«Santa Chiara non diventerà regionale»

«Ai lavoratori è garantita l’applicazione del contratto attuale: pubblico impiego con i relativi diritti economici, per chi è già in servizio e per i dipendenti del futuro»

Il sindaco di Lodi Simone Uggetti, a seguito dell’accesa difformità di vedute registrata in città circa il futuro della casa di riposo “Santa Chiara”, ha rilasciato sull’argomento al «Cittadino» un’ampia intervista.

Sindaco, il futuro di Santa Chiara sta facendo discutere tutta la città: da tempo a Lodi non si registrava una partecipazione tanto intensa al dibattito su un tema.

«È giusto, sarebbe strano il contrario. La casa di riposo è un servizio fondamentale, un valore da preservare per tutta la comunità. Parliamo dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, cioè i nostri padri, i nostri nonni, ed in proiezione ciò che ciascuno di noi potrebbe diventare: la difesa di Santa Chiara riguarda tutti».

Il comune e l’amministrazione dell’istituto sostengono la necessità di dare vita ad una Fondazione. Perché?

«Perché è l’unica via percorribile per mantenere l’autonomia ed il rapporto con la città».

Ossia...

«Decidere da soli cosa è meglio per i nostri anziani e non dover subire le decisioni imposte da Milano. È per questo che sulla proposta della Fondazione in consiglio comunale si è registrata un’amplissima condivisione tra le forze politiche, trasversale a maggioranza e opposizione».

In numeri?

«La bozza dello statuto di “Santa Chiara” è stata approvata in consiglio comunale con 29 voti favorevoli su 33».

E ciò è inusuale?

«Non avviene di frequente, anche perché decisioni di questa portata, che mettono in gioco il futuro di un bene prezioso per la comunità come la Casa di Riposo, non sono di tutti i giorni».

E come spiega una simile convergenza?

«Tutte le forze politiche rappresentate in consiglio assegnano una grande importanza alla vicenda di Santa Chiara. È un dato di fatto che la stragrande maggioranza di loro si sia ritrovata concorde a favore della Fondazione».

Senza Fondazione cosa accadrebbe?

«La legge prevede che alla scadenza dell’amministrazione in carica - che è dietro l’angolo, a maggio -, se Santa Chiara non si trasformasse in Fondazione diventerebbe un’azienda regionale, con un direttore generale nominato dal Pirellone, che avrebbe pieni poteri sulla gestione e sul patrimonio».

È anche vero che il direttore sarebbe affiancato da un “consiglio di indirizzo”, con tre membri su cinque nominati dal Comune.

«Intanto le nomine direttamente espresse dal Comune saranno solo due, e due quelle della Regione: sul quinto membro non c’è chiarezza, perché la legge lo assegna “ai fondatori o loro discendenti o soggetti rappresentativi degli originari interessi, o in mancanza, soggetti individuati secondo le previsioni dello statuto”, che vuol dire tutto e niente».

E se c’è un dubbio?

«Se c’è un dubbio, a interpretarlo sarà chi ha fatto la legge, cioè la Regione. Ma anche se il consiglio fosse tutto di nomina comunale non avremmo nessuna garanzia di autonomia decisionale».

Perché?

«Qualcuno ricorda come partì negli anni ’90 la trasformazione di ospedali e Usl in aziende regionali? Con un commissario-direttore affiancato da consigli che non avevano nessuna voce in capitolo e dopo poco tempo vennero liquidati. È facile prevedere che finirebbe così anche per la Casa di Riposo».

Però nel 2003 lei da consigliere comunale si schierò contro la Fondazione.

«Certo, e lo rivendico ancora oggi: all’epoca la scelta era tra una Azienda di Servizi alla Persona autonoma ed una Fondazione autonoma, e tra le due la prima offriva maggiori garanzie».

E oggi?

«Oggi dobbiamo scegliere tra una Asp controllata dalla Regione ed una Fondazione autonoma, e noi vogliamo difendere l’autonomia di Santa Chiara».

Ma così facendo la casa di Riposo verrà privatizzata.

«Assolutamente no. Bisogna stare attenti a non giocare con le parole, come qualcuno sta invece facendo».

Si spieghi meglio.

