SAN DONATO «Vorrei andare in questura
e chiedere se mi aiutano»

Un papà georgiano 40enne racconta la sua vita

Dario - chissà se il suo vero nome, ma è così chiede di essere chiamato - è uno dei protagonisti (suo malgrado) delle tante storie che s’incrociano al confine tra San Donato e Rogoredo, dove le vite sono condizionate - troppo spesso anche sacrificate - dal consumo della droga. Quarantuno anni, anche se i segni sul volto e i pochi denti rimasti, ne aggiungono almeno una decina alla sua età, ogni giorno sale sul treno (senza biglietto perché i pochissimi soldi servono ad altro) e scende a San Donato per “farsi”, quasi un gesto necessario per dimenticare, cancellare i ricordi e non soffrire per gli affetti persi, la moglie e i figli lontani, in Georgia. Lui arriva proprio dall’ex repubblica sovietica, ferito da un colpo di pistola al bacino, approdato in Italia da profugo. «Sono arrivato a Milano quattro anni fa, oggi sono senza documenti, senza passaporto, senza un lavoro – racconta Dario -. Ho due figlie: una ha 8 anni, l’altra 15, sono rimaste in Georgia con la loro mamma. Io non le sento più. Mi sono trovato da solo; nessuno mi ha aiutato. Senza nemmeno accorgermene, ho iniziato a fumare droga e poi ho finito con un ago in vena». Prima cocaina, ora eroina per semplificare un’esistenza complicata, forse per anestetizzare il dolore. «Mi faccio e mi addormento – dice il georgiano -: uso l’eroina, costa meno, 20 euro la dose, poco meno di un grammo». In balìa delle sostanze è costretto a cercare posto dove capita, sulle panchine nei parchi, sui treni e a volte su autobus o veicoli parcheggiati. «Quando posso faccio qualche lavoretto, ma non sono “in regola”», quasi si giustifica Dario, che per sopravvivere è costretto a prestarsi anche ad attività non lecite come prima o poi tutti, diventando schiavi delle sostanze. Oggi però il 41enne georgiano ha maturato la consapevolezza della sua condizione e sembra intenzionato a rimettersi in piedi, a chiedere aiuto. «Vorrei rivolgermi alla questura, vorrei capire se posso avere documenti validi, se esistono aiuti», sono le sue parole. Come lui molti altri volti, storie, affollano il microcosmo tra Rogoredo e San Donato. Scendendo dal treno, un uomo nordafricano malfermo sulle gambe si affretta verso di noi. Ci scambia per carabinieri, dice di essere malato. Viene da Lodi e afferma di essere qui per il fratello: «Voglio tirarlo fuori da qui», ma si ricorda a malapena il suo nome e l’età. Non sappiamo se è la verità, ma come gli altri attraversa i binari per scomparire verso la tangenziale. Un altro ragazzo italiano, non sappiamo se maggiorenne, fa lo stesso percorso oltre i binari, ma poi torna indietro. Ci prega di non riprenderlo. I genitori potrebbero riconoscerlo.

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