiavano nello stesso corso. Ci ho messo parecchio tempo per laurearmi perché viaggiavo, ho studiato anche in Cina, ma la Cina di trent’anni fa è distante da quella odierna come la terra dalla luna. Dopo la laurea sono andato a vivere a Taiwan per sei anni, per un certo periodo ho vissuto anche in Giappone».

Poi Ceresa è tornato a Venezia, insegnante alla prestigiosa Università Ca’ Foscari, presso il dipartimento di studi sull’Asia orientale e l’Africa mediterranea, ed è anche direttore dell’Istituto Confucio.

Il “male di Cina” non l’ha mai più abbandonato. Lo ha conquistato, ammaliato, stregato. Vola spesso in Cina, anche per ritrovare i suoi amici. Attento osservatore di un popolo che continua a stupirlo, ne riconosce pregi e difetti. «La Cina - diceva sempre a Greta Boni - ha la capacità di cambiare in continuazione e allo stesso tempo di rimanere sempre se stessa - afferma -, ha una storia e una cultura millenaria che se studiate da vicino sembrano un solo continuum. Ci sono alcuni aspetti della vita quotidiana che trovo insopportabili, per esempio a Pechino c’è un grande inquinamento e si rischia di rimanere bloccati nel traffico per ore, i cinesi poi hanno la straordinaria capacità di creare caos. In gruppo, però, sanno essere molto ordinati. Un aspetto che apprezzo è invece la possibilità di trovare tante piccole comodità, un brulicare di attività e di gente che fa mille lavori capaci di semplificarti l’esistenza. Anche uno straniero con un reddito non elevato può condurre un’esistenza dignitosa. L’approccio con la burocrazia è difficile, l’apparato statale è complicato, per questo trovare lavoro non è facile».

Naturalmente è un Paese che rappresenta un’opportunità preziosa per chi vuole investire, Ceresa ne è sicurissimo: «Non è più quella frontiera un po’ selvaggia di cui si è sentito parlare, ormai ci sono delle strutture e delle prassi consolidate. Non è vero che la Cina è una minaccia, ce la siamo un po’ inventata perché abbiamo paura del diverso, non dobbiamo confondere la situazione cinese con ciò che avviene in Cina. I migranti che riceviamo in Italia sono quelli che non sono riusciti a inserirsi nello sviluppo del loro Paese».

© RIPRODUZIONE RISERVATA