Maxi frode sul superbonus edile, ci sono almeno 25 lodigiani truffati

Inchiesta della guarda di finanza sulle operazioni di un consorzio di imprese di Napoli

Ci sono almeno 25 lodigiani tra le potenziali vittime di una frode milionaria sul “Superbonus 110%” ipotizzata dalla procura della Repubblica di Napoli, che attraverso la guardia di finanza del comando provinciale di Napoli ha eseguito nei giorni scorsi il sequestro preventivo d’urgenza per poco meno di 110 milioni di euro a carico di 21 persone fisiche (sottoposte anche a perquisizione), di tre enti e società e presso istituti finanziari. Al vaglio degli inquirenti le operazioni compiute dal Consorzio Sgai di Napoli, che dal canto suo fa sapere che continua a operare, anche nel campo del sisma-bonus, e che, a fronte di contratti per 1,2 miliardi di euro ha avviato interventi per oltre 159 milioni di euro al primo stato avanzamento lavori. «Le poche denunce alla base del provvedimento rappresentano soltanto una minima parte (con un valore di 550.000€) rispetto ai 5.709 clienti attivi con progetti in essere - fa sapere Sgai in una nota -. A ogni modo il Consorzio intende dimostrare la legittimità del proprio operato anche nei pochissimi casi oggetto di denunce-querele, rispetto ai quali non ha conseguito alcun profitto, avendo rinunciato al proprio compenso. Il Consorzio, infine, sta effettuando nuove verifiche su tutti i progetti».

Il “Superbonus” consente detrazioni fiscali fino al 110 per cento in 5 anni per la riqualificazione di immobili di proprietà che ottengano un miglioramento di due classi energetiche, detrazioni che possono anche essere cedute all’impresa edile. Il che significa poter effettuare i lavori a costo zero, a parte lo studio di pre fattibilità e le opere non coperte dal bonus. Questo ha portato molti a cercare soggetti in grado di farsi carico del credito d’imposta, inevitabilmente realtà di grandi dimensioni, o imprese o consorzi tra imprese. Come in questo caso.

Secondo gli investigatori del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Napoli, il Consorzio, attraverso una rete di procacciatori, si sarebbe proposto nei confronti di privati cittadini facendo stipulare loro dei contratti per “appalto lavori con cessione del credito d’imposta” e chiedendo la consegna della documentazione necessaria, ma avrebbe interrotto subito dopo i rapporti o eseguito solo attività di carattere burocratico; ricevuti i contratti, il Consorzio avrebbe emesso fatture per operazioni inesistenti nei confronti dei privati committenti in cui si faceva riferimento a uno stato di avanzamento lavori per una percentuale non inferiore al 30% (il minimo richiesto per vantare la cessione del credito d’imposta). Questi crediti che si sospetta fossero fittizi, per 109 milioni, risulta siano stati poi ceduti dal Consorzio, ottenendo la monetizzazione, per un importo di oltre 83 milioni di euro. Le indagini, estese a diverse regioni d’Italia, e ancora in corso, erano scattate partendo da un’indagine di rischio dell’Agenzia delle entrate e numerosi “clienti” del Consorzio, dopo essere stati sentiti dalla Finanza, hanno anche formalizzato querele.

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