La battaglia delle ideologie fra Elly Schlein e Bonaccini

Assai aspro si presenta in questi giorni il confronto che divide la nuova segretaria del Pd, Elly Schlein, dal suo principale avversario alle primarie, il presidente della regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Tema della contesa resta non soltanto la nomina dei capigruppo del Pd alla Camera e al Senato, pratica che la Schlein vorrebbe avocare totalmente a sé (“I capigruppo li indico soltanto io”), ma, soprattutto, la governance del partito, che Bonaccini ambirebbe vedere come esito di un percorso di cooperazione/contrattazione.Il fatto è che nel duello che oppone Bonaccini a Schlein si riproduce il dualismo che, nella storia della sinistra italiana, ha opposto un’anima, per così dire, massimalista, ovvero più dichiaratamente rivolta a sostenere nel dibattito pubblico istanze sociali, a quella riformista e “governista”. Resta ovvio che se quest’ultima è oggi rappresentata, anche per il ruolo istituzionale da lui ricoperto, da Stefano Bonaccini, la prima trova nel piglio mostrato da Elly Schlein l’interpretazione adeguata all’attuale momento. Queste due posizioni ideologiche si sono alternate, ma mai in modo radicale, anche nella più recente storia del Pd. Infatti alla segreteria di Matteo Renzi, con la sua attenzione a progetti di riforma influenzati dal neo-liberismo (si pensi al famoso Jobs Act) è succeduta, dopo il breve interludio di Maurizio Martina, quella di Nicola Zingaretti, che non a caso ha portato il Pd all’alleanza con il populismo agitato dal Movimento 5 Stelle e alla formazione del governo Conte II.

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