Mediglia, Giuseppe festeggia 104 anni

In guerra gli hanno lanciato una bomba a mano che non è esplosa, è stato per 22 mesi in un campo di lavoro nazista e ha vinto senza strascichi le malattie

Si alza e si prepara da solo la colazione. Eppure di anni ne ha 104, ma Giuseppe Barison, il decano di Mediglia, sembra davvero non sentirli. Il 30 aprile ha festeggiato il suo compleanno e lo ha fatto con la sua numerosa famiglia e con il Comune di Mediglia. Il sindaco Paolo Bianchi gli ha consegnato infatti una targa, una dedica speciale per il suo cittadino più anziano. «Io sono una persona normale» racconta. Anche se raggiungere e superare con tanta disinvoltura il secolo di vita è qualcosa che non succede poi così spesso. «Soprattutto in queste condizioni», assicura la nipote Patrizia. Già, perché il nonnino dei medigliesi è autosufficiente, passeggia, parla, ascolta la radio e la Messa, si prepara il latte per la colazione.

«Mi piace iniziare la mattina con il latte caldo e qualche fetta di pane - dice -, come facevo una volta». Per il resto è una buona forchetta: mangia tutto, con molta frutta. Senza mai scordare un buon bicchiere di vino, mai eccedendo, e il caffè con la grappa. Insomma, un elisir di lunga vita, decisamente sui generis. Ma forse è proprio la capacità di superare le numerose sfide che gli ha riservato la vita, che ha plasmato quest’ uomo, che sembra non sentire gli anni che passano.

Ha combattuto la Seconda Guerra Mondiale, ha vissuto in prigionia per ventidue mesi, ha sconfitto la trombosi e il tumore. Ed è ancora con la sua famiglia, sei figli (uno lo ha perso), dodici nipoti e quattordici pronipoti. Ne ha viste tante, ma un episodio lo ha segnato profondamente, un segno per lui dell’attenzione del Signore.

Durante la guerra, a Brindisi, aveva superato la linea difensiva. Si era allontanato, non ascoltando i suoi commilitoni che lo avevano messo in guardia, per adagiarsi sotto un albero e scrivere una lettera ai suoi parenti. È stato facile bersaglio dei nemici che lo hanno individuato: in un attimo ha visto rotolare vicino a sé una bomba che miracolosamente è rimasta inesplosa. «Sono un miracolato - afferma Barison -: ho baciato l’immagine della Madonna custodita nel mio orologio. Mi ha protetto durante la guerra. Quella Madonnina l’ho conservata, mentre l’orologio l’ho venduto subito dopo la guerra perché mi servivano soldi per vivere».

Barison è stato anche deportato in Germania, è stato per 22 mesi in uno “stalag”, dove la manodopera veniva impiegata per la costruzione delle bombe volanti V1 e V2, le famose armi segrete naziste. Ha finito per ridursi a pelle ed ossa, ma anche in questo caso è riuscito a resistere. L’immagine sacra della Madonna lo ha protetto e ora è stata donata a Patrizia che la conserva con cura. Perché la speranza di Giuseppe Barison è che quella effige possa vegliare sulla sua famiglia.

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