RITRATTI Albino Volpi, il ladruncolo di Lodi che uccise Giacomo Matteotti

Prima puntata della nuova rubrica del «Cittadino» sui lodigiani che hanno fatto la storia

“La pupilla di uno dei miei occhi”: era così che Benito Mussolini chiamava Albino Volpi, falegname e delinquente da mezza tacca (sempre dentro e fuori di prigione, per rissa o piccoli furti) nato a Lodi nel 1889. In città, il ragazzo che un giorno sarebbe diventato una delle figure più vicine e fidate di Benito Mussolini, in realtà era considerato un tipo da niente. Anzi, uno che era meglio evitare, perché attaccava briga, menava le mani, picchiava per niente.

Ma per quanto rissoso e violento fosse, Albino, sembrava più un tipo più destinato a farsi scivolare la vita addosso, scivolando nell’oblio che spesso tocca a quelli come lui, che a diventare un criminale e un assassino conosciuto in tutto il mondo.

Eppure, la vita e il destino avevano per lui altri piani.

Quando nel 1915, uscito di prigione dopo essere stato arrestato per l’ennesimo furto, Albino trovò ad attenderlo fuori dal carcere un mondo molto diverso da quello che aveva lasciato due anni prima quando era stato arrestato: era scoppiata la guerra. E in guerra menare le mani, saccheggiare, uccidere, mentire erano attività consentite, anzi, persino incoraggiate, purché ci si arruolasse e lo si facesse contro gli austriaci.

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