SANT’ANGELO Spariti 2,5 milioni, offre 200 euro

Il tribunale di Lodi dice «no» alla richiesta di messa alla prova da parte di un promotore finanziario. «Ma è nullatenente»

Ad alcune delle famiglie di risparmiatori che erano in aula a seguire il processo e che hanno perso buona parte dei loro risparmi, è sembrato di assistere a una commedia: il promotore finanziario A.O., 50 anni, originario di Sant’Angelo Lodigiano, ha chiesto al tribunale di Lodi di poter usufruire della “messa alla prova” per estinguere le accuse di truffa o appropriazione indebita ai danni di almeno 7 risparmiatori barasini o del Basso Lodigiano che secondo l’accusa avrebbero comportato ammanchi per 2,5 milioni di euro. Si tratta di un percorso fatto di lavori socialmente utili, quasi sempre pulizie o manutenzioni per un Comune, e di un’offerta di risarcimento. Ma il difensore Valerio Rozza ha precisato che il risarcimento non potrebbe che consistere in 200 euro mensili, per la durata della messa alla prova, da dividere tra tutti i querelanti. Perché il promotore, sospeso alcuni anni fa dalla Consob, risulta ufficialmente nullatenente, gravato da cartelle esattoriali per 300mila euro, (dopo che la Finanza ha accertato come reddito del denaro finito sui suoi conti correnti), ha attualmente uno stipendio di 1200 euro mensili, già pignorato per un quinto, e deve pure gli alimenti a ex moglie e figlia. Il giudice Giuseppe Pighi ha bocciato l’istanza di messa alla prova. come richiesto anche dal Pm, per «assoluta inadeguatezza della proposta risarcitoria». E il processo quindi proseguirà a marzo, con i primi testimoni. Lo schema individuato dalle indagini era che i risparmiatori si fidavano così tanto del promotore che in alcuni casi gli avrebbero affidato i codici dei loro conti correnti e depositi titoli. Secondo l’accusa il promotore spostava i patrimoni sui propri conti e aggiornava i clienti con grafici che illustravano ottimi rendimenti. Quando però gli investitori avevano bisogno di realizzare, cominciavano i problemi. Una prima segnalazione alla Consob era partita da Fineco già nel 2016 per “resoconti non veritieri” ai clienti, poi sono partite anche le denunce. Non risulta però che le indagini abbiano tracciato la destinazione finale di tutto quel denaro. Difficile pensare come il “tesoretto” possa essere stato dilapidato in 5 anni. Gli avvocati di parte civile Pietro Foroni e Luca Montepietra hanno chiesto la citazione come responsabili civili di Fineco Bank e Copernico Sim, concessa dal giudice perché «il promotore spendeva il nome delle società». Rigettata invece la richiesta di citare anche le banche Popolare di Vicenza e Intesa Sanpaolo, «perché non spendeva il loro nome». Secondo uno dei legali però, comunque, «nessuna delle banche per cui successivamente lavorò il promotore informò i correntisti». In un interrogatorio l’indagato rese noto che «gestiva un patrimonio di 45 milioni» di suoi clienti, passato a un altro promotore e attualmente «congelato». Una circostanza che i legali delle famiglie vogliono chiarire.

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