«Dare a Santa Chiara una personalità giuridica di diritto privato non vuol dire privatizzarla. Significa semplicemente che l’azione amministrativa della casa di riposo risponde alle norme del Codice Civile. In fondo, basterebbe guardare a cosa dice la legge nazionale: le ex Ipab che si trasformano in soggetti di diritto privato sono “organismi senza scopo di lucro che perseguono scopi di utilità sociale”, sulle quali le Regioni esercitano controllo e vigilanza, ma non il comando diretto. E non è finita».

Perché?

«Lo statuto della Fondazione escluderà tassativamente la partecipazione di soggetti privati, prevedendo invece uno stretto rapporto con il Comune, compreso l’obbligo di riferire al consiglio comunale sull’andamento della gestione. Mentre per quanto riguarda aspetti importanti come l’assegnazione degli appalti, la Fondazione è equiparata ad un organismo di diritto pubblico e ne adotta le procedure».

I lavoratori temono la perdita dello status di dipendenti pubblici. L’hanno ripetuto ovunque, nelle assemblee e nei banchetti di raccolta delle firme in piazza.

«Ai lavoratori è garantita l’applicazione del contratto attuale: pubblico impiego, comparto autonomie locali, con tutti i relativi diritti economici e normativi, per chi è già in servizio e per i dipendenti del futuro».

Scusi, e allora perché i dipendenti di Santa Chiara si sono espressi in modo pressoché unanime contro la Fondazione?

«Perché di fronte ad un cambiamento inizialmente le preoccupazioni sono comprensibili. Poi dovrebbero prevalere la sostanza ed il merito di cosa questo cambiamento comporta effettivamente per loro, cioè nulla di negativo. Anzi, al contrario, la certezza di lavorare per una casa di riposo che ha investito e vuole ancora investire per migliorarsi e potenziarsi, anche aumentando il personale, come è già avvenuto in questi anni».

Un esempio?

«Santa Chiara ha eliminato il ricorso alle cooperative esterne ed ha assunto nuovi dipendenti, le aziende regionalizzate fanno l’opposto, compresa l’Azienda Ospedaliera di Lodi».

Le organizzazioni sindacali e le forze politiche che si oppongono alla Fondazione muovono però anche altre numerose critiche al progetto.

«È vero. È stato detto proprio di tutto: la questione infondata della privatizzazione, il presunto controllo comunale della “maggioranza” del consiglio, il fantasioso obbligo di un taglio del 20% delle spese. E c’è dell’altro».

Tipo...

«Tipo le insinuazioni di mala gestione finanziaria a carico di ex amministratori e l’accusa di volere la Fondazione solo per “spartirsi più poltrone”. Certo che, detto da alcuni partiti, come la Lega, che negli ultimi vent’anni hanno partecipato alla spartizione sistematica di ogni poltrona della sanità lombarda farebbe sorridere, se il tema non fosse terribilmente serio».

Va bene, ma torniamo agli anziani. Non dovrebbero essere i loro interessi a prevalere su tutto?

«Sicuro. Ed è proprio pensando a questo interesse prioritario che negli ultimi anni Santa Chiara ha affrontato una trasformazione straordinaria, riqualificando gli spazi e potenziando i servizi».

Parliamo di questi servizi?

«Gliene cito due come esempio: l’assistenza media e infermieristica 24 ore su 24 ed il nucleo Alzheimer. Questi sono valori aggiunti straordinari, che verrebbero cancellati, perché la Regione non li garantisce. Altro che “se ci saranno difficoltà non vengano a chiedere aiuto alla Regione”, come sostiene l’ex presidente della provincia di Lodi, il leghista Foroni».

E lei cosa risponde?

«Ma quale aiuto? Lo sa Foroni che i contributi regionali coprono solo una quota delle rette, nonostante quelle di Santa Chiara siano tra le più basse in circolazione? E lo sono anche grazie all’aiuto del comune di Lodi, che in questi anni ha spesso stanziato contributi straordinari per centinaia di miglia di euro proprio in conto abbattimento rette, oltre ad intervenire con un fondo molto ingente».

Di quanto?

«Di circa 300.000 euro all’anno, per pagare la parte delle rette non coperta dalle pensioni degli ospiti. Se c’è qualcuno che è sempre stato vicino a Santa Chiara, e ancor più negli ultimi anni, è il comune di Lodi. E continuerà a farlo».

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