Debito di 4mila euro dietro l’omicidio

(ore 16) Sono due, e non tre come era sembrato inizialmente, i colpi di pistola che hanno raggiunto Saverio Luca Verrascina, muratore di San Giuliano Milanese, martedì alle 19.50 sotto la sua abitazione: è quanto emerso finora dall’autopsia sul corpo del 38enne eseguita stamane a Lodi. Proseguono intanto le ricerche dell’arma che il presunto omicida, reo confesso, dice di aver buttato nel lago di un’ex cava nei pressi di San Giuliano.

(ore 9) È bastato un debito di circa quattromila euro per innescare l’escalation di tensioni e di violenze che alla fine ha portato martedì sera il gessista 25enne siciliano residente a Caselle Lurani, Giuseppe Pellitteri, a sparare a Luca Saverio Verrascina, 38 anni, di San Giuliano Milanese, dopo aver fissato un appuntamento sotto casa sua. Questa la versione raccontata dal presunto omicida agli inquirenti e confermata ieri pomeriggio nell’interrogatorio di garanzia nel carcere di San Vittore a Milano tenuto, per competenza territoriale sul luogo del fermo (la caserma dei carabinieri di San Donato) dal gip milanese Elisabetta Meyer. L’indagine resta ovviamente di competenza della procura di Lodi, coordinata dai pm Giampaolo Melchionna e Armando Spataro.

Il debito risaliva ad almeno due anni prima, e l’indagato ha assicurato che era un debito di lavoro, dato che sia lui sia la sua vittima sono attivi nel campo dell'edilizia. «A un certo punto - spiega l'avvocato milanese Emanuele Kohler, che difende Pellitteri assieme a Massimo Teti - è emerso che Verrascina avrebbe preteso di riavere tutti i soldi al più presto. Il nostro assistito riferisce che aveva già iniziato a restituirglieli, 100 o 200 euro alla volta, quando poteva». Verrascina, a un certo punto, avrebbe minacciato di prendere a botte Pellitteri, e l’aggressione avvenuta proprio sotto casa del casellese, l’8 gennaio, sarebbe stata il concretizzarsi di quella minaccia. A menare le mani, «per una prognosi di 25 giorni e un occhio che Pellitteri deve farsi operare al più presto», sottolineano i suoi difensori, sarebbero stati proprio Pellitteri e tale “Giannino”, operaio edile residente anche lui nel Sudmilano, sul quale la procura appare intenzionata a indagare per lesioni gravi volontarie, in relazione a quel pestaggio.

«Va detto che però il nostro assistito non attribuisce particolare violenza a “Giannino” in quel pestaggio», proseguono i difensori.

Quindi, martedì sera, Pellitteri, dopo essersi procurato una pistola calibro 22 automatica, prende l’auto, va a San Giuliano e incontra Verrascina sotto la sua casa, dopo aver fissato un appuntamento con una telefonata. A questo punto, un aspetto sul quale i legali sono per ora cauti, Verrascina avrebbe estratto un coltello, e Pellitteri, questo il suo racconto, sentitosi minacciato ha fatto fuoco. Agli inquirenti ha anche spiegato dove si è liberato della pistola. Ma i bossoli, sul luogo della sparatoria, non si trovano.

La procura ovviamente cerca riscontri a questo racconto: stamane alle 10 all'ospedale di Lodi l’autopsia affidata all'anatomopatologa pavese Yao Chen. «Pensiamo di nominare anche noi un consulente di parte», annuncia l’avvocato Kohler. Che aggiunge: «Il nostro assistito appare non solo pentito, ma anche scosso, e disperato, e sembra non capacitarsi di essere stato protagonista di una vicenda del genere. Che sembra davvero stonare con una persona come lui, mai condannato per alcunché, sposato, con figli e una condizione lavorativa abbastanza stabile».

La procura accusa Pellitteri di omicidio volontario premeditato, perché si è recato all’appuntamento con la pistola, oltre che di porto abusivo di arma da fuoco.

L'autopsia è stata chiesta per chiarire quanti davvero siano stati i colpi di pistola, se due o tre, se siano state usate armi di calibro diverso, da quale distanza e contro una persona che fuggiva o che voleva aggredire o ferire. Il fatto è gravissimo, e, anche se la vittima era a sua volta incensurata, la procura non vuole lasciare nessuna domanda senza una risposta il più possibile certa.

